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L’Unesco ha dichiarato la pizza napoletana Patrimonio dell’Umanità

L’Unesco ha dichiarato la pizza napoletana Patrimonio dell’Umanità

07 Dicembre 2017 0 Di Patrizia Russo

In Corea del Sud nel dicembre 2017, “l’Arte dei pizzaiuoli napoletani” ha convinto i circa 200 Paesi Membri dell’Unesco che l’hanno dichiarata Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità.

Pochi cibi come la pizza sono entrati nella cultura come elementi (e alimenti) distintivi di un popolo e di una tradizione. Per questo che la candidatura dell’Italia, per la prima volta, non riguarda strettamente un alimento ma una storia, un tesoro globale. La pizza è sicuramente il prodotto enogastronomico italiano più conosciuto, più degustato, più esportato ma anche indiscutibilmente il più imitato. Un prodotto che ci rappresenta ed è un vero manifesto del Made in Italy. Ma fare la pizza è un’arte che da oggi è riconosciuta e tutelata a livello mondiale come Patrimonio dell’Umanità.

Le tappe di questa importante conquista

Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione UniVerdi, è stato il primo a lanciare la petizione online con l’hashtag #pizzaUnesco sulla piattaforma Change.org a sostegno dell’Arte dei pizzaiuoli napoletani. Poi la campagna è diventata internazionale e ha avuto il sostegno di molte firme arrivate dall’Asia (Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Filippine e Cina), da Londra a New York, dall’Argentina a S. Paolo del Brasile, da Las Vegas fino all’Australia. Grazie alla grande mobilitazione dei cittadini, della Coldiretti, Federcuochi, della Cna e della Confesercenti, del Comune di Napoli e di Eccellenze Campane, e all’impegno del Governo italiano, la candidatura è stata ufficializzata da parte della Commissione Nazionale Italiana Unesco, il 4 marzo scorso.

In realtà il percorso di riconoscimento è iniziato sette anni fa, nel 2010, quando la “nostra” pizza è stata ufficialmente annoverata come Specialità Tradizionale Garantita dalla Comunità Europea. Un vero e proprio simbolo dell’Italia e dell’italianità, frutto di un’arte secolare minacciata da una globalizzazione che rischia di reciderne le radici culturali.

Prima di questo importante riconoscimento l’Associazione Verace Pizza Napoletana ha varato il Disciplinare internazionale per l’ottenimento del marchio collettivo “verace pizza napoletana” – (vera pizza napoletana). L’Associazione Verace Pizza Napoletana (AVPN) fondata nel giugno 1984 a Napoli, ha sua mission nel promuovere e tutelare, in Italia e nel mondo, la vera pizza napoletana, vale a dire il prodotto tipico realizzato secondo le caratteristiche descritte nel Disciplinare internazionale. L’Associazione è impegnata anche nella promozione e tutela delle pizzerie affiliate e dei prodotti della filiera produttiva legata alla “vera pizza napoletana”, nonché nella professionalizzazione dei pizzaioli.

Le origini della pizza

La leggenda narra che la prima pizza nacque intorno al 1600 proprio alle falde di uno dei vulcani più famosi al mondo, grazie alla creatività partenopea, per rendere più appetibile e saporita la tradizionale schiacciata di pane.

In principio si trattava di pasta per pane cotta in forni a legna, condita con aglio, strutto e sale grosso, oppure, nella versione più ricca, con caciocavallo e basilico. Con il passere del tempo, l’olio è stato sostituito allo strutto e aggiunto il pomodoro importato dal Perù dai colonizzatori spagnoli.

Si deve, però, aspettare fino al 1889 per trovare la prima versione della pizza più famosa e mangiata al mondo, la pizza Margherita. L’originale è condita con pomodoro, mozzarella e basilico ed è nata in occasione della visita a Napoli del Re Umberto I e della Regina Margherita. La storia racconta che Raffaele Esposito, il miglior pizzaiolo dell’epoca, realizzò per i sovrani tre pizze: la pizza alla Mastunicòla (strutto, formaggio e basilico), la pizza alla Marinara (pomodoro, aglio, olio e origano) e la pizza pomodoro, basilico e mozzarella i cui colori richiamavano volutamente la nostra bandiera. La sovrana apprezzò moltissimo quest’ultima tanto da ringraziare ed elogiare il pizzaiolo per iscritto. Per tale motivo Esposito diede il nome della Regina alla sua creazione culinaria. Che da allora è diventata e continua ad essere un simbolo dell’identità nazionale.

Il nostro Patrimonio culturale e immateriale

Nel 2003 la Conferenza Generale Unesco ha approvato la Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, per la tutela della cultura tradizionale e del folclore del Pianeta.

L’Unesco si pone lo scopo di salvaguardare questi capolavori per evitarne la scomparsa, preservando lo stupefacente insieme di linguaggi, rituali, consuetudini sociali, cognizioni e prassi relative ai saperi legati all’artigianato che nei millenni si sono tramandati di generazione in generazione rappresentando le sfumature e le differenziazioni insite nell’evoluzione dell’Umanità.

L’Italia annovera i seguenti elementi iscritti nella Lista per la Tutela del Patrimonio Immateriale:

L’Opera dei Pupi (Sicilia) – Il Canto a Tenore (Sardegna) – La Dieta Mediterranea – Saper fare liutario di Cremona – Le Macchine dei Santi – Pratica agricola della vite ad alberello di Pantelleria – La Falconeria: un patrimonio umano vivente.

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