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Bollette a 28 giorni, indagine Antitrust sul “cartello” degli operatori

Bollette a 28 giorni, indagine Antitrust sul “cartello” degli operatori

16 Febbraio 2018 0 Di Pietro Nigro

Potrebbe esserci un accordo di cartello dietro la strategia di fatturare il traffico dei telefonini a 28 giorni. Per questo è scattata l’indagine dell’Antitrust su Tim, Vodafone, Fastweb e Wind Tre.

Bollette a 28 giorni, l’Antitrust indaga sul “Cartello”

La fatturazione con bollette a 28 giorni dei servizi di telefonia. Una strategia “furba”, per far scattare un mese in più ogni anno. E guarda caso avviata pressoché contemporaneamente da tutti i gestori di telefonia mobile. Una coincidenza sospetta, a cui comunque è stato messo un freno con la legge 172 del 2017. Ma che è stata seguita da un’altra coincidenza altrettanto sospetta: una identica strategia avviata contemporaneamente da tutti gli operatori per “gestire” allo stesso modo le rimodulazioni e gli aumenti delle tariffe dopo l’alt. Insomma, un “accordo di cartello” che sarebbe illegale. Per questo sospetto, l’Autorità Antitrust italiana ha fatto partire una indagine nei confronti delle società Tim, Vodafone, Fastweb, Wind Tre e dell’associazione di categoria Assotelecomunicazioni – Asstel.

E per svolgere le indagini, i funzionari dell’Antitrust si sono recati oggi presso le sedi delle società interessate e presso l’associazione di categoria, con l’ausilio del Nucleo speciale Antitrust della Guardia di Finanza, ad effettuare una ispezione.

Secondo l’ipotesi dell’Antitrust, “il coordinamento suddetto è sfociato da ultimo nell’adozione di pressoché identiche modalità di attuazione dell’obbligo” introdotto dalla legge 172 del 2017 “per gli operatori di servizi di comunicazione elettronica di prevedere per i contratti stipulati una cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione dei servizi su base mensile o di multipli del mese”. Obbligo che entra in vigore a partire dal 5 aprile 2018 sia per la fatturazione della telefonia fissa che di quella mobile.

Fastweb, Tim, Vodafone e Wind Tre hanno, infatti, comunicato quasi contestualmente ai propri clienti che, in ottemperanza al suddetto obbligo, la fatturazione delle offerte e dei servizi sarebbe stata effettuata su base mensile e non più di quattro settimane e di voler attuare di conseguenza una variazione in aumento del canone mensile per distribuire la spesa annuale complessiva su 12 mesi, anziché 13″ si legge nella nota dell’Agcm.

Il coordinamento tra Tim, Vodafone, Fastweb e Wind Tre, che al momento è solo un sospetto, “sarebbe finalizzato a preservare l’aumento dei prezzi delle tariffe determinato dalla iniziale modifica della periodicità del rinnovo delle offerte (da mensile a quattro settimane), e a restringere al contempo la possibilità dei clienti-consumatori di beneficiare del corretto confronto concorrenziale tra operatori in sede di esercizio del diritto di recesso – si legge nel documento dell’Antitrust – Per raggiungere tale finalità, i quattro operatori avrebbero concertato la variazione delle condizioni contrattuali comunicate ai propri clienti in ottemperanza agli obblighi normativi” osserva.

Il sospetto su cui l’Antitrust sta indagando riguarda dunque i possibili accordi presi dopo lo stop alle bollette a 28 giorni. Ma non si può escludere che l’accordo tra gli operatori possa essere a più largo raggio, e soprattutto più duraturo, tanto da essere stato avviato proprio nella fase precedente. Insomma, è possibile che venga accertato anche l’accordo per avviare la tariffa a 28 giorni “contemporaneamente”.

L’associazione degli operatori, Asstel, che ritiene di essere estranea a qualunque pratica anticoncorrenziale, ha assicurato che sta prestando la massima collaborazione alle autorità.

E anche le compagnie telefoniche interessate, la Tim, la Wind Tre e la Fastweb, hanno assicurato di aver fornito la loro collaborazione alle autorità, oltre ad escludere qualsiasi ipotesi di accordo tra operatori.

In più, Fastweb segnala che “Agcom ha segnalato ad Agcm già nel 2015 una possibile intesa tra i principali operatori, Tim, Vodafone e Wind, che nel giro di poche settimane avevano introdotto gli stessi aumenti e con le stesse modalità. L’Agcm all’epoca – si legge nella nota – non rilevò alcuna criticità. Come comunicato alla stessa Agcm a febbraio 2017, Fastweb si è trovata a doversi adeguare, due anni dopo, a quello che era diventato ormai uno standard di mercato, anche alla luce del sostanziale assenso da parte delle Autorità competenti alle manovre degli altri operatori”, conclude Fastweb.

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