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Brexit, la May va di nuovo a sbattere contro il Parlamento: il caos si avvicina

Brexit, la May va di nuovo a sbattere contro il Parlamento: il caos si avvicina

13 Marzo 2019 1 Di Pietro Nigro

Ancora una sconfitta della May: il Parlamento boccia anche il secondo progetto di divorzio da Bruxelles e chiude la Gran Bretagna nell’angolo: o Brexit senza regole o un rinvio last minute.

Brexit, seconda sconfitta per la May: il Parlamento boccia ancora le sue proposte

E’ una Theresa May senza voce e sfiancata da una lunga e difficilissima nottata di trattative con l’Ue quella che incassa la seconda – umiliante – sconfitta sulla Brexit: anche ieri il Parlamento britannico ha votato contro la bozza di accordo proposta dal Primo ministro. Ma il tempo della Brexit si avvicina e non restano più molte alternative: a questo punto o si vota una No Deal Brexit, insomma un divorzio senza regole e con un probabilissimo caos, o si tenta il tutto per tutto per un rinvio dell’ultimo minuto.

Nel tardo pomeriggio di ieri, dunque, il Parlamento ha votato contro la proposta May. Ed è la seconda volta, dopo quella del 15 gennaio, che il Piano May per la Brexit, cioé quel reticolo di norme concordate con l’Unione europea per regolamentare il divorzio tra Londra e Bruxelles, viene bocciato. Per la precisione, 391 parlamentari hanno votato contro e “solamente “242” esponenti della maggioranza hanno votato a favore.

Insomma, non siamo al record negativo di gennaio, quando la May ottenne solo 230 voti, ma comunque è chiaro che anche stavolta, a massacrare la premier sono stati sia i nemici che parecchi “amici”.

A votare contro, infatti, tutto o quasi il fronte Labour, 238 voti, i 35 deputati dello Scottish National Party, gli 11 Liberal democratici, i 10 del Dup, i 4 deputati gallesi del Plaid Cymru e 1 deputato dei Verdi.

Ma anche un bel po’ – 75 per la precisione – di conservatori euroscettici ad oltranza, quelli che credono che la Brexit concordata dalla May con Bruxelles non sia abbastanza “netta”, nonché i dieci alleati nord irlandesi del Democratic Unionist Party.

A favore della May hanno votato invece solo 235 deputati Tories, insieme a 4 indipendenti e 3 laburisti “ribelli”.

A questo punto, per mercoledì pomeriggio alle 19 è previsto il prossimo atto, il voto del Parlamento sull’alternativa, l’uscita dall’Europa “senza accordo”, con tutti i rischi che ne conseguono. Se si vota per l’uscita dall’Europa “senza accordo”, salta anche la transizione ipotizzata fino al 2020, e tutti fanno un salto nel buio.

Se anche questa ipotesi venisse invece bocciata, si tornerebbe a votare giovedì, questa volta per autorizzare il governo May a chiedere all’Ue una proroga all’articolo 50 per rinviare la Brexit e ricominciare le trattative, nonché per decidere se toccherà al governo o al Parlamento stabilire quanto tempo chiedere a Bruxelles, se arrivare o meno alle elezioni europee di maggio.

Insomma, un complicato voto incrociato sulle varie ipotesi, a cui forse nemmeno la May bada più di tanto. Dopo il voto di oggi, infatti, la premier ha chiarito all’aula i termini del prossimo voto, ma nemmeno ha tentato di chiedere apertamente il voto ai deputati, si è limitata a dire pochissime parole. “Che sia chiaro: votare contro la Brexit senza regole, e chiedere un rinvio a Bruxelles non risolve i problemi che dobbiamo affrontare”.

Da Bruxelles, peraltro, già si fa trapelare la voce che riprendere trattative, che già sono durate inutilmente per oltre due anni e mezzo, proprio non si può.

Per ora, solo un portavoce del Presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, ha fatto sapere che a questo punto la Gran Bretagna, per poter ancora chiedere altro tempo, dovrebbe proporre ben credibili argomentazioni.

Invece, secondo il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, non c’è margine per prevedere un terzo atto. “Non ci sarà una terza possibilità – ha detto – Se le votazioni di domani non danno esito, non ci saranno ulteriori interpretazioni delle interpretazioni, nessuna ulteriore garanzia delle rassicurazioni“.

Il Regno Unito è entrato in una terra incognita, e il rischio caos si fa sempre più concreto

Persa anche l’ultima occasione per “concordare con Bruxelles” quel quadro di regole necessarie ad affrontare le mille conseguenze della Brexit, il Regno Unito si appresta a fine mese ad avventurarsi in una “Terra incognita” di cui nessuno conosce la portata: perché dal 30 marzo in poi, nessuno saprà cosa fare, non solo in campo monetario, dove c’è comunque da rapportare la sterlina all’euro, ma in tutti gli altri ambiti del movimento delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali tra l’Ue e il Regno Unito.

Così, tanto per citare a caso, le regole per i passaggi di frontiera di britannici e cittadini Ue, per il loro soggiorno o trasferimento per lavoro, per i trasporti di approviggionamenti da e soprattutto verso il Regno Unito, i pagamenti e i trasferimenti finanziari, e mille altre questioni.

Per non parlare delle conseguenze che il Regno Unito subirà quando si ritroverà quasi come una enclave schiacciata tra l’Irlanda a nord e il resto d’Europa a sud, mentre quella tra Irlanda del nord e Repubblica d’Irlanda sarà l’unica frontiera terrestre che dovrebbe essere ripristinata.

Insomma, un rischio caos talmente alto, e pericoloso perchè nemmeno si immagina chi potrebbe essere indotto in tentazione e tentare qualche colpo ad effetto, che già da tempo tutte le forze di sicurezza e le forze armate britanniche hanno sospeso licenze e permessi del personale fino a maggio.

A meno che la povera Theresa May non riesca a guadagnare un pochino di tempo e a strappare da Bruxelles un rinvio last minute, un ritardo della Brexit almeno di qualche mese, per preparare e discutere un nuovo “deal” da portare in Parlamento a maggio. Cosa che peròà Bruxelles sembra voler escludere.

Sempre che, nel frattempo, invece, la premier non molli, rassegnando le dimissioni invocate anche ieri dai Laburisti di Corbyn, e portando il Paese a nuove elezioni, o qualcuno non metta in moto il meccanismo per arrivare a un nuovo referendum sulla Brexit.

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