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Armi nucleari, a rischio il trattato tra Usa e Russia

Armi nucleari, a rischio il trattato tra Usa e Russia

01 Febbraio 2019 0 Di Pietro Nigro

Usa e Russia si accusano di aver violato il Trattato sulle armi nucleari firmato da Reagan e Gorbaciov nel 1987: sei mesi al ritorno della Guerra Fredda.

Armi nucleari, gli Usa pronti a sospendere il trattato

Clima teso tra Russia e Stati Uniti a causa delle armi nucleari. Tanto teso da far temere che si possa tornare alla Guerra Fredda entro sei mesi. Tanto dura, infatti, il conto alla rovescia avviato dall’amministrazione Trump per ritirarsi dallo storico Trattato sui missili a medio raggio (INF) firmato l’8 dicembre 1987 da Ronald Reagan e Michail Gorbaciov che ha posto praticamente fine alla Guerra fredda.

Accordo che impegnò le due superpotenze, Usa e Urss, a interrompere l’installazione in Europa di nuovi missili nucleari di terra, a corto e medio raggio (da 500 a 1.000 km e da 1.000 a 5.500 km). E che, secondo gli americani, i russi avrebbero violato apertamente.

All’origine della tensione ci sarebbe l’ultimo missile cruise prodotto dai russi, il Novator 9M729, che è stato presentato all’ultimo Patriot Expocenter di Mosca appena una settimana fa.

Missile, che alla Nato è conosciuto come SSC-8, e che secondo gli Usa sarebbe del tipo vietato dall’accordo, perché ha una capacità di portata superiore ai 500 km.

Mosca ha respinto le accuse, sostenendo che ai test svolti nel settembre 2017 il missile non ha superato i 480 km. E che le accuse di Washington potrebbero essere solo un pretesto per tirarsi fuori da un accordo divenuto troppo stretto da rispettare.

Fatto sta che due mesi fa Washington ha chiesto a Mosca – e finora non ottenuto – la distruzione del nuovo missile entro sessanta giorni, minacciando, in caso contrario, di sospendere unilateralmente la validità del trattato sulle armi nucleari a raggio intermedio (INFG).

A parlarne, da ultimo, sono stati il sottosegretario di Stato americano per il controllo degli armamenti e la sicurezza internazionale, Andrea Thompson, e il vice ministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov. I due hanno avuto un incontro riservato a Pechino, in settimana, in occasione dell’ultima riunione dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, Usa, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna.

Incontro ad alto livello, dunque, che è durato oltre un’ora e si è tenuto proprio a ridosso della scadenza dell’ultimatum di 60 giorni che gli Usa avevano imposto a Mosca per rientrare nei termini del Trattato.

Ma i due, Thompson e Ryabkov, hanno dichiarato di non essere riusciti a colmare le divergenze che li separano sull’argomento.

Insomma, per la prima volta dalla fine della Guerra fredda nel 1991, i missili fanno risalire la tensione tra le due super potenze, tensione che potrebbe trascinare con se anche altri accordi sulle armi nucleari e magari provocare la fine di quel delicato sistema globale ce finora ha impedito l’escalation della minaccia atomica.

Almeno, queste sono le preoccupazioni che assillano soprattutto gli osservatori europei, dal momento che il collasso dei trattati di non proliferazione delle armi nucleari avrebbe ripercussioni immediate proprio sul Vecchio continente.

Gli Usa: Tempo sei mesi e rimettiamo in Europa i nostri missili

In un’intervista alla Reuters, Thompson ha dichiarato che, dopo la scadenza dell’ultimatum il prossimo 2 febbraio, gli Usa potrebbero sospendere la validità del trattato e permettere alle loro forze armate di rimettere in produzione nuovi missili a lungo raggio da schierare in Europa in un tempo di sei mesi.

“Saremo in grado di farlo già il 2 febbraio – ha detto Thompson alla Reuters a Pechino – E fatto l’annuncio procederemo con tutti i passaggi per sospendere il rispetto dei nostri obblighi, con l’intento di ritirarci fuori dal trattato”.

Una volta annunciato, il processo per il ritiro formale degli Usa dal Trattato richiede appunto sei mesi.

“Siamo quindi anche in grado di condurre la ricerca e lo sviluppo e lavorare sui sistemi che finora non abbiamo potuto utilizzare perché abbiamo rispettato il trattato – ha detto Thmpson – il 2 febbraio, questo fine settimana, se il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti sceglie di agire, sarà in grado di farlo”.

La Russia: Finti ultimatum, hanno già deciso

A sua volta Ryabkov ha garantito all’agenzia russa Tass che Mosca intende continuare a lavorare per il mantenimento dell’accordo, ma ha anche accusato Washington di aver ignorato le lamentele della parte russa sui missili statunitensi e di aver adottato una posizione che ha definito “dura e ultimativa”.

“La posizione degli Usa resta piuttosto dura e ultimativa – ha detto Rybkov – gli abbiamo detto che è impossibile tenere aperto il dialogo mentre subiamo questo tentativo di ricatto. Purtroppo, gli Stati Uniti non sono pronti al dialogo, sono arrivati a criticarci perfino sul fatto che abbiamo sbagliato a tenere un briefing con la stampa per il missile 9M729”.

A sua volta, la Russia ha lamentato analoghe violazioni del trattato da parte americana. “Abbiamo avanzato precise richieste – ha detto Rybkov – sui lancitori universali che fanno parte dei sistemi Aegis Ashore, che sono stati dispiegati in Romania e che presto arriveranno in Polonia, così come siamo preoccupati sul loro utilizzo di missili che per caratteristiche sono pressoché identici ai missili balistici a raggio intermedio, così come non ci sono stati progressi nemmeno sui droni”.

“Gli Stati Uniti ci hanno imposto un periodo di 60 giorni durante il quale adempiere al loro ultimatum – ha poi dichiarato Ryabkov all’agenzia di stampa Sputnik – Ma ritengo che gli Stati Uniti non si aspettassero alcuna decisione e che questo ultimatum sia solo un gioco inscenato per coprire la decisione che hanno già preso di ritirarsi dal Trattato INF”.

Resta da vedere, dunque, nei prossimi giorni se si tratta di “minacce” e schermaglie diplomatiche, o se veramente i Trattati sulle armi nucleari verranno mandati in pensione per far ripiombare il mondo nell’incubo della Guerra Fredda.

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