
Addetto stampa della Pa, viaggio tra irregolarità e favoritismi nei concorsi
09 Aprile 2024Una inchiesta di Italia Notizie 24 sui concorsi per addetto stampa degli enti pubblici, e un Osservatorio sulle selezioni in corsio, per ostacolare procedure irregolari e prove pilotate per i candidati amici.
Concorsi per addetto stampa pubblico: fari puntati su procedure irregolari e risultati controversi
E’ opinione diffusa che i concorsi pubblici siano spesso pilotati per favorire qualche candidato. Ma nel caso dei concorsi per addetto stampa delle amministrazioni pubbliche, previsti dalla legge 150 del 2000, c’è più di un fondato sospetto: molto spesso, a vincere, infatti, è il o la giornalista che già svolge un incarico simile nella stessa amministrazione perché assunto dal vertice dell’ente come portavoce, e poi probabilmente “stabilizzato” come Addetto stampa dell’ente con un’assunzione a tempo determinato o indeterminato.
Inoltre, alcune procedure sono viziate da vistose irregolarità apparentemente secondarie e di poca mportanza, magari solo formali, e che invece a volte sono utili proprio per limitare il numero di candidati e per favorire di fatto il vincitore prescelto.
Ma anche se le procedure sono apparentemente regolari e si basano su atti formalmente corretti, è la gestione effettiva di selezioni e concorsi che sembra lo strumento più adatto a spingere il candidato preferito e a fargli vincere il concorso.
In barba ai principi di imparzialità, correttezza, efficacia ed efficienza della Pubblica amministrazione previsti dalla nostra Costituzione, e anche in barba alle leggi in vigore, apparentemente ignorati da chi dispone o controlla le precedure concorsuali per assumere gli addetti stampa degli enti pubblici.
Potrebbe trattarsi, anzi, di un generalizzato malcostume di sindaci, presidenti di Regione o Provincia, ma anche di rettori di università, direttori di Asl e altri enti, nonché dei funzionari che gestiscono materialmente le procedure di concorso.
E allo stesso tempo, sembra si tratti di una prassi consolidata, che si copre sotto la apparente correttezza formale delle procedure.
Per questo abbiamo deciso di mettere sotto la lente il maggior numero possibile di procedure, crendo un Osservatorio dei concorsi che favorisca la trasparenza e aiuti a scongiurare errori e irregolarità, e una Inchiesta tra le irregolarità più evidenti e i favoritismi più probabil.
Selezioni e concorsi, errori formali e procedure pilotate: una prassi diffusa per favorire i collaboratori dei potenti?
Quale potrebbe essere la prassi che permette ai potenti capi di enti ed amministrazioni pubbliche di favorire i loro stessi collaboratori?
La prima fase è molto semplice. Chi può, perché siede ai vertici di un ente pubblico, appena ne ha la possibilità, assegna al proprio fedelissimo l’incarico di Portavoce, che per legge è discrezionale e fiduciario. La legge 150 del 2000, infatti, che è quella che regola le attività di comunicazione e informazione della Pubblica amministrazione, prevede espressamente che il Poravoce può essere assunto per curare la comunicazione del vertice di un ente, sia egli un sindaco, un presidene di Regione, un direttore di ente o azienda sanitaria, un rettore unversitario.
Proprio perché si tratta di un incarico fiduciario, la legge prevede infatti che si proceda con una scelta “intuitu personae”, cioé che la scelta si basi su criteri sggettivi di gradimento. Inoltre, quando i verttici sono elettivi, come i sindaci e i presidenti di provincia o regione, di solito il bando di selezione prevede che questi incarichi siano a termine, e che il conrtatto del portavoce si risolve il giorno in cui finisce anche la carica elettiva.
L’incaricho può essere anche a part time, e in genere viene affidato con un contratto di lavoro autonomo, o anche di prestazione professionale a partita Iva. I compensi, per i portavoce di un piccolo comune, di una comunità montana o di altri piccoli enti con budget limitati, può essere anche di 500 euro al mese, e salire a 1.000, o anche 2.000 euro negli enti più grandi, e per gli incrichi di alto livello nelle regioni, nelle azinede di Stato, nei grandi enti economici, può arrivare fino a 100 mila euro annui.
Poi, se e quando ci sono le condizioni tecniche e le possibilità economiche, scatta la seconda fase. il potente di turno fa bandire una selezione o un concorso, questa volta per addetto stampa dell’ente stesso, e cerca di ottenere dai funzionari e dai commissari la vittoria del proprio o della propria beniamina. Spesso riuscendo nello scopo, e dunque ottenendo un posto sicuro per il proprio collaboratore.
La legge 150, infatti, prevede che l’incarico di addetto stampa sia assegnato necessariamente a un giornalista, pubblicista o professionista, che curerà la comunicazione verso i media per conto dell’Amministrazione o dell’Ente nel suo complesso, e non del solo vertice politico.
Come per tutti gli impieghi pubblici, anche il ruolo di addetto stampa deve, o dovrebbe, essere assegnato con una procedura di evidenza pubblica, cioé un concorso, che può essere per titoli, per esami, o per titoli ed esami, e che serve a individuare e a scegliere il miglior professionista disponibile in un certo momento, che sarà assunto con contratto a tempo pieno o parziale, determinato o indeterminato.
Posizioni e retribuzioni variano molto, in base anche alla disponibità finanziaria dell’ente, e possono essere nella fascia C, quella dei diplomati, o nella fascia D, quella dei laureati, o come si dice con la nuova terminologia, quella dei funzionari con elevata qualificazione.
Solo che, prima di poter bandire un concorso del genere occorre che l’ente abbia un piano di gestione delle risorse umane, una posizione specifica nella pianta organica, e soprattutto la possibilità tecnica di assumere un’altra unità di personale, dal momento che ogni ente possa assumere un numero di dipendenti limitato dal budget, dal numero di abitanti serviti o anche dalle misure del governo per contenere la spesa pubblica e il deficit pubblico.
Quando sussistono le condizioni, e si decide di affrontare il complesso e costoso iter del concorso pubblico, scatta effettivamente la seconda fase, quella in cui il capo dell’ente ottiene l’aiuto dei funzionari che espletano la procedura, nonché dai componenti della commissione a cui viene affidato il compito di giudicare e valutare i candidati.
Sono soprattutto questi commissari che hanno il delicato compito di divincolarsi tra valutazione titoli, eventuale prova selettiva, prova scritta e prova orale, e che devono assegnare i vari punteggi in modo da favorire effettivamente il candidato prescelto.
Il metodo è in teoria anche piuttosto semplice: si tratta di un dare al favorito, agli scritti, che sono documenti che restano agli atti, un voto leggermente migliore degli altri candidati, ma non troppo vistoso, e di dargli il massimo possibile alla prova orale, che pur avvenendo a porte aperte, in realtà viene seguita al massimo dagli altri candidati, ma non lascia traccia in documenti che un domani possano essere esaminati per un controllo.
La somma di un voto decente agli scritti, e di un ottimo voto agli orali, insieme alla eventuale valutazione dei titoli secondo i criteri che la stessa commissione si è data, dovrebbero assicurare al prescelto quel voto finale che gli fa battere i concorrenti e vincere il concorso.
Il tutto, in barba ai principi della Costituzione e delle leggi in vigore, e ovviamente a danno degli altri candidati, che di fatto partecipano al concorso solo per fare “numero” o peggio da inconsapevoli comparse costette al ruolo di foglie di fico di procedure irregolari.
Per averne conferma basta controllare il nome del vincitore di un concorso e fare una piccola ricerca con Google per scoprire che, molto spesso, per non dire quasi sempre, iil vincitore del concorso per addetto stampa è proprio colui o colei che già lavorava come portavoce per il sindaco, il presidente della provincia, il rettore, il direttore generale, il ministro.
Noi, con la nostra inchiesta, abbiamo individuato un gran numero di queste “coincidenze”, confermate magari dall’atto di assunzione, anche se non è facile per chi non ha un legittimo interesse, avere accesso agli atti deli concorsi, che spesso hanno un’altra possibile irregolarità. Molto spesso, infatti, chi espltea il concorso si nasconde dietro presunte ma per nulla dimostrate esigenze di riservatezza per tenere sotto chiave atti e documenti, o anche per mantenere i nomi dei candidati rigorosamente nascosti sutto numeri di codice, numeri di protocollo o altri sistemi analoghi, ufficilmente per “anonimizzare” i dati personali, e in pratica per aggiungere un ulteriore velo di protezione a procedure come detto un po’ troppo oscure e poco chiare.
Si tratta di un modo di fare e di una procedura apparentemente legale, perché tutti gli atti sembrano adottati nel rispetto formale delle leggi, ma sostanzialmente violano perfino la Costituzione italiana e di fatto aggirano le leggi sulle assunzioni nel Pubblico impiego.
Il tutto, poi, nella sostanziale indifferenza, per esempio, degli Ordini e dei sindacati nazionali e regionali dei Giornalisti, la Fnsi e la Figec, che avrebbero il dovere e l’interesse a vigilare sulla correttezza delle procedure, e che invece, in nome di una supposta impotenza sostanziale, si limitano a intervenire solo nei casi di bandi con vistosi e marchiani errori di scrittura.
Come accade, per esempio quando ci si dimentica di chiedere come requisito l’iscrizione all’albo dei giornalisti, o si escludono illegittimamente i professionisti o i pubblicisti.
E anche in questi pochi casi, tutt’al più ci si limita a inviare all’ente che bandisce il concorso una sommessa e gentile richiesta di rettifica.
Per questo, che i concorsi per addetto stmapa della Pa siano pilotati, lo credono in tanti, compresi gli stessi giornalisti, che in molti casi sono rassegnati perché “si sa che funziona così”, ma partecipano perché “si deve comunque provare”, o perchè magari “questo è uno di quei pochi concorsi che non partono con un vincitore predetrminato”.
O anche perché magari chi vince poi rinuncia perché ha trovato un altro lavoro, e vengono chiamati i successivi nomi della graduatoria.
Ma le cose iniziano lentamente a cambiare, perché alcuni candidati, o anche esponenti politici di opposizione, iniziano a presentare ricorsi e denunce alla magistratura o all’Anac, come è accaduto di recente per un concorso per addetto stampa della Provincia di Pisa e per alcune procedure del Comune di Vasto, in provincia di Pescara.
Certi comportamenti delle commissioni e dei funzionari che gestiscono il concorso, infatti, oltre che essere irregolari da un punto di vista amministrativo, in alcuni casi potrebbero presentare un risvolto penale e configurarsi come falso o abuso di ufficio, o perfino come reato associativo, laddove commesso in concorso tra tre o più persone.
Per questo sarebbe auspicabile che la Magistratura e l’Autorità Nazionale Anticorruzione andassero a controllare gli atti dei concorsi – almeno nei casi più verosimili e appariscenti – e ad accertare se non sono stati commessi illeciti.
Ma nell’attesa che i giudici si attivino, qualche tempo fa abbiamo iniziato noi questa inchiesta giornalistica: mettiamo sotto controllo un bel numero di queste procedure, proviamo a partecipare ad alcuni concorsi, e raccogliamo gli atti più “sospetti”, per poi ricostruire le possibili irregolarità commesse, e infine pubblicare quello che abbiamo accertato e dare un resoconto al lettore, che potrà essere utile anche alle autorità competenti.
Vai all’Osservatorio concorsi per addetto stampa
Ecco le altre puntate dell’inchiesta che saranno pubblicate prossimamente:
Selezioni per portavoce: ecco la prima fase
Bandi, le irregolarità formali più frequenti
Procedure di concorso: scritti, orali e titoli
Graduatorie anonime e presunta privacy
Provincia di Pisa, l’addetto stampa è…
Comune di Vasto, la denuncia parte dalla politica
Gran Sasso Science Institute, l’addetto stampa è…