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Alessio Forgione, l’intervista ad ItaliaNotizie24

Alessio Forgione, l’intervista ad ItaliaNotizie24

06 Novembre 2021 0 Di Fabio Carolla

Intervista al finalista Strega 2020 Alessio Forgione. L’esperienza a Londra, il premio, la letteratura e la napoletaneità.

Mi accoglie in videochiamata con una sigaretta rollata quasi finita. Nonostante la sbadataggine dei miei 5 minuti di ritardo, mi tranquillizza: “Nessun problema”, sorride. Siamo delle stesse parti e riconosco il sotteso (nemmeno troppo) accento napoletano. Difronte, Alessio Forgione, però, ci tiene a sottolineare che è cittadino italiano, europeo e mondiale, tanto quanto napoletano.

Il carattere mi incuriosisce. Prima di iniziare l’intervista, gli porgo una domanda informale, curiosa:  quella che uso per capire qualcosa in più di chi ho davanti. “Per te, quale libro dovrebbero leggere tutti?”

Pinocchio”, mi risponde senza titubare. D’altronde, dal suo profilo social, avevo già intuito il suo legame a questa fiaba. “È uno di quei racconti che ti lascia comprendere come le storie altrui siano altrettanto complicate. È la scoperta e al contempo la rinuncia di sé stessi. Sarei curioso di un sequel di Pinocchio: dopo esser diventato bambino, cosa pensa?

La risposta mi spiazza. Tante volte mi sono ritrovato a chiedere del libro preferito, ma mai nessuno era stato capace di darmi una risposta soddisfacente come in questo caso.

Amoresano, la crescita di un “possibile napoletano”

Ne approfitto per agganciarmi alla prima domanda dell’intervista vera e propria. “Amoresano vive la morte della nonna nel tuo nuovo romanzo. Allo stesso modo di Pinocchio, non significa forse rinunciare a sé stessi per crescere?

Secondo me, no. Amoresano in questo romanzo ha 19 anni. È in un momento della vita in cui hai bisogno di prendere un po’ di distacco dalla tua famiglia, devi vederla in differita. Arrivi a capire che sì, questa è la tua famiglia, la tua cultura, ma non sei necessariamente il posto da cui provieni, né quello dove sei nato. Quando Amoresano è chiamato a formalizzare questo cambio di prospettiva – alla malattia della nonna – vede che il mondo degli adulti è più pronto alla vita di lui. Mi sembra che forse il momento del distacco sia rimandato.

Del protagonista dei suoi romanzi, Alessio Forgione ne parla come di un fratello, con cui condivide la provenienza, Napoli. Mi chiedo: “Quanto di Napoli c’è in Amoresano e quanto di Amoresano c’è in Napoli?

“Non lo so. Non mi domando quanto i miei romanzi (o i romanzi in generale) siano autobiografici, perché non mi interessa. Amoresano mi sembra un possibile napoletano, anche perché non esiste una sola versione dei napoletani. Nella nostra ignavia, è una cosa che abbiamo concesso agli altri, quella di stabilire chi siamo. Ed è sbagliatissima, perché finiamo di essere così come siamo adesso. Siamo la versione che gli altri ci imprimono. Amoresano è napoletano in quanto è di Napoli, per definizione. È anche organico alla città di Napoli, nel senso che è sofisticato così come Napoli. Tuttavia, non è perfettamente inserito perché è una persona riflessiva, e di natura le persone riflessive non accettano un’unica definizione.

Cosa intendi quando dici ‘è sofisticato così come Napoli’?

“Io credo che siamo il punto più alto, ed al contempo il più basso, della sofisticatezza umana. Napoli esiste da migliaia di anni, per questo dovremmo essere evoluti nei nostri costumi e nelle nostre tradizioni. Allo stesso modo, però, siamo una città degradata.”

Alessio Forgione e Napoli: essere partenopei è un ostacolo?

Insisto sulla sua provenienza. D’altronde, lo chiedo a tutti per una genuina curiosità: come le nostre radici ci aiutano (o ostacolano) nei percorsi che intraprendiamo? Insomma, “Quanto di Napoli c’è nel successo di Alessio Forgione finalista al premio Strega 2020?

Secondo me, molto poco. Noi, in quanto napoletani, siamo visti come dei ‘buon selvaggi.” (accolgo piacevolmente la citazione a Rousseau). “E lo scrivere di Napoli sembra una cosa geolocalizzata: una cosa che mi fa molto spavento. Tutta questa attenzione su Napoli, mi fa pensare: essere di qui è sempre un fattore di sorpresa. Forse perché il napoletano è odiato. Lo si vede nel calcio, ad esempio. In tutti gli stadi d’Italia si canta al Vesuvio e nessuno alza un dito, quando poi un sentore di razzismo suscita giustamente ogni volta un caso.”

Rimango sorpreso: ogni parola di Alessio Forgione sembra una spada che pende tra ferire Napoli e difenderla. Mi soffermo, però, sul riferimento calcistico. “Condividiamo la stessa passione: me ne parli?”, lo interrogo sorridendo.

Purtroppo anche io sono un tifoso del Napoli” sottolinea con un filo di romantica amarezza. “Non c’è troppo da spiegare: il calcio è una passione fanciullesca. D’altronde io sono di Soccavo: quando sei di qui, che tu sia o meno allo stadio, la partita ti tocca nella quotidianità, per quello che c’è attorno. Anche se non ci sei, accade anche a te. Credo mi interessi il calcio perché mi interessano le storie che convogliano in quel luogo, in quel momento. Come Osimhen: sembra strano pensare le condizioni in cui versava qualche anno fa, ed ora è lì. È romantico, dà speranza. Se consideri solo l’atto, alla fine sono muscoli e sudore. Il calcio è la storia dell’evoluzione di sé stessi, nel segno del talento e del gesto armonioso, oltre che della dedizione.

Il premio Strega sfiorato e gli impegni futuri

Gli piace parlare della sua città, ma sento qualche nota di stanchezza: non vuole che i suoi meriti vengano offuscati dalle sue origini. Decido di allontanarmi: “Non voglio stancarti troppo con Napoli” mi scuso.

Sì, è stancante sentirmi considerato un esperto della napoletaneità. Credo che non userò più Napoli nei miei libri” rivela. Approfitto delle mie origini allora e chiedo, da beneventano, del premio Strega, sfiorato per un soffio lo scorso anno. “Non si scrive per vincere un premio, dici. Però, lo Strega è un bel riconoscimento, no?

Con molta arroganza, non mi sento inferiore a nessuno: quindi perché no? Però, non è qualcosa che mi interessa particolarmente. Voglio fare quello che voglio, nella speranza che la passione mi consenta di pagare l’affitto. Non ho né intenzione, né piacere di diventare ricco e famoso. Magari solo ricco. Forse lo Strega ti toglie la strada, non lo so. Mi interessa solo la qualità dei miei romanzi. Già con ‘Giovanissimi’ l’ho visto: non è un  romanzo inferiore agli altri finalisti.

Credo che ognuno debba fare del proprio meglio. Se nessuno ti dice bravo quando fai qualcosa che senti la necessità di fare, alla fine non è importante: continuerai lo stesso, a qualunque costo.”

Contento dell’intervista, decido di non intrattenerlo a lungo. Lo liquido con la fatidica domanda cliché: “Quali sono i progetti per il futuro? Quale, invece, l’augurio per il tuo nuovo libro ‘Il Nostro Meglio’?

L’augurio di questo nuovo libro è che venga trattato con tenerezza, che è l’unica cosa che un po’ mi preoccupa.

Per quanto riguarda, i progetti per il futuro…” Si stringe nelle spalle, poi continua: “Lavorare, scrivere. Non sono in grado di fare altri progetti. Forse, trovare un’altra routine: scrivere in maniera più umana e viaggiare un po’, ecco”.

Mi dico soddisfatto del risultato e lo saluto. Lui mi rivela la sua combattuta voglia di ritornare a Londra – dove ha vissuto tre anni, lavorando come cameriere e dove attualmente vivo. Lo invito per un caffè in Inghilterra, lui sorride. Poi ci dileguiamo dietro i nostri computer. Sullo schermo, il suo nome, Alessio Forgione, è accompagnato dai dettagli della chiamata.

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