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25 novembre, per dire basta alla violenza contro le donne

25 novembre, per dire basta alla violenza contro le donne

25 Novembre 2017 0 Di Patrizia Russo
Il 25 novembre si celebra, in tutto il mondo, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

La violenza sulle donne è un argomento, purtroppo, di forte attualità e alla luce degli avvenimenti moltiplicatisi negli anni, tanto che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha deciso di intitolare il 25 la giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

I 16 giorni contro la violenza di genere, previsti dal 25 novembre al 10 dicembre, hanno l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e cercare di modificare comportamenti e opinioni.

Quest’anno, le Nazioni Unite hanno lanciato la campagna UNiTE per dire basta alla violenza contro la donna. E il colore di questa campagna è “Orange the world”, per simboleggiare un futuro più luminoso senza violenza.

I numeri del fenomeno

Secondo le elaborazioni sui dati del Ministero dell’interno, l’Istat riporta che nel 2016, in Italia, sono state 149 le donne vittime di omicidi volontari. Ma i femminicidi non sono che la forma più estrema di violenza di genere e anche quella più conosciuta, perché di forte impatto mediatico e facilmente documentabile. Anche nell’anno in corso, il 2017, si parla di circa 80 femminicidi, una vera e propria strage. Ai femminicidi si aggiungono violenze quotidiane che spesso sfuggono ai dati ma che, se non fermate in tempo, rischiano di fare altre vittime: sono infatti migliaia le donne molestate, perseguitate, aggredite, picchiate, sfregiate. I dati riportano, sempre per l’anno in corso, 8.856 donne vittime di violenza e 1.261 casi di stalking. Quasi 7 milioni, secondo i dati Istat, quelle che nel corso della propria vita hanno subito una forma di abuso. Ancora i dati dell’OMS, mostrano che il 40-70% delle donne vittime di omicidio sia stata uccisa dal marito, compagno, amante … frequentemente nell’ambito di una relazione caratterizzata da abuso. La violenza contro le donne è quindi un fenomeno di difficile misurazione, perché si sviluppa soprattutto negli ambienti familiari, dove una donna dovrebbe sentirsi più sicura.

Cos’è il femminicidio?

Femminicidio implica che la vittima sia una donna e che il crimine sia perpetuato all’interno di legami familiari. Il termine è stato coniato da Marcela Lagarde che analizzando le violenze perpetuate sulle donne messicane ha utilizzato questa specifica parola che racchiude oltre all’omicidio anche tutte le discriminazioni e pressioni psicologiche di cui una donna può essere vittima.

Nel maggio 2017, il gruppo di esperti, cui l’Istat partecipa e di cui si avvale l’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime) per la definizione e l’implementazione della Classificazione Internazionale dei reati (ICCS – International Classification of Crime for Statistical Purposes) ha riconosciuto il femminicidio come l’omicidio di una donna compiuto nell’ambito familiare, ovvero dal partner, da un ex partner, o da un parente.

Contro il femminicidio, il 19 giugno 2013, dopo l’approvazione unanime del testo alla Camera dei deputati, il Senato italiano ha votato il documento contro questo reato con 274 voti favorevoli ed un solo astenuto. A questa data è seguita l’emanazione del decreto legge n. 93 del 14 agosto 2013, redatto dal Governo Letta. La normativa rientra nel quadro delineato dalla Convenzione di Istanbul (2011).

La Convenzione di Istanbul

Nella Convenzione, firmata da 44 paesi europei su 47, si riconosce per la prima volta nella storia del diritto internazionale la violenza sulle donne come una violazione dei diritti Umani e come un atto di discriminazione. Per “donne” si intende anche le ragazze con meno di 18 anni.

L’obiettivo primario è quello di prevenire la violenza domestica, proteggere le vittime/sopravvissute, perseguire gli autori di violenza e attuare politiche integrate, olistiche e ordinate.

Uno sguardo alla terminologia

Capita, dato che la nostra lingua è molto complessa, articolata e ha tantissime sfumature, di fare confusione o di utilizzare un termine piuttosto che un altro. Cerchiamo di fare chiarezza utilizzando proprio il vocabolario.

AVANCE: “Approccio”: fare un’avance, fare delle avances, fare dei tentativi, delle proposte, tastare il terreno, sondare le intenzioni dell’altra parte (nel campo degli affari, in quello politico e soprattutto in quello del rapporto galante)

MOLESTIA SESSUALE: atto o discorso lesivo della dignità di una persona dal punto di vista sessuale, perseguito come reato

MALTRATTAMENTO: abuso ripetutamente perpetrato nell’ambito della stessa relazione

VIOLENZA che si declina in: Violenza morale, se è relativa e basata sul timore di chi la subisce – Violenza fisica, se attuata come costrizione materiale – Violenza carnale, il reato di chi impone ad altri con la forza un rapporto sessuale – Violenza privata, il reato che consiste nel costringere altri a fare, tollerare o omettere qualcosa.

STUPRO: reato di violenza carnale

Dai dati ai fatti di cronaca

Sono piene le pagine della cronaca delle recenti denunce effettuate da attrici, soubrette, dirigenti contro fatti di violenza di genere effettuate da un uomo di potere.

Non volendo entrare nel merito, ma volendo difendere le tantissime donne che hanno subito uno stupro (perché camminavano da sole la sera o perché si erano fermate in spiaggia con il fidanzato dopo il tramonto), una violenza (sfregiate dall’acido), un’azione di bullismo o cyberbullismo finita tragicamente (ripresa e condivisione di atti di violenza fisica o di un’aggressione), si può suggerire alle aspiranti attrici, alle avvenenti modelle, alle cantanti non ancora famose, alle donne che aspirano a far carriera che ad un’eventuale avance: “Sali in camera mia così ne parliamo?”, oppure “Ti aspetto ore 22.00 camera 315”, la risposta corretta potrebbe essere “Facciamo al bar dell’hotel ore 9.00?”.

Il ruolo della cultura

Cosa possiamo fare dunque per fermare questo fenomeno? Molto è stato fatto con campagne di sensibilizzazione, trasmissioni televisive, realizzazione di film e cortometraggi, progetti formativi scolastici ecc. Contro la violenza di genere serve un’educazione culturale ad ampio raggio. Quindi partire dalle famiglie e dalla scuola per formare una società inclusiva e una generazione capace di gestire le relazioni e risolvere i conflitti, per l’abbattimento di stereotipi e pregiudizi di genere, per creare i presupposti per la co-genitorialità e la condivisione dei ruoli di cura. E in particolare, per quanto riguarda le donne, puntare alla formazione dell’autostima, (carriera non si fa cercando scorciatoie) e alla valorizzazione della leadership femminile. Per le aziende e la società creare un ambiente lavorativo rispettoso delle diversità, aperto alla maternità, con un giusto bilanciamento dei ruoli apicali tra i due generi e permettere ai propri collaboratori di trovare il giusto equilibrio tra vita privata e lavoro. E alle donne vittime di avance, molestie, violenze di denunciare fin dalla prima volta. Chi ama, chi tiene all’altra persona non insulta, non schiaffeggia, non controlla. Un primo schiaffo difficilmente resta un episodio isolato, anche se dopo l’uomo si mostra pentito e pronuncia parole dolci o porta regali per farsi perdonare.
Bisogna trovare il coraggio di parlare, confidarsi e farsi aiutare. Perché come ci ricorda Oscar Wilde: “la vita è troppo breve per sprecarla a realizzare i sogni degli altri”
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