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M5s e furbetti, il disperato di Rignano cavalca il clamore mediatico

M5s e furbetti, il disperato di Rignano cavalca il clamore mediatico

13 Febbraio 2018 0 Di Marino Marquardt

I furbetti del bonifico sono un brutto affare per il M5s. E il clamore mediatico viene cavalcato dal disperato di Rignano per la campagna elettorale.

M5s e furbetti, il Disperato di Rignano cavalca lo scandalo

M5s e furbetti dei bonifici. Tanto rumore per un brutto affare di famiglia. Mai registrato tanto clamore mediatico per una questione interna di partito.

Eppure molti giornalisti e politici che oggi gridano allo scandalo potrebbero dar lezione in materia di rimborsi e di note spese.

E’ del resto noto – tanto per fare un esempio tra i tanti possibili – che alcuni giornalisti come alcuni rappresentanti del popolo quando vanno in ristorante guadagnano più dell’oste…

Un polverone mediatico renzusconiano in cui si cerca di confondere il pubblico con il privato, una cagnara nella quale si è inserito in prima persona anche il Giovane Disperato di Rignano sull’Arno, lo stesso Giovane Poveraccio che razzola in ambienti borderline affollati di cappucci, grembiulini e compassi, pieni di banchieri in compagnia di ex minisrra in conflitto d’interesse, con il ministro dello Sport e Babbo Tiziano Renzi entrambi chiacchierati per l’affaire Consip.

Per non dire poi della piccola Azienda di famiglia composta dal Babbo, dalla Mamma e dalle Sorelle beneficiaria dell’appalto milionario per la distribuzione delle Pagine Bianche.

Azienduccia rignanese dal fatturato stupefacentemente in crescita dal 2014, anno un cui l’ex Capo Scout divenne Segretario del Pd e si trasferì a Palazzo Chigi.

Oggi costui – il sempre più Giovane Disperato con l’approssimarsi del 4 marzo – con riferimento alla tempesta interna che sta attraversando il M5s ha avuto l’ardire di evocare il tangentista craxiano Mario Chiesa.

Un chiaro segno di confusione mentale e di disonestà intellettuale.

Detto ciò occorre chiarire e fare il punto.

I furbetti dei bonifici non hanno compiuto alcun reato, non hanno inquinato appalti pubblici, non hanno preso tangenti. Non si sono macchiati, insomma, di peculato.

Sono semplicemente venuti meno al dovere di tagliarsi lo stipendio così come dettato dal codice etico pentastellato.

Un gesto volontario al quale si sono sottratti in seguito alla forte tentazione del Dio Denaro.

I soldi comunque erano propri.

Ciò non toglie che secondo le regole del M5s si siano macchiati di un atto gravissimo.

Ciò non toglie che i furbetti del bonifico abbiano tradito la fiducia di amici, compagni, colleghi e dei vertici pentastellati.

E chi tradisce è notoriamente un mascalzone.

Ora c’è da scommettere che questa brutta storia non inciderà sul responso elettorale anche perché il numero degli incazzati aumenta di giorno in giorno nel nostro Paese.

Il 4 marzo gli elettori incoroneranno il M5s quale prima forza politica italiana.

E non sarà più accettabile che un gigante politico di tal fatta continui ad avere i piedi di argilla.

I Cinquestelle devono darsi una organizzazione capace di gestire il ruolo che assegneranno loro gli elettori, il M5s deve dotarsi di uffici amministrativi e di programmazione.

Per fare ciò occorrono soldi. Li prendano da una parte dei contributi volontari dei parlamentari destinati al fondo per le piccole imprese.

La volatilità delle buone intenzioni non può essere più ammessa, devono essere stabiliti punti fermi precisi e chiare scelte di campo. Il tempo del bricolage è finito.

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