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Attentato Strasburgo: l’insostenibile leggerezza della sicurezza

Attentato Strasburgo: l’insostenibile leggerezza della sicurezza

12 Dicembre 2018 0 Di Claudia Svampa

Al mercatino natalizio di Strasburgo ancora un attentato terroristico: tre vittime e tredici feriti di cui nove in gravi condizioni. Tra questi ultimi l’italiano Antonio Megalizzi, ventotto anni e radiocronista per Europhonica, raggiunto da un colpo di arma da fuoco alla testa e in pericolo di vita.

Autore di tutto ciò un unico attentatore in fuga da ieri. E’ mai possibile che questo format già visto e già sperimentato si sia potuto replicare, ancora una volta, e ancora con le stesse modalità fra le luminarie di Strasburgo?

Da ieri sera, dopo l’attentato, dopo tre scontri a fuoco con le forze dell’ordine, dopo essere fuggito a piedi e poi in taxi, questo ragazzotto di ventinove anni Cherif Chekatt, terrebbe sotto scacco seicentocinquanta uomini delle forze dell’ordine che, pur cercandolo, non sono stati ancora in grado di trovarlo. Lo stesso giovanotto sarebbe persona nota ai servizi di polizia e intelligence, tanto per il suo nutrito curriculum criminale (ventisette condanne per gravi reati comuni) quanto per il suo livello di radicalizzazione islamica che gli é valso la classificazione S ovvero quella attribuita ai soggetti da monitorare perché potenzialmente pericolosi per la sicurezza dello Stato. Si parla dunque di un potenziale terrorista, che tuttavia non é stato possibile, per quanto incredibile, rendere inoffensivo.

Ma non basta. Nella stessa mattinata di ieri Cherif Chekatt, nato e cresciuto a Strasburgo e di origine algerina, viene riaggiunto dalla polizia che si reca nella sua abitazione nel  quartiere Neudorf, per poterlo interrogare in merito a una rapina con omicidio. Il ricercato riesce a fuggire, mentre gli agenti in casa trovano armi ed esplosivi.

Ce n’è abbastanza per poter ipotizzare che il soggetto, pericoloso, radicalizzato, probabilmente armato, e in fuga, possa nell’immediato portare a  compimento un atto terroristico. Tuttavia ci si limita a diramare l’allarme tra le forze dell’ordine.

Tanto che il criminale abituale in poche ore si trasforma, indisturbato, in attentatore e assassino. Spara sulla folla, inseguito riesce abilmente a fuggire a piedi, dribbla ben tre scontri a fuoco con le forze dell’ordine e scompare a bordo di un taxi. Solo due militari, che lo intercettano, riescono a ferirlo lievemente ma non a fermarlo.

L’uomo, cui oltre seicento poliziotti francesi danno la caccia da un giorno, non é un soldato addestrato alla guerriglia, non é uno 007 legato ai servizi, non é l’uomo invisibile. E’ un comune per quanto efferato criminale, che per nessuna ragione al mondo può eludere impunemente i servizi di sicurezza, ancor più un tale spiegamento di forze.

Se ciò é accaduto e sta accadendo a Strasburgo l’evidenza non é nell’abilità del fuggitivo, ma nell’inefficienza assoluta, strategica e operativa della macchina della sicurezza francese. Il perché ciò sia accaduto o si sia lasciato che accadesse, sarà più chiaro il prossimo sabato.

Se i gilet jaune che da tempo stanno mettendo in ginocchio Parigi e l’intero paese con manifestazioni violente che sfociano sempre di più in un tentativo di golpe decideranno di riunirsi in preghiera per i morti di Strasburgo, il sangue delle vittime di ieri sarà servito per placare o distrarre le proteste anti-Macron.

Se sabato prossimo, alla rabbia dei manifestanti contro il governo dovesse aggiungersi l’ira per la mancata protezione dei cittadini, allora vorrà dire che le dimissioni, senza precedenti, del Capo di Stato maggiore francese, il generale Pierre de Villiers di poco più di un anno fa, hanno dato il proprio frutto. «Nelle circostanze attuali, considero di non essere più in grado di assicurare la sostenibilità del modello di esercito al quale credo per garantire la protezione della Francia e dei francesi, oggi e domani – aveva dichiarato il generale de Villiers – di conseguenza, mi sono assunto le mie responsabilità presentando oggi le dimissioni al presidente della Repubblica, che le ha accettate».

Poche ore prima, nel corso dell’audizione parlamentare a porte chiuse  circa il taglio di 850 milioni di euro di budget alla difesa, la reazione assai meno diplomatica de Villiers, già comandante del contingente francese in Kosovo, e noto per una certa ruvidezza di modi, sarebbe stata assai più affilata: «Io non mi faccio f… così », avrebbe detto il generale secondo quanto riferito da due deputati presenti («Je ne me laisserai pas baiser comme cela»).

Poco più di un anno dopo, all’alba di un nuovo sanguinoso attentato, quanto accaduto a  Strasburgo  incrina ancora di più la fiducia dei francesi nelle capacità del governo di garantire anche la sicurezza dei cittadini.  Vedremo dunque se la clamorosa notizia battuta pochi giorni fa dal quotidiano francese Le Figarò, ( richiesta da parte dei gilet gialli di dimissioni primo ministro Édouard Philippe e nomina del generale de Villiers a capo del nuovo governo) smantellerà le grandiose pregresse certezze di Macron che, fiero e trionfale per l’esito dello scontro con il generale aveva pubblicamente dichiarato:«Quando nasce un diverbio tra il presidente e il capo di Stato maggiore, si cambia il capo di Stato maggiore».

 

 

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