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Covid19: Londra, il paziente inglese

Covid19: Londra, il paziente inglese

24 Aprile 2020 0 Di Claudia Svampa

La pandemia di Covid19 nel Regno Unito dilaga cosi liberamente che forse l’intramontabile God Save the Queen potrebbe essere temporaneamente esteso anche ai flagellati sudditi di Sua Maestà. 

Il ciclone virale continua infatti ad abbattersi sul Regno Unito senza mollare la presa. La conta dei numeri drammatici di vittime per la pandemia non accenna a flettere, oscillando da giorni tra gli oltre 600 e i quasi 1000 decessi quotidiani. Un terzo dei quali nella sola Londra. 

Cui si aggiungerebbero, secondo la «stangata» inferta dal Financial Times in un articolo nei giorni scorsi, un impressionante e sottaciuto numero di vittime decedute in case di riposo per anziani, o presso il proprio domicilio. Tutte  estranee al conteggio ufficiale. Dunque non sarebbero 18.000 i tristemente deceduti («have sadly died» come quotidianamente comunica il Department of Health and Social Care) ma circa 41.000 gli esseri umani tragicamente spirati. 

Morti ancora più tragiche se si osserva che – secondo l’autorevole quotidiano britannico – il presunto disavanzo di vittime sommerse da Covid19 sarebbe da attribuire, in percentuali analoghe, alle case di riposo e ai decessi domiciliari. 

In principio era l’immunità di gregge.

Dati del resto resi più che plausibili dalle evidenze nella gestione nazionale della pandemia che ha investito il paese della Brexit, assurto alle cronache mondiali per l’ormai celebre opzione dell’immunità di gregge, che prevedeva la libera circolazione del virus fino a quando non sarebbe stato necessario intervenire, «nei modi e nei tempi giusti» come dichiarato dal governo. 

Boris Johnson, il capo del governo britannico, che con cinico candore ha allertato i sudditi di Sua Maestà fin da subito a «prepararsi a perdere i propri cari anticipatamente», sarà ricordato anche come il primo e unico premier ad aver pesantemente scherzato col fuoco: si vantava pubblicamente di non operare il distanziamento sociale e di considerare il Covid19 poco più che un’influenza. 

E’ invece finito in terapia intensiva, rischiando di finire nella conta dei sadly died, i tristemente deceduti, e, ad oggi, é ancora in convalescenza domiciliare, a riprova che se c’é una cosa che gli inglesi dovrebbero aver ben imparato nel corso dei secoli é esattamente questa: non scherzare con il fuoco, che da queste parti non ha mai portato bene. 

Il piano strategico:lava le mani, batti le mani

Ciò su cui invece il governo britannico può dormire sonni tranquilli é la scarsa attitudine, sempre dei sudditi di Sua Maestà, a infuriarsi. Ce ne sarebbe ben d’onde, visto che Oltremanica l’inquilino di Downing street continua a difettare, se non a brancolare completamente nel buio, in termini percettibili di strategia anti Covid19.  Eccezion fatta per le poche basilari linee guida rivolte all’intera nazione: lavatevi le mani, state a casa e proteggete il sistema sanitario nazionale. Un applauso all’NHS ogni giorno, toglie forse il medico di torno, sfortunatamente non la pandemia. A sottolinearlo, con un attacco forse senza precedenti, il domenicale Sunday Times, con un lunghissimo articolo al vetriolo che ripercorre, come da titolo, i «38 days when Britain sleepwalked into disaster».

La realtà é che ad oggi, nella maggior parte del Regno Unito, permangono introvabili mascherine di ogni tipologia, guanti monouso e gel disinfettanti: l’ABC dell’equipaggiamento di protezione fuori casa. Ma le scorte mancano ancora, motivo per cui si sono lasciati e si continuano a lasciare senza protezioni sanitarie tanto i lavoratori dei servizi essenziali quanto la stragrande maggioranza dei medici e paramedici, ai quali però si tributa regolarmente il laconico battimano di ringraziamento dai balconi alle otto di sera.

Il Cobra non é un serpente

Non si indignano neanche a fronte del moscerino partorito dall’altisonante  gruppo Cobra (cabinet office briefing rooms): il protocollo sanitario per affrontare il nuovo coronavirus.

Le linee guida fornite dai numerosi meeting dell’autorevole gruppo si limitano ad indicare a qualsiasi persona ritenesse di aver contratto il famigerato Covid19 la necessità  ad autoisolarsi. Cui si aggiungono autodiagnosi on line dell’avvenuto contagio attraverso un sito dedicato, e l’autoterapia a base di paracetamolo, con molta idratazione consigliata.

Il deterioramento delle condizioni cliniche e dunque l’intervento dell’ambulanza, e il conseguente ricovero presso le strutture ospedaliere, é contemplato solo qualora, in presenza di tutti i sintomi e di comorbosità, sopraggiungesse anche la seccante impossibilità a respirare. In questo caso, meglio tardi che mai, non sembrerebbe però funzionare al meglio. 

No al trattamento precoce domiciliare

Il trattamento farmacologico domiciliare per curare precocemente i pazienti Covid19 non é previsto dai protocolli in UK, ritenuto ancore senza sufficienti evidenze scientifiche. Sufficienti evidenze tuttavia, quantomeno statistiche, indicano invece una  preoccupante l’alta  mortalità nei pazienti Covid19 approdati in terapia intensiva negli ospedali britannici (cfr. per approfondimenti i report dell’ICNARC il centro di ricerca dei pazienti di terapia intensiva). E allo stesso tempo proliferano gli articoli di denuncia che raccontano le drammatiche storie di pazienti Covid19 giovani e sani mai presi in carico dall’assistenza sanitaria, e lasciati morire a casa o ricoverati ormai troppo tardi e deceduti poco dopo.

Sono anche i casi scandalosi dei due connazionali italiani, Luca Di Nicola, aiuto cuoco 19enne morto a Londra poche ore dopo il ricovero, che il giorno precedente gli era stato negato, e Lucio Truono, orafo e musicista 43enne rifiutato dall’ospedale londinese, nonostante i gravi sintomi Covid19, e lasciato morire da solo a casa.

Tamponi, test sierologici e kit rapidi

Ovvero la grande promessa delusa. I tamponi, primo step diagnostico all’individuazione del virus,  sono e restano totalmente insufficienti anche per il personale in prima linea, figuriamoci per la popolazione sintomatica. Benché il governo ne avesse promessi 100 mila al giorno mai realizzati.  I test sierologici non sono validati, e non ne sono stati acquistati di sufficienti o di efficaci, tanto che da fonti ufficiali era circolata la paradossale scusa che i kit-test ordinati, di fabbricazione cinese,  e che sarebbero stati resi disponibili per la popolazione a breve, fossero stati ritirati perché sospettati di contenere contaminazioni di nuovo coronavirus! 

Il distanziamento sociale auspicato nei supermercati é invece lasciato alla libera interpretazione dei volenterosi o dei paurosi. Così come il Covid19 é lasciato alla libera circolazione tra i corridoi stretti e le casse affollate dei market. 

Londra, la bella addormentata europea

E’ invece il lockdown aziendale e dei commerci non indispensabili a dare quell’aria da bell’addormentata alla capitale d’Europa che un tempo non dormiva mai.  E che oggi é precipitata in un sonno profondo, scandito solo dall’echeggiare delle sirene delle ambulanze fra le strade deserte e il traffico dimenticato. 

Un sonno profondo che Londra non conosceva, e che ha avuto come effetto immediato il crollo di tutti servizi di approvvigionamento cui erano abituati i quasi 10 milioni di londoner. Lasciando proliferare impunemente la libera vendita al mercato nero, e a prezzi di strozzinaggio, della gran parte dei genieri alimentari di qualità.  

La sensazione é che non basteranno il 94esimo compleanno della Regina Elisabetta, festeggiato sotto tono per la prima volta in 68 anni di regno senza parata e senza colpi di cannone, per ridare smalto a un paese la cui efficienza del Impossible is nothing, (niente  é impossibile) si é sgretolata a tutto tondo intorno alla corona di un virus. 

Non basteranno neanche le manine dipinte con i colori dell’arcobaleno del principino Louis, che così celebra i suoi due anni, a riaccendere la speranza che la luce in fondo al tunnel del Covid19 possa iniziare a scorgersi.

Perché i britannici non si infuriano?

Il paziente inglese giace su una lettiga immobile e inattivo. Perché i britannici non si infuriano a vedere così ridotto il proprio paese? 

Se lo chiede Dominic Minghella, popolare produttore e sceneggiatore televisivo britannico con all’attivo programmi di grande successo. Lui il paziente inglese lo interpreta perfettamente per due motivi. 

Il primo é perché suo fratello, tragicamente scomparso nel 2008, é Anthony Minghella il regista premio Oscar de «Il paziente inglese», celebre e pluri premiato (9 Oscar e 2 Golden globe) film interpretato da Juliette Binoche. 

Il secondo perché Dominic Minghella, paziente inglese lo é stato davvero in un ospedale londinese Covid19. E ne é, fortunatamente e miracolosamente, appena uscito. Lo ha raccontato nel dettaglio sul suo blog personale, ripubblicato poi come lungo articolo su The Observer e The DailyTelegraph.  Minghella é figlio di un gelataio italiano immigrato nell’isola di Wight in UK,  dove lui é nato 53 anni fa. Italiani anche i nonni materni, immigrati da giovani a Leeds, nello Yorkshire, dalla provincia di Frosinone. 

Forse é proprio questo dna italiano che lo porta ad indignarsi sul suo blog. Ma la risposta é nel drammatico resoconto che fa della sua malattia. La risposta é nelle parole del medico inglese che al suo capezzale gli dice con cruda chiarezza, e senza pietà alcuna, che molto probabilmente non sopravviverà. Che quasi certamente non tornerà a casa dai suoi figli e dalla compagna.

Anche se poi lui ce la fa, e a casa invece e ci torna, per raccontare l’inferno. 

Harrods, un grido nel silenzio: perdonateci 

«Please pardon our appearance» scrive Harrods. Luci spente vetrine vuote e porte chiuse. Harrods, l’iconico, il monumentale e grandioso tempio del lusso internazionale si ferma, come tutti, in silenzio. Ma, diversamente da tutti, si scusa. Aspettando il risveglio del paziente inglese dal Covid19.

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