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Vino, i dati dell’export penalizzano il Sud

Vino, i dati dell’export penalizzano il Sud

23 Giugno 2016 0 Di Pietro Nigro

Segnalazione del senatore Dario Stefano (gruppo Misto): I valori Istat dell’export di vino basati sui dati dell’Agenzia delle dogane dànno una visione falsata della realtà e sottostimano la produzione delle regioni meridionali.

Export di vino, l’Istat sottostima le regioni meridionali

I dati dell’export di vino elaborati dall’Istat dànno una rappresentazione falsata della realtà, e in particolare sottostimano il contributo dei produttori meridionali, specialmente di Puglia e Sicilia. E ciò perché le rilevazioni si basano sui dati dell’Agenzia delle dogane, che fanno riferimento ai luoghi di sdoganamento, che corrispondono all’azienda in cui avviene l’imbottigliamento, in genere al nord, a cui alcuni produttori meridionali spediscono il loro vino.

A rilevare questa anomalia, il senatore del gruppo misto Dario Stefàno, componente della Commissione Agricoltura ed ex assessore all’Agricoltura della Regione Puglia, che ha tenuto una conferenza stampa al Senato insieme al giornalista Andrea Gabbrielli, che ha svelato il meccanismo statistico in base al quale i vini meridionali perdono la loro origine, con conseguenze che tra l’altro investono la ripartizione dei fondi europei per il sostegno dell’Ocm Vino ma anche le stesse norme sulla tracciabilità dei prodotti alimentari. Di qui la proposta di

“un tavolo tecnico da realizzare al Ministero delle Politiche Agricole, insieme a Ismea, Agenzia delle Dogane e Istat, affinché vengano redatti, per le Regioni mancanti, i codici di nomenclatura combinata con i quali sarà possibile ricostruire il vero dato circa la propensione all’export delle regioni nonché contribuire a migliorare il sistema di informazioni su tali scambi”.

Per esempio, basti pensare che il Veneto, che secondo l’Ismea ha prodotto nel 2015 più di 9 milioni di ettolitri di vino e mosti, ha esportato una produzione di 1,8 miliardi di euro (elaborazione WineMonitor e Nomisma su dati Istat), mentre Sicilia e Puglia hanno avuto un export di 101 milioni di euro a fronte di una produzione rispettivamente di oltre 5,4 e 6,4 milioni di ettolitri. E per il raffronto si consideri anche il dato del Trentino Alto Adige: 1,1 milioni di ettolitri di vino prodotti (decisamente meno di Puglia e Sicilia), per un export in valore di 500,3 milioni di euro (cinque volte tanto quello delle due Regioni).

Siamo in presenza – ha affermato Gabbrielli – di un paradosso: più cresce l’export di vino del Sud, più cresce la propensione all’export delle regioni del nord dalla logistica più sviluppata. Infatti l’attuale sistema di rilevazione dei dati export fa riferimento al luogo di sdoganamento e di fatto non tiene conto dell’origine del prodotto. Tutto ciò risulta particolarmente penalizzante per tutte le regioni meridionali e in particolare Puglia e Sicilia, che in questi anni hanno fatto grandi sforzi per l’internazionalizzazione. Si tratta di riconoscere, anche dal punto di vista statistico, questa realtà dei fatti. Il vino italiano è competitivo perché tutti contribuiscono al suo successo nello stesso modo”.

Per risolvere la situazione, propone il senatore Stefano, la soluzione sarebbe spingere sui codici di nomenclatura combinata, per tracciare effettivamente il vino, “ma la Commissione europea vuole ridurre al minimo i codici, nel processo di standardizzazione che è contrario al senso degli Igt e dei Dop, ed è il Paese membro che deve farne richiesta”.

Ecco perché Stefàno propone, con il plauso di produttori e associazioni di categoria presenti in platea, l’apertura di un tavolo tecnico presso il Ministero delle Politiche Agricole con tutta la categoria, insieme ad Ismea, Agenzia delle Dogane e Istat per disegnare banche dati che corrispondano alla realtà dell’export italiano.

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