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Israele, il conflitto a Gaza è fermo ma potrebbe ricominciare presto

Israele, il conflitto a Gaza è fermo ma potrebbe ricominciare presto

27 Maggio 2021 0 Di Corrado Corradi

Il conflitto a Gaza potrebbe riprendere presto, perché Israele sa che il potenziale offensivo di Hamas non è stato eliminato.

Conflitto a Gaza, non sarebbe facile disarmare Hamas

Si parla con insistenza della necessità di disarmare Hamas, ma è una pia illusione perché come il libanese Hezbollah, Hamas è troppo radicato sul territorio e mai accetterà di disarmare, neanche se l’ONU decidesse di schierare i suoi Caschi Blu nella Striscia.

Tale situazione di stallo lascia intravedere che l’unica soluzione sarebbe l’occupazione, manu militari, di Gaza… iniziativa troppo avventuristica anche per una nazione come Israele che, quando si sente minacciata, si comporta come i suoi antichi nemici, i romani, ossia non va giù per il sottile e “se ne fotte” di quel che penseranno gli altri.

L’operazione militare israeliana appena conclusasi grazie alla mediazione di Egitto e Qatar era denominata “Guardiano delle Mura”, una denominazione che sa di programmatico per cui si può dedurre che “Tsaal” (l’Esercito Israeliano), una volta respinti gli assalitori e inseguiti fuori dalle mura per intercettarli e ridurne la capacità offensiva, rientri chiudendo dietro di sé il portone e continui ad affidarsi allo “Iron Dome” (lo scudo che intercetta i razzi di Hamas) fino alla prossima puntata di questa infinita saga.

Operazione Guardiano delle Mura, Iron Dome ha fermato i razzi Kassam

Analizziamo militarmente i risultati dello scontro. Dall’inizio dell’operazione Hamas e il Movimento del Jihad Islamico hanno lanciato contro Israele la bellezza di 4.340 razzi Kassam (qualcosa di molto meno potente e preciso dei vetusti Graad sovietici, i famosi “organi di Stalin” per intenderci); di questi, ben 640 hanno fatto cilecca cadendo all’interno della Striscia di Gaza stessa.

Il sistema “Iron Dome” ne ha intercettati e distrutti 3.600
I restanti hanno colpito le città israeliane di Nevit Haasara, Sderot, Ashkelot, Ashdod e Lod, le periferie di Gerusalemme, Nazareth, Beersheba, Holon e la stessa Tel Aviv provocando 13 morti e circa 120 feriti.

Gli effetti dell’operazione “Guardiano delle Mura” sono stati decisamente più consistenti ed efficaci: circa 250 morti, (la maggioranza dei quali appartenenti sia alle Brigate Kassam, braccio armato di Hamas, sia al Jihad Islamico) e oltre 1.900 feriti, ma soprattutto,  i bombardamenti israeliani hanno distrutto o danneggiato numerosi edifici (si parla di circa due migliaia, fra i quali si conta la sede dell’emittente El Jazeera crollata in mondovisione in seguito ad un tiro “chirurgico”) e 500 rampe di lancio dei razzi Kassam oltre a depositi di armi e i numerosi e lunghi tunnel che collegano la Striscia di Gaza con il Sinai.

Il conto è presto fatto: Hamas e Jihad Islamica, come sempre, “le hanno buscate”, e di brutto; tuttavia non è possibile proclamarne la sconfitta perché hanno alleati come il Qatar, la Turchia e l’Iran (chi conosce il mondo arabo-islamico non esita a definire contro natura l’alleanza con l’Iran, tuttavia è un’alleanza in atto) che permettono loro di rinnovare le proprie capacità offensive e riaprire le ostilità con Israele bersagliandone le città.

Personalmente, non credo che una missione ONU nella striscia di Gaza, mirata a disarmare le Brigate Kassam e il Jihad Islamico serva a qualcosa, perché la storia mediorientale recente e attuale insegna che il disarmo di milizie, radicate nel territorio con il totale controllo della popolazione, si può attuare solo dopo aver loro inflitto una decisiva sconfitta militare.

Di ciò Israele ha piena consapevolezza e non voglio fare il profeta di disgrazie, ma temo che, con l’operazione “Guardiano delle Mura”, Tsaal si sia solo riscaldata in vista di una competizione più impegnativa.

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