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KFOR: dall’alba al tramonto, la giornata dei soldati italiani in Kosovo

KFOR: dall’alba al tramonto, la giornata dei soldati italiani in Kosovo

09 Febbraio 2020 0 Di Claudia Svampa

Kosovo: dall’alba al tramonto, il racconto di una giornata tipo dei soldati della missione KFOR nel Regional Command West, quartier generale di Camp «Villaggio Italia» a Belo Polje (Pec).

di Claudia Svampa, inviata a Pec -Kosovo

KFOR, una missione poco più che maggiorenne

Dall’alba al tramonto il racconto di una giornata al seguito del Regional Command West, nel quartier generale di Camp «Villaggio Italia» a Belo Polje, pochi km da Pec, nel nord ovest del Kosovo.

Dopo venti anni il contingente italiano è ancora significativamente e necessariamente presente in Kosovo. All’alba del 12 giugno 1999 prendeva il via l’operazione KFOR, e anche l’Italia, alla mezzanotte dello stesso giorno, entrava nel Paese raggiungendo con i nostri soldati la città di Pec già al mattino del 14 giugno.

Erano gli anni di una sanguinosa guerra che, tra il 1996 e il 1999, aveva visto contrapposti Serbia e Kosovo in merito allo status del Kosovo, allora compreso nell’Unione delle Repubbliche di Serbia e Montenegro.

La missione KFOR a Camp Villaggio Italia (a Pec in Kosovo (ph. In24 / C. Svampa)

La missione KFOR da allora ha avuto un ruolo decisivo nella stabilizzazione del Paese. Ruolo che mantiene ancora oggi che il Kosovo, dopo quattro mesi di difficili accordi, ha visto insediarsi da pochi giorni un nuovo governo con a capo il premier Albin Kurti (leader di Vetevendosje, partito nazionalista di sinistra).

La funzione di KFOR, oggi, é quella garantire, con impegno e imparzialità, la libertà di movimento e il mantenimento di un ambiente pacifico e sicuro. Di favorire le attività di sostegno umanitario e la presenza di organizzazioni civili, di sostenere lo sviluppo di un Paese stabile, democratico, multietnico e pacifico, di supportare lo sviluppo delle forze di sicurezza kosovare e di sostenere la ripresa del dialogo tra Pristina e Belgrado.

Il contingente KFOR allo stato attuale è costituito da 3.500 unità circa, con 20 Paesi alleati Nato e 8 Paesi partner, ed è suddiviso in due Regional Command su base Reggimento, uno a guida italiana, l’altro statunitense. Cui si aggiungono un Reggimento Carabinieri MSU, un Reggimento con funzioni di Riserva tattica a nazionalità ungherese, un Joint Logistics Support Group e un Headquarters Support Group (entrambi multinazionali).

Un Lince della missione KFOR a Camp Villaggio Italia (a Pec in Kosovo (ph. In24 / C. Svampa)

Dall’alba al tramonto: Una tipica giornata dei soldati italiani della missione KFOR

Dal Regional Command West, dislocato nella base di Camp «Villaggio Italia» a Pec, abbiamo seguito dall’alba al tramonto una tipica giornata in missione con i soldati italiani che attualmente, nell’intero Paese, sono presenti con circa 600 uomini, oltre 200 mezzi terrestri e un mezzo aereo.

La giornata ha inizio: l’alzabandiera

Inizia con la cerimonia dell’alza bandiera la prima giornata limpida e assolata dei militari schierati sull’attenti al cospetto del colonnello Natale Gatti del 17° Reggimento artiglieria contraerei Sforzesca, da due mesi al comando del Camp «Villaggio Italia», di Pec.

L’inno della Nato risuona lungo il pendio della valle echeggiando sulla corona di montagne Streocka Planina che ne delimita il confine più alto, e fa da sfondo scenografico alle sette bandiere al vento: Italia, Slovenia, Moldavia, Austria, Turchia, Svizzera e Polonia.

Bandiere che salgono sulle aste e precedono il saluto del comandante ai suoi uomini: una buona giornata a tutti e la raccomandazione, per chi esce in pattuglia, a prestare attenzione ai danni che nei giorni scorsi il vento fortissimo ha procurato all’intera municipalità: tetti divelti e tralicci della corrente caduti un po’ dappertutto.

Anche noi, nella base, abbiamo assaporato gli effetti della tormenta di vento, con il conseguente black out elettrico notturno di qualche ora che ha fatto precipitare le temperature degli ambienti interni di parecchi gradi sotto lo zero.

Ma c’è una parte del contingente che già, a quest’ora della mattina è fuori dalla base per attività ordinaria di pattugliamento.

Per chi è uscito all’alba: il pattugliamento tra i monti

Ci sono due luoghi comuni che ci sentiamo di smentire: il primo è che la popolazione del Kosovo corrisponda allo stereotipo di persone per metà sgarbate e per metà cupe. Nulla di tutto ciò è emerso dai contatti diretti e quotidiani con gli uomini e le donne incontrati nei giorni scorsi nelle diverse località del Paese.

Al contrario abbiamo colto molta cordialità, apertura e interesse, dimostrati soprattutto verso i soldati italiani che, come si narra in ogni contesto di impiego militare all’estero, indossando una mimetica col tricolore sulla manica hanno sempre lasciato un buon ricordo del nostro Paese.

Il secondo luogo comune riguarda la vita del soldato in un impiego militare all’estero che, regolarmente, pone il fatidico interrogativo socio politico del come e del perché.

Soprattutto se quell’area non è più geo-strategicamente incandescente e di conseguenza non appare più nei titoli dei telegiornali.

Eppure trascorrere sei mesi in un teatro operativo come il Kosovo di oggi, non è certamente una scampagnata fra i sentieri di montagna.

Il panorama balcanico riesce ugualmente a rendere aspro il soggiorno dei militari che, quando il sole non è ancora sorto, dopo un briefing pre-missione con la Border Police kosovara, escono in pattugliamento, con cadenza bisettimanale, per gli impervi sentieri innevati che portano lungo la GSZ (ground safety zone) in direzione della linea di confine verso la Serbia.

Un’operazione che questa settimana vede impegnate al fianco degli agenti di polizia di frontiera kosovara una pattuglia di militari italiani, per attività di contrasto ai diffusi fenomeni di illegalità e contrabbando in un’area di competenza di circa 16 km in alta montagna, che divide fisicamente un tratto di confine tra Serbia e Kosovo.

La pattuglia italiana è composta da due squadre, ciascuna di quattro militari a bordo di due Lince. Uno dei due mezzi ha alla guida una donna, il caporal maggiore Arianna Liberatori (leggi la sua l’intervista qui)

Usciti questa mattina (sabato 8 febbraio, ndr) poco dopo le 7.00, i soldati italiani hanno preso la strada che porta a Istok, per dirigersi verso il punto di confine serbo dove sussiste una zona neutrale di circa un km che, per la Risoluzione 1422 dell’Onu (l’organizzazione internazionale che ha conferito il mandato della KFOR dal 1999 ad oggi) costituisce una sorta di free zone di non belligeranza tra i due Paesi.

La giornata è serena ma rigida, la neve caduta nei giorni scorsi è già alta fin dai primi tornanti di montagna. I sentieri sono deserti. Solo un mezzo civile, a metà percorso, si avventura di prima mattina per l’area.

Proprio per questo desta l’attenzione della pattuglia facendo scattare immediatamente il controllo. La polizia non trova armi a bordo né alcunché da rilevare agli occupanti che, nonostante il clima e l’orario affermano di essere in cerca di tagliole per gli animali.

I boschi in queste zone sono popolati di orsi e lupi ma anche di cervi, che costituisco un bottino di caccia per il consumo alimentare. Dopo oltre tre ore di pattugliamento con la polizia di frontiera ci si riavvia verso la base.

Strada facendo la pattuglia KFOR crea una cornice di sicurezza a favore della polizia di frontiera che ferma altri due mezzi sospetti. L’uno si rivelerà trasportare un catering per una cerimonia funebre, come da tradizione nella zona durante i funerali.

Il secondo ha allertato la polizia locale per via della targa che, appartenendo a un Paese Ue, necessita di un apposito documento comprovante autorizzazione a circolare sul territorio di un Paese non comunitario. Controlli di routine, dunque, perquisizioni dei controllati e alla fine della mattinata rientro in base.

Il pomeriggio della pattuglia prosegue dopo pranzo all’interno del «Villaggio Italia», dove, a fine del turno di lavoro, si sperimenta la nuova palestra attrezzata che nei giorni scorsi è stata inaugurata dal comandante Gatti alla presenza del Cappellano militare Don Fausto. Lo sport impegna il tempo, tiene in allenamento il fisico e crea una goliardica competizione tra i giovani militari di varie nazionalità.

Inaugurazione della nuova palestra a Camp Villaggio Italia (a Pec in Kosovo (ph. In24 / C. Svampa)

Per chi rientra al tramonto: l’esercitazione anti sommossa.

Ci si esercita, sempre e comunque. E al meglio. Perché è vero che la situazione sicurezza in Kosovo è oggi quasi ovunque estremamente contenuta, ma ciò non. vuol dire che un qualsiasi imprevisto capovolgimento del contesto possa cogliere impreparati gli assetti di KFOR.

L’esercitazione prevede oggi uno scontro tra insurgent e forze militari atte al contenimento e al direzionamento dei facinorosi.

Si inizia con le prime schermaglie fino al lancio di oggetti contundenti e allo scontro fisico. Intervengono i reparti anti sommossa, che costringono i rivoltosi a indietreggiare, fino all’arrivo, in appoggio, di un carro Leopard che con estrema facilità rimuove la barricata di auto bruciate in sosta e convoglia il flusso di ostili verso la linea di sicurezza prevista.

L’operazione è conclusa con successo. Il sole è al tramonto dietro le cime innevate tinteggiate di rosa. Gli uomini in mimetica hanno terminato la loro giornata, e noi con loro.

Ci avviamo verso la mensa della base dove il cuoco italiano si ingegna con quello che ha e con quello che arriva per garantire un piacevole ristoro ai soldati. Ma non è semplice mangiare per sei mesi in una mensa militare in aree di crisi. Si cucina quel che arriva e ciò di cui si dispone. Il necessario non manca. Il superfluo non lo si cerca di certo. Per tutto il resto si attende il rientro in Italia. Che per un attimo sembra più vicino, dopo cena, commentando la serata finale di Sanremo con un whatsapp a familiari e amici.

Soldato della missione KFOR a Camp Villaggio Italia (a Pec in Kosovo (ph. In24 / C. Svampa)

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