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Cosa ci insegna la tragedia di Alfie Evans

Cosa ci insegna la tragedia di Alfie Evans

02 Maggio 2018 0 Di ItaliaNotizie24

La tragedia del piccolo Alfie Evans ci ricorda che nel mondo è in atto uno scontro di valori: in questa cornice è interesse dell’Italia costruire un ordine internazionale fondato sul primato dell’uomo, del diritto e della cultura e non sulla mortifera logica del profitto.

Alfie Evans era un bambino inglese di 23 mesi affetto da una malattia neurodegenerativa non diagnosticata. L’ospedale Alder Hey presso il quale il bimbo era in cura, sostenuto dalla magistratura inglese, ha lasciato morire Alfie mediante il distacco del respiratore artificiale e la sospensione della nutrizione.

Alfie Evans è stato fatto soffocare e morire di fame e di sete

Tutto ciò nonostante i genitori si fossero opposti strenuamente e abbiano dato battaglia in tutte le sedi per ottenere il rilascio del figlio dall’ospedale. Ospedale che, invece, si è opposto anche al trasferimento del bimbo in altre strutture.

Dopo i reiterati appelli da parte di religiosi, uomini di governo, intellettuali di vari Paesi, l’Italia ha preso posizione in favore di Alfie. Lo scorso 24 aprile, infatti, il Consiglio dei ministri ha concesso la cittadinanza italiana al bambino.

L’Ambasciatore italiano a Londra Trombetta è intervenuto per chiedere il trasferimento del bambino all’Ospedale Bambin Gesù, che aveva già dato la disponibilità ad accoglierlo. Il Ministro della Difesa Pinotti, da parte sua, ha messo a disposizione un volo militare per garantire che il trasporto avvenisse in sicurezza.

Tuttavia, anche in appello i giudici inglesi hanno vietato di trasferire Alfie, decretandone di fatto la morte. In esecuzione della sentenza, i suoi supporti vitali sono stati rimossi.

E nondimeno, a dispetto del parere dei medici secondo cui sarebbe morto in mezz’ora, Alfie Evans ha continuato a respirare autonomamente per giorni.

Nonostante l’evidente errore di valutazione, l’ospedale e la magistratura non hanno cambiato idea.

Dopo Charlie Gard e Isaiah Haastrup, Alfie Evans è ormai il terzo bimbo per il quale la giustizia inglese ha disposto la sospensione delle cure – e la conseguente morte – a dispetto della volontà dei genitori, in qualità di tutori legali. Il giudice che si è occupato del caso di Alfie ha affermato che prolungarne la vita sarebbe stato “futile” e che quindi non vi era ragione per continuare a curarlo.

L’Italia ha condotto una battaglia di dignità ma fondata su una strategia inadeguata

È noto infatti che ogni Paese considera il “proprio” cittadino come sottoposto in via esclusiva alle sue leggi. Questo a maggior ragione se il cittadino si trova sul territorio nazionale e se l’acquisizione di un’altra cittadinanza interviene dopo l’avvio del contenzioso.

Possibile che la nostra diplomazia non abbia rappresentato queste elementari considerazioni tecnico-legali a Gentiloni e Alfano? Eppure aveva trattato in questi anni molti casi analoghi, quali quelli di minori contesi in possesso di doppia cittadinanza, sui quali entrambi gli Stati reclamano la propria giurisdizione.

Possibile che la Farnesina non ha saputo consigliare al governo una campagna politica e mediatica europea?

Il sospetto di tanti, alla Farnesina, è che questa iniziativa sia da leggere in chiave interna. Secondo alcuni ambasciatori, l’attuale incertezza politica avrebbe indotto il governo a improvvisare un’iniziativa per recuperare il favore del mondo cattolico: un feeling compromesso dalle controverse leggi per le unioni civili e per il fine vita, fortemente volute dalla Sinistra durante la scorsa legislatura.

Adesso, in compenso, si pone un altro problema. Infatti, in ossequio all’obbligatorietà dell’azione penale, la magistratura italiana dovrà aprire un’indagine nei confronti dei medici inglesi – e finanche dei magistrati inglesi – le cui decisioni hanno causato il decesso del bambino. Ciò con strascichi giudiziari, ma soprattutto con conseguenze imprevedibili per i rapporti politici bilaterali anglo-italiani.

Possibile che gli Esteri non abbiano avuto la sensibilità politica di esaminare questo scenario e informarne il governo?

La sensazione è che la gestione italiana del caso di Alfie sia dunque stata carente sotto due profili.

  • Primo, l’esecutivo non ha elaborato una strategia tous azimuts veramente incisiva. La concessione della cittadinanza era sì un passo necessario ma, in tutta evidenza, insufficiente.
  • Secondo, il governo non sembra avere una strategia per gestire gli effetti della propria iniziativa sui rapporti bilaterali.

Vi sono infine altri profili della vicenda che meritano un approfondimento.

Ha prevalso la visione materialistica dell’utilità della vita

Il principio che si è voluto affermare in Inghilterra è quello tipicamente materialista dell’utilità della vita misurata in base alla sua capacità economica di produrre profitto o, di converso, di costituire un improduttivo onere.

Alfie Evans, come Charlie Gard e Isaiah Haastrup prima di lui, essendo così piccolo e gravemente malato, non era utile al sistema produttivo.

Seguendo questa spietata logica poteva essere lasciato morire. E ciò – summa iniuria – nello stesso ospedale che avrebbe invece dovuto cercare una cura, soprattutto in un caso, come questo, di una patologia sconosciuta.

La logica della gelida burocrazia, che si arroga il diritto di decidere quali vite siano degne di essere vissute.

Ciò si desume anche dall’opposizione inglese, in violazione del diritto europeo di libera circolazione dei cittadini, al trasferimento in Italia, presso ospedali che avevano già dato la disponibilità a coprire i costi e a prendersi cura di Alfie Evans: eppure Londra fa ancora parte dell’Unione Europea…

La spietatezza che ha portato via Alfie Evans si nutre della mentalità utilitaristica anglosassone, che con la globalizzazione si tenta – a fronte di crescenti resistenze – di estendere al mondo.

Una mortifera logica costi/benefici che sta conducendo, nell’assuefazione di tanti, al sacrificio dei diritti – prima sociali, e ora anche umani, se si guarda ai casi di questi esserini indifesi – proprio perché non rispondenti alle ragioni del profitto.

Se la storia è spesso un piano inclinato, la battaglia che ha condotto la nostra diplomazia in difesa di Alfie Evans, cittadino italiano, dimostra una volta di più che questa Europa, figlia del mero calcolo economico, deve diventare qualcosa di più di una sterile associazione commerciale.

Lo scontro diplomatico sul caso Alfie nasconde uno scontro di valori

Inutile chiudere gli occhi: le dinamiche che oggi animano e muovono le relazioni internazionali hanno anche natura di scontro di valori.

Valori che daranno alle relazioni internazionali degli anni a venire forma, dinamiche e regole del gioco.

Ecco perché, per DiplomaziaItaliana.it prendere posizione in questa contrapposizione di valori, che non ci vede neutrali di fronte al dovere di difendere gli indifesi, coincide anche con l’interesse nazionale.

È interesse dell’Italia che, al termine di questa lunga fase dopo-Guerra fredda, emerga un sistema internazionale che abbia per stella polare l’uomo, il cittadino, il diritto. Non il mercato, i consumatori e il profitto.

Per questo, DiplomaziaItaliana.it ritiene che l’Italia debba darsi un Governo coraggioso che finalmente riporti al centro del dibattito nazionale e in Europa il tema delle radici della nostra millenaria civiltà: radici elleniche, romane, cristiane e germaniche.

E occorre innestare nel progetto europeo gli anticorpi del diritto, della cultura e della spiritualità.

Solo così si potrà debellare l’infezione materialista che travolge valori, diritti e, con essi, la vita.

L’articolo Cosa ci insegna la tragedia di Alfie Evans proviene da Diplomazia Italiana.

02 maggio 2018 | 12:02


Fonte Originale: https://www.diplomaziaitaliana.it/cosa-insegna-la-tragedia-di-alfie-evans/

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