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A Pollica il Museo vivente della dieta mediterranea

A Pollica il Museo vivente della dieta mediterranea

02 Giugno 2021 0 Di Katia F. Mazza

Il Museo vivente della dieta mediterranea di Pioppi (Pollica), nel cuore del Cilento, dove Ancel Keys ha scoperto la cultura del mangiare e vivere bene.

A Pollica il Museo vivente della dieta mediterranea

Il terrazzo del Museo vivente della dieta Mediterranea di Pollica (copyright Antonio Riccio).

Il terrazzo del Museo vivente della dieta Mediterranea di Pollica (copyright Antonio Riccio).

Fra i piccoli grandi regali offerti dalla costiera cilentana, in provincia di Salerno, si può senza dubbio annoverare il Museo vivente della dieta mediterranea che ha sede a Pioppi, frazione del Comune di Pollica. Siamo nell’area del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.

Quello che troviamo all’interno delle sale è il racconto della cultura alimentare mediterranea, con particolare riferimento alle tradizioni cilentane.

Il museo parla di cibo, metodi di coltivazione e lavorazione ma anche di relazioni e strutture sociali connesse al ciclo di produzione e consumo degli alimenti. E lo fa esponendo semi, piantine, utensili ma anche filmati che hanno per protagonista il rito di preparazione della pasta fresca.

Molto spazio è dedicato ai pannelli didattici redatti in diverse lingue che accompagnano il visitatore lungo l’intero percorso, offrendo nozioni e approfondimenti sul tema della dieta mediterranea, su specifiche cultivar e sulle iniziative volte alla conservazione delle stesse. Estremamente istruttiva, ad esempio, l’installazione sulla piramide alimentare.

Il museo conserva inoltre la biblioteca di Ancel Keys, studioso americano noto ai più per la razione K: pasto giornaliero compatto ma completo progettato agli inizi degli anni ‘40 per le truppe degli Stati Uniti. Ma che relazione intercorre fra Keys, Pioppi e questo museo?

Pioppi, Ancel Keys e la dieta mediterranea

Collezione di erbe officinali del Museo vivente della dieta Mediterranea di Pollica (copyright Antonio Riccio).

Collezione di erbe officinali del Museo vivente della dieta Mediterranea di Pollica (copyright Antonio Riccio).

Come viene ripetuto di frequente, dieta mediterranea è una etichetta nuova per una tradizione antica. Si tratta di una definizione che risale solo al XX Secolo, indissolubilmente legata al nome di Ancel Keys.

È a lui che si deve, principalmente, la dimostrazione scientifica dei benefici di quello che è soprattutto, ma non esclusivamente, uno stile alimentare.

A caratterizzare tale modello è un paniere di alimenti che comprende pane, pasta, frutta, olio extra-vergine di oliva, poca carne, pesce e legumi in grande quantità.

Una dieta così composta, unitamente ad altri fattori, garantirebbe un minore rischio di alcune malattie, in particolar modo di tipo cardiovascolare.

Pietra miliare di questo filone di studi è la ricerca condotta a Creta dalla Rockfeller Foundation nell’anno 1948. A sua volta, Keys effettua indagini comparate in materia a partire dal 1952. Nel 1958 da il via al Seven Countries Study che esamina la relazione fra stili di vita, biomarcatori e malattie cardiache, concentrandosi sui collegamenti fra queste ultime e l’assunzione di grassi saturi.

L’Italia, da tempo oggetto di interesse per lo studioso americano, è fra i Paesi coinvolti. Già nel 1957 Keys è in Calabria, a Nicotera, per condurre la ricerca pilota che farà da apripista al Seven Countries Study. Diverse le trattazioni su questo tema.

Ma il successo editoriale per Keys arriva con Eat well & stay well (Mangiare bene e stare bene), scritto insieme alla moglie Margaret.

Il libro, pubblicato nel 1959, varrà a lui la copertina del Time e dunque la fama mondiale. I coniugi Keys consacreranno la propria vita allo studio della dieta mediterranea, fino a decidere di dividersi fra gli Stati Uniti e l’Italia.

Proprio a Pioppi, Ancel e Margaret inizieranno a costruire, all’inizio degli anni ’60, la dimora dove soggiorneranno per lunghissimi periodi nel corso dei successivi decenni.

Qui proseguono gli studi sull’alimentazione mediterranea che portano alla pubblicazione, nel 1975, di un nuovo successo editoriale, sempre a firma di entrambi, dal titolo How to eat well and stay well. The mediterranean way, tradotto in Italia con La dieta mediterranea. Come mangiare bene e stare bene.

 

Il terrazzo del Museo vivente della dieta Mediterranea di Pollica (copyright Antonio Riccio).

Il terrazzo del Museo vivente della dieta Mediterranea di Pollica (copyright Antonio Riccio).

Il volume spiega ampiamente perché tale dieta, di cui vengono presentate le virtù ma anche i pochissimi limiti, non è da considerarsi solo un elenco di cibi.

Si tratta infatti di mensa ma anche di commensalità e di tutta una serie di fattori che portano a espandere questo concetto fino a poterlo indagare e interpretare come uno stile di vita.

A ben vedere questa non è però una novità. Nell’antica medicina greca, il termine dieta significa proprio:
“il complesso delle norme di vita (alimentazione, attività fisica, riposo ecc.) atte a mantenere lo stato di salute”.

La dieta mediterranea, patrimonio dell’UNESCO

Collezione di erbe officinali del Museo vivente della dieta Mediterranea di Pollica (copyright Antonio Riccio).

Collezione di erbe officinali del Museo vivente della dieta Mediterranea di Pollica (copyright Antonio Riccio).

Proprio perché è più che un elenco di cibi, nel novembre 2010, l’Unesco iscrive la dieta mediterranea nella lista rappresentativa del ‘patrimonio immateriale dell’umanità’ che comprende:

“pratiche, rappresentazioni, conoscenze e saperi- così come gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi associati ad essi- che le comunità, i gruppi e, in alcuni casi, gli individui riconoscono come facente parte del loro patrimonio culturale”.

Una decisione importante che, oltre a diffondere ancora la conoscenza dell’alimentazione e della cultura mediterranea, è un ulteriore incentivo alle pratiche di conservazione e al miglioramento degli standard di qualità delle produzioni locali.

È necessario sottolineare che, nonostante questo successo, a più riprese vengono presentate riflessioni secondo le quali il paradigma della dieta mediterranea non corrisponde a nessuna realtà storica. Le argomentazioni addotte, in alcuni casi plausibili, non riescono in ogni caso a togliere valore al modello ben rappresentato da Keys e ormai ‘incoronato’ dal riconoscimento dell’Unesco.

Palazzo Vinciprova, la sede del Museo

Il Museo vivente della dieta mediterranea è ospitato nella incantevole sede di Palazzo Vinciprova. L’edificio risale alla metà del XVII Secolo. Fu costruito dai Ripoli ma porta il nome dei Vinciprova di Omignano che ne diventano proprietari in un’epoca successiva, alla metà del XIX secolo.

Composto di un corpo centrale e di due torri laterali, la sua architettura risente evidentemente di suggestioni moresche.

Il visitatore non può che rimanere incantato dalla visuale che si gode dal suo terrazzo. Il palazzo, infatti, si trova a pochissima distanza dall’arenile. Non bisogna dimenticare, inoltre, che al pian terreno è ospitato il Museo vivo del mare, gestito da Legambiente, proprio come il Museo vivente della dieta mediterranea.

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