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Emendamento Total, la ministra Guidi lascia

Emendamento Total, la ministra Guidi lascia

01 Aprile 2016 0 Di Pietro Nigro

Il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi si è dimessa nella serata di giovedì dopo la diffusione di una intercettazione in cui informa il compagno, indagato a Potenza, dell’inserimento di un emendamento alla legge di stabilità favorevole alla Total.

Emendamento Total, la Guidi si dimette

Il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, si è dimessa giovedì sera dopo che sono state rese note due intercettazioni del 2014 in cui lei e il compagno, Gianluca Gemelli, indagato dalla procura di Potenza, parlano, tra loro e successivamente con un manager, di un emendamento da inserire a breve nella legge di stabilità che avrebbe favorito la Total, colosso petrolifero francese con cui l’uomo era in affari per la realizzazione di un impianto petrolifero in Basilicata.

Le dimissioni sono arrivate attraverso una nota del ministero con cui la Guidi informa il premier Matteo Renzi della sua scelta.

Caro Matteo sono assolutamente certa della mia buona fede e della correttezza del mio operato. Credo tuttavia necessario, per una questione di opportunità politica, rassegnare le mie dimissioni da incarico di ministro. Sono stati due anni di splendido lavoro insieme. Continuerò come cittadina e come imprenditrice a lavorare per il bene del nostro meraviglioso Paese”.

Le intercettazioni rese note giovedì sono due, entrambe del 2014 e consecutive. Nella prima, il ministro chiama il compagno, Gianluca Gemelli, imprenditore titolare di due diverse società, e lo informa che un emendamento, con il quale il Governo classifica “strategici” i lavori infrastrutturali all’impianto petrolifero e al porto di Taranto, sarebbe stato inserito in legge di stabilità. Nella successiva si sente l’uomo che informa a sua volta un manager della Total.

Il colosso petrolifero francese ha ottenuto la concessione per realizzare l’impianto di estrazione di Tempa Rossa, nella Valle del Sauro, in provincia di Potenza. Progetto che la stessa Total illustra ampiamente sul suo sito, e che avrebbe un valore di 1,6 miliardi di euro e prevede 300 posti di lavoro per la sola costruzione. Secondo la Total, che lo definisce “grandioso” ed ha finora realizzato sei degli otto pozzi previsti:

A regime l’impianto – tra i più evoluti nel settore petrolifero – avrà una capacità produttiva giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 230.000 m³ di gas naturale, 240 tonnellate di Gpl e 80 tonnellate di zolfo”.

Per molto tempo i lavori di costruzione dell’impianto e dell’infrastruttura necessaria per il collegamento al porto di Taranto sono stati bloccati o rallentati dalle contestazioni e soprattutto dai ricorsi giudiziari di associazioni ed enti locali, tra cui lo stesso Comune di Taranto. Per questo si è pensato di far dichiarare gli impianti “di interesse strategico” del governo, al fine di assegnare la realizzazione delle strutture al ministero dello Sviluppo economico e sottrarlo alle vicissitudini giudiziarie.

 

L’emendamento Total

L”emendamento “Total” , come lo ha definito il senatore Andrea Cioffi nel 2014, era stato già proposto per il Decreto Salva Italia, ed è poi diventato il numero 2.9818, contenuto nel maxi-emendamento presentato dal governo alla legge di stabilità del 2015 e approvato dal Senato nella notte tra il 19 e il 20 dicembre del 2014. L’emendamento 2.9818 ha modificato un comma del decreto legge del 9 febbraio 2012, che stabiliva la competenza del governo nel dare autorizzazioni per la costruzione e la gestione di impianti per l’estrazione di oli minerali, aggiungendo che l’autorizzazione spettava al governo anche per “le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento di titoli concessori, comprese quelle localizzate al di fuori del perimetro delle connessioni di coltivazione”.

Ebbene, sarebbe stata la ministra Guidi ad interessare personalmente la collega per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, che peraltro sembrerebbe all’oscuro degli interessi personali dei Gemelli. Una volta ottenuta la certezza della sua approvazione avrebbe informato il compagno, che a sua volta avrebbe rassicurato un alto dirigente della Total, Giuseppe Cobianchi, da cui avrebbe poi ottenuto i subappalti.

Secondo la procura di Potenza, Gemelli – titolare di due società, la Ponterosso Group e la Its srl – aveva interesse all’impianto a causa dei subappalti che ha ottenuto dalla Total. In particolare, l’emendamento alla legge di stabilità rende evidente un conflitto di interessi e, secondo la procura di Potenza, anche alcune ipotesi di reato, per le quali è appunto indagato il compagno della ministra per millantato credito.

La vicenda, comunque, rientra in un’ampia indagine, che tra l’altro ha portato i carabinieri del Noe a mettere agli arresti domiciliari cinque funzionari e dipendenti del centro oli di Viggiano (Potenza) dell’Enidove viene trattato il petrolio estratto in Val d’Agri. I carabinieri hanno eseguito anche un’ordinanza di divieto di dimora nei confronti di un dirigente della Regione Basilicata. I provvedimenti cautelari – emessi dal gip del Tribunale di Potenza nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia – sono stati eseguiti nelle province di Potenza, Roma, Chieti, Genova, Grosseto e Caltanissetta. Sono stati inoltre eseguiti due decreti di sequestro nel Centro Oli di Viggiano.

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