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Rapimenti, si fa presto a dire paghiamo

Rapimenti, si fa presto a dire paghiamo

13 Maggio 2020 0 Di Corrado Corradi

In caso di rapimenti è più facile pagare il riscatto, organizzare uno stryke è politicamente più impegnativo.

Rapimenti, perché pagare? Facciamo strike

E’ ormai prassi consolidata nei rapimenti di connazionali (che avvengono soprattutto ad opera di movimenti jihadisti): si tratta e si paga!

Si fa presto a dire paghiamo il riscatto. Purtroppo si; si fa presto perché è più facile è comporta meno rischi.

Purtroppo, ci si cala le braghe, si inizia na negoziazione lunga mesi e si sganciano svariati milioni di dollari per il riscatto e altrettanti per la condotta della negoziazione.

Senza contare, che, più passa il tempo, e:

  • più si spende;
  • più aumentano le incognite (per la salute fisica e mentale dell’ostaggio, per i possibili regolamenti di conti in seno al gruppo, per le ingerenze e i passaggi di mano, etc.
  • più ostaggio e negoziatori sono sovraesposti.

La ragione per la quale si predilige questa opzione – oggettivamente meno efficace e sicuramente più disonorevole –  è semplice: è quella del pavido… mentre troppo politicamente scorretta, fuori moda e pericolosa è l’opzione delle armi, specialmente per l’immagine.

E’ da un bel po’ di tempo che la nostra intelligence dà un’ottima prova di sé, ed è da una quindicina di anni che le nostre Forze Speciali, già note per la loro efficacia, si stanno facendo le ossa nei teatri operativi ove imperversa il jihad, per cui: IMPIEGHIAMOLE!

Si passi dal «paghiamo!» al «mo’ arriviamo e vi facciamo un culo tanto»… E’ la deterrenza… questa sconosciuta, che spesso é il fattore principale di sicurezza.

L’uso delle armi sarà anche fuori moda e politicamente scorrettissimo ma… funziona

Chiediamoci perché, di britannici rapiti dal jihad, in giro per il mondo dove il Jihad imperversa, cene sono così pochi.

I motivi sono semplici:

  • Prima di tutto la Gran Bretagna non manda in giro giovani “cooperanti” improvvisati, sprovveduti e impreparati perché le ONG di Sua Maestà sono sottoposte a obblighi di “security” prima di ottenere l’autorizzazione ad operare all’estero.
  • Ma soprattutto il SAS, lo Special Air Service, non scherza, e i governanti britannici non disdegnano di usarlo. I Jihadisti lo sanno e preferiscono rivolgere la loro attenzione a prede più appetibili.

Un’operazione di liberazione di ostaggi è un’operazione di strike, (lo strike è un’operazione di distruzione di un obiettivo di rilevanza strategica, e l’eliminazione di un gruppo jihadista rientra in questa tipologia di obiettivi) per la quale i nostri Incursori sono preparati almeno dal 1980.

Rapimenti, si fa presto a dire Strike

Gli strumenti per liberare un connazionale sequestrato e annienare un gruppo jihadista ce li abbiamo tutti:

  • ottimi spioni
  • e ottimi soldati,

Il problema è che, per portare a termine uno strike, dietro ai nostri uomini dell’Intelligence e ai nostri Incursori ci devono essere responsabili politici che non siano pavidi e incompetenti ma siano uomini delle istituzioni in grado di assumere la responsabilità della loro alta funzione e che credano nella patria allo stesso modo in cui ci crede un’altro uomo delle istituzioni: il soldato.

Porto un esempio.

Quando nel ‘76 alcuni terroristi palestinesi hanno sequestrato un aereo di linea con a bordo passeggeri israeliani fatti poi sbarcare nell’aeroporto di Entebbe (Uganda) e li’ tenuti prigionieri, il governo israeliano ha subito investito il parlamento per ottenere l’ok alla condotta dell’operazione di liberazione.

Ma, in contemporanea, ha dato il via all’azione, e quando l’assenso è giunto, il Capo di Stato Maggiore, tirando un respiro di sollievo ha riferito al portavoce del parlamento: «Beh, meno male perché le nostre Forze Speciali sono già in volo e in questo momento stanno sul Kenia».

Sappiamo com’è andata a finire: quasi tutti gli ostaggi liberati (tranne uno) e un solo soldato caduto sul campo di battaglia, il tenente colonnello Yonni Netaniahu.

Ma la cosa più importante è che nessun membro del governo e nessun parlamentare ha avuto da ridire su tale iniziativa – squisitamente militare – mirata a preservare i propri connazionali e la propria sovranità.

Bravi gli incursori israeliani, dunque, ma bravo soprattutto il governo che senza l’assenso del parlamento ha assunto la responsabilità di dare il via all’azione con tutto quel che comporta in termini di responsabilità, non solo per quanto attiene agli aspetti di politica interna, ma anche a quelli di politica internazionale.

Gli aerei C130 degli incursori hanno sorvolato svariati spazi aerei, violandoli oppure sulla scorta di intese quanto meno solo «traballanti».

Immaginate cosa sarebbe successo se l’operazione non fosse andata com’è andata. E direi un Primo Ministro, un Ministro della Difesa, un Ministro degli Esteri e un Capo di Stato Maggiore con i contro fiocchi.

Proprio il contrario dell’accoppiata Giuseppi-Giggino, con tanto di mascherina…  Ma che ci stavano a fare in quella invereconda passerella di una «cooperante», che tra l’altro appena liberata ha sentito la
necessità di annunciare al mondo di essersi convertita, e che a prova di ciò ha indossato la divisa delle donne che quei fenomeni di Al Shabab preferiscono infibulate.

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