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Viaggio in Senegal, dove tutto è differente, anche la famiglia

Viaggio in Senegal, dove tutto è differente, anche la famiglia

26 Maggio 2018 0 Di Francesca Pierpaoli

In Senegal genitori e figli trascorrono il tempo in modo differente e si relazionano come da noi non succede quasi più. Ecco il racconto di un viaggio alla scoperta delle radici africane di mia figlia, tra entusiasmo e qualche avventura, in forma di dialogo.

Alla scoperta delle radici

– Ciao cara, bentornata! Allora, come è andato il viaggio in Senegal?
– Molto bene direi, considerando che prima di partire avevo parecchie paranoie, soprattutto per mia figlia. Ma l’incontro con la sua famiglia africana è stato positivo e importante per lei, e anche per me.
– Beh, certo, conoscere i nonni paterni, cugini e zii africani deve essere stata un’emozione forte per la piccola.
– Senza dubbio, anche se all’inizio il passaggio dall’ambiente italiano, in cui è figlia unica, all’allegro caos della chiassosa e numerosa famiglia senegalese è stato un po’ difficile per lei.
– In che senso?
– Si è ritrovata all’improvviso al centro dell’attenzione generale, tutti che la toccavano, le parlavano in una lingua sconosciuta, le dedicavano mille attenzioni; c’erano persino i vicini di casa del quartiere che venivano a vedere la toubab (la bianca, cioè io) e la bimba venuta dall’Italia. Siamo state una vera “attrazione”, almeno per i primi giorni. Poi, per fortuna, si è adattata e ha trascorso parecchio il tempo con i nuovi amichetti, anche se parlavano lingue diverse. Persino gli imprevisti diventavano forme di gioco, per loro.
– Ad esempio?
– Beh, spesso di sera si verificavano dei black out anche di ore. Risultato: case e strade al buio. Questo per i bambini si traduceva in un gioco affascinante a nascondino, o con le torce. A volte mancava anche l’acqua, e allora ci facevamo il bagnetto come una volta: con l’acqua calda versata nel catino!
– Un po’ scomodo, no?
– Un poco, ma non quanto le zanzare.
– Già, non avevi paura per la malaria? E tutte le altre malattie?
– Appunto: prima di partire ho fatto tutti i vaccini: dalla febbre gialla, alle epatiti, al colera, ci eravamo protette contro ogni malattia, o quasi! Beh, soldi, buttati, perché non abbiamo avuto nemmeno un piccolo mal di pancia. E per la malaria, la sera bastavano un po’ di Autan e dei vestiti lunghi, e via.

Alla riserva di Bandia si possono ammirare gli animali in libertà. (photo di @francesca pierpaoli)

-Avete fatto anche dei giri turistici?
– Come no! Il Senegal è un paese poco promosso dalle agenzie di viaggio in Italia, ma offre tante attrazioni interessanti, anche per i bambini.
– Ah, non lo avrei pensato! Ad esempio?
– Beh, a parte Dakar, molto caotica, chiassosa e piena di smog, un po’ più a nord c’è Saint Louis, con le belle case coloniali del centro storico. Sembra un luogo d’altri tempi. Abbiamo noleggiato un calesse e fatto il giro della città, fino al mercato dove si affumica il pesce, che poi viene esportato in tutta l’Africa. Ci è piaciuto tanto guardare gli uccelli e i pellicani sul fiume Senegal, che qui sfocia nell’oceano e che segna il confine con la Mauritania.
– Sembra affascinante!
– Lo è, per non parlare dell‘isola di Goree.
– E che cos’è’?
– E’ il luogo da cui, nei secoli scorsi, partivano gli schiavi per le Americhe. Oggi è possibile visitare la “Maison des esclaves” e anche i più piccoli, secondo me, ne avvertono l’atmosfera speciale. E’ collegata con un comodo traghetto che da Dakar porta all’isola, è una bella gita.
– E di animali ne avete visti?
– Ovvio, non puoi andare in Africa con un bambino senza vedere gli animali! Abbiamo fatto un safari nel parco di Bandia, dove vivono liberi rinoceronti, giraffe, zebre e tanti altri animali. Ci sono anche i coccodrilli e non è raro vederli catturare qualche preda.
– Davvero?
– A noi è successo e siamo rimasti molto colpiti: c’era un uccello sulla riva del fiume, stava pescando un pesce quando a un tratto, rapidissimo, è sbucato un coccodrillo e zac! un attimo dopo il povero uccello non c’era più!
– Oddio, che impressione, povera bestia!
– Che vuoi farci, è la natura, in fondo! Certo, con le tartarughe Eva si è divertita di più!
– Che tartarughe?
– Vicino al Lago Rosa esiste una riserva dedicata alla tutela delle tartarughe di varie razze. Ce ne sono vecchie di 110 anni, davvero enormi. Eva riusciva ad abbracciarle per intero, si è divertita molto e ha potuto anche dare loro l’insalata.
– Hai detto Lago Rosa?
– Sì, è uno specchio d’acqua salata dove vive un batterio speciale, che dona una particolare colorazione rosata. Tutto intorno si trovano enormi raccolte di sale e i bambini spesso ci vanno per giocare. In fondo, “tutto quel sale è bianco come la neve.”..ha osservato Eva, che però preferisce il mare.

Il lago Rosa è deve la sua colorazione a un’alga.

– Avete avuto modo di andare anche in spiaggia?
– Come no. Siamo state a Toubab Dialaw, un paese a 40 km da Dakar, con enormi spiagge di sabbia finissima.
– Che bello!
– Molto, anche se le onde e la corrente sono forti e il bagno si fa solo sulla riva. E’qui che abbiamo incontrato i “bambini di spiaggia” e i talibè.
– E chi sono?
– I talibè sono bambini di strada, che trascorrono il giorno elemosinando e la sera tornano nelle dhaara, specie di orfanotrofi-lager gestiti dai santoni locali, detti marabout. I bambini di spiaggia sono, invece, i figli dei pescatori del villaggio. Di loro e dei talibè si prende cura l’associazione “I bambini di Ornella”, fondata da Severino Proserpio, un italiano che da anni vive in Africa.

Una classe dell’associazione “I bambini di Ornella”, fondata da Severino Proserpio in Senegal (photo di @francesca pierpaoli)

– Lo conosci?
– Certo. Eva ed io siamo state diverse volte nella sede del suo centro di accoglienza, durante il nostro soggiorno. Eva ha trascorso anche un giorno di scuola con i bambini locali, ha disegnato con loro e seguito la lezione di Pierre, il maestro. Tutto in francese ovviamente, lingua che lei conosce ancora poco. Spero che le sia servito per capire quanto è fortunata…
– Già, mi sa che lì la situazione per l’infanzia non è molto rosea.
– Dipende. Diciamo che la famiglia in Senegal funziona in modo completamente diverso rispetto a noi occidentali.
– Cosa intendi?
– Beh, in Senegal esiste ancora il concetto di famiglia patriarcale, ovvero diverse generazioni vivono all’interno della medesima abitazione. Nonni, figli e nipoti sono a stretto contatto, c’è una rigida divisione dei ruoli e – soprattutto – gli anziani sono rispettati e valorizzati. Ma anche per le madri la vita è più facile lì, per certi versi.
– Perché?
– Perché a casa c’è sempre qualcuno – una zia, una sorella, la nonna – che si occupa dei bambini e poi le strade sono sicure, possono giocare in libertà quasi ovunque: pattinare in strada, fare giri sul carretto con l’asino. Lì le baby sitter non esistono, o quasi. Del resto anche il ruolo dei genitori è diverso, in Senegal.
– In che senso?
– Il concetto di relazione genitore-figlio è molto meno complicato: mamma e papà dicono questo = si fa questo. Non ho quasi mai visto bambini fare i capricci, o contestare quello che il genitore diceva, come avviene da noi. C’è molto rispetto, ancora. Di contro, i genitori sono meno espansivi, rispetto a noi, i figli meno coccolati e vezzeggiati. I giocattoli quasi non esistono, sono un privilegio di pochi eletti, e la moda per l’infanzia non si sa nemmeno cos’è. Non esistono nemmeno i passeggini: le madri portano i piccoli sulla schiena fino a 2-3 anni.

Una spiaggia animata dal via vai di pescatori e commercianti.

In Senegal le priorità dell’infanzia sono altre. La scolarizzazione, ad esempio. Andare a scuola, per tanti, è un privilegio che non è concesso a tutti. Dunque chi ha la possibilità di frequentarla è fortunato e si vede: i bambini sono fieri di studiare e i maestri molto rispettati e temuti. Ti racconto una cosa: la scuola al centro di accoglienza di Severino apre alle 9, ma gli alunni si affollano davanti ai cancelli già dalle 8. Quanti bambini conosci, in Italia, così ansiosi di entrare in classe?

– E col cibo non avete avuto problemi? I bambini sono così difficili da accontentare.
– La cosa che ci mancava di più era la pasta. Però si è adattata bene alla cucina senegalese, che usa molto la carne e il riso, conditi con salse saporite e verdure. A casa dei parenti aveva adottato anche il loro modo di fare colazione, figurati!
– Ossia?
– Ci si sveglia tardi, si fa colazione di solito verso le 11 e non è raro mangiare i resti della cena precedente. Qui non si spreca nulla. Beh, diverse volte al mattino, mentre io consumavo plum cake e caffè, lei sedeva con gli altri della famiglia e divorava pollo e riso con gusto!

– Un bel viaggio, insomma…
– Assolutamente. L’Africa non è esattamente un posto per bambini, ma se si scelgono i percorsi giusti e adatti a loro è un luogo affascinante, un altro mondo. Ovviamente, prendendo tutte le precauzioni sanitarie, scegliendo con cura le destinazioni. Certo, noi siamo state particolarmente fortunate.
– Perché?
– Perché avevamo la famiglia senegalese sul posto, abbiamo potuto vivere con loro la vera realtà della gente, senza il filtro – un po’ falso – degli hotel o dei tour organizzati. Tutta un’altra storia. È stata un’occasione di crescita, per tutte e due, per conoscere la nostra famiglia multietnica.

 

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