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Brexit, il Parlamento Uk vota per chiedere alla Ue di rimandare il divorzio

Brexit, il Parlamento Uk vota per chiedere alla Ue di rimandare il divorzio

14 Marzo 2019 0 Di Pietro Nigro

Questa volta il Parlamento del Regno Unito vota per chiedere all’Ue il rinvio della Brexit e guadagnare tempo. La prossima settimana nuovo voto sull’accordo già bocciato martedì.

Brexit, il Parlamento Ue vota per il rinvio

Brexit, nuova puntata del lungo processo che dovrebbe portare al divorzio tra il Regno Unito e l’Unione europea. Martedì il Parlamento ha votato contro l’accordo di Brexit, ieri ha votato il no all’uscita senza accordo. Ed oggi, ha votato no al secondo referendum e ha votato sì alla risoluzione che impegna il Governo di Theresa May a chiedere a Bruxelles un rinvio dell’uscita prevista il prossimo 29 marzo. Il referendum bis è stato bocciato con 85 voti favorevoli e 334 contrari, il voto per prorogare l’applicazione dell’articolo 50 si è chiuso con 412 voti a favore e 202 contrari.

Con il primo voto di oggi è stato bocciato l’emendamento presentato dalla deputata Sarah Wollaston, uscita dai Tories e confluita nel nuovo gruppo degli Indipendenti, in cui siedono anche ex Laburisti, e sostenuto anche da alcuni conservatori europeisti e dai Liberaldemocratici. Il testo bocciato chiedeva il rinvio dell’uscita dall’Ue per il tempo sufficiente ad indire un secondo referendum sulla Brexit. Al momento del voto, solo pochi deputati dell’opposizione lo hanno votato, e perfino i Laburisti e i sostenitori del “People’s Vote” si sono astenuti perché “non è ancora il momento giusto per un voto del genere”.

Bocciato anche, con un margine ristretto di 314 voti contro 311, un altro emendamento che chiedeva il rinvio dell’uscita dall’Ue e affidava al Parlamento il compito “trovare una strada che possa assicurarsi il sostegno della maggioranza”.

Con il terzo voto, infine, si è approvato il rinvio della Brexit, che prevede di fatto due ipotesi. Il Parlamento voterà di nuovo la settimana prossima per la terza volta, l’accordo di divorzio già concordato dalla May con Bruxelles.

 

La prossima settimana la May torna in Parlamento per la terza volta

La mozione presentata dal governo prevede che se il testo sarà approvato entro il 20 marzo, allora il Governo chiederà a Bruxelles un rinvio “breve”, fino al 30 giugno; giusto il tempo di mettere a punto le leggi che serviranno a ordinare l’uscita dalla Ue.

In caso contrario, se cioé la bozza di accordo non sarà approvata dal Parlamento, allora “è altamente probabile” che il Consiglio europeo chieda “un chiaro obiettivo” per il rinvio, anche per determinarne l’estensione. In questo caso, tra l’altro, se la Brexit viene rinviata oltre giugno si deve decidere anche se il Regno Unito deve partecipare o meno alle elezioni europee previste nei vari paesi a fine maggio.

Il voto della prossima settimana nel Parlamento britannico, il terzo sulla Brexit, sarà, dunque, sulla seconda bozza di accordo che la May ha discusso on l’Unione europea e che è stata bocciata martedì scorso.

A questo punto, la battaglia politica torna dunque in Aula con nuove motivazioni ed implicazioni. Il tempo per votare, infatti, stringe, e anche lo stesso rinvio, lungo o breve, presenta diversi rischi.

La May, in particolare, spera che il suo accordo venga votato ed approvato anche da chi lo ha finora ostacolato, a cominciare dagli Antieuropeisti del suo partito, perché in caso di rinvio eccessivo si rischia anche che la Brexit possa essere di fatto annacquata o addirittura che la Gran Bretagna possa rimanere imprigionata in una uscita impossibile.

Contemporaneamente, la May e i suoi stanno lavorando ad una altrettanto difficiel trattativa per convincere gli altri alleati, il gruppo Unionisti Democratici, il piccolo partito nordirlandese che sostiene il suo governo di minoranza e il cui leader Arlene Foster ha assicurato che il suo partito sta collaborando con il governo per cercare di trovare un nuovo accordo per il Brexit deal.

E tutti i ministri del Gabinetto May stanno moltiplicando gli sforzi per convincere quanti più Parlamentari possibile e ottenere il tanto agognato sì all’accordo anche da parte di chi ritiene che sia un divorzio troppo “blando”.

Il rinvio della Brexit dovrà essere approvato dai 27 partner europei

A quel punto, dunque, la palla passa a Bruxelles, e in particolare al Consiglio europeo, dove siedono i rappresentanti di tutti i 27 governi dei Paesi membri che dovrebbero trovare un “accordo unanime” per accogliere la richiesta, come ha già spiegato un portavoce della Commissione europea.  “Spetterà infatti ai governi degli Stati membri di prendere in considerazione tale richiesta, dando priorità alla necessità di assicurare il funzionamento delle istituzioni dell’Ue e tenendo conto delle ragioni e della durata di una possibile estensione – ha speigato il portavoce, sottolineando che il presidente della commissione Jean-Claude Junckerè in costante contatto con tutti i leader”. E se il Parlamento votasse entro il 20 marzo, allora la richiesta di rinvio sarebbe esaminata e decisa già in occasione del vertice dei capi di governo di Bruxelles del 21 e 22 marzo”.

Dal canto suo, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha già assicurato il suo impegno per far approvare al Consiglio europeo un rimando di un anno della Brexit.

“Chiederò all’UE27 (i membri rimanenti) di essere aperti alla proposta di un lungo rinvio – ha detto – se il Regno Unito ritiene necessario ripensare la sua strategia e cercare nuovi consensi”.

Contraria, invece, la Francia, secondo cui anche solo il rinvio per un breve periodo della Brexit semplicemente per discutere l’accordo esistente di maggio era “fuori questione”.

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