Consip, oggi si vota la sfiducia a Lotti: giornata di festa per i garantisti
15 Marzo 2017Si vota oggi alla Camera la sfiducia al sottosegretario Luca Lotti richiesta dal M5s. E si avvicinano le tre scadenze elettorali che saranno il banco di prova del Pd.
Consip, si vota la sfiducia a Lotti
Affaire Consip, oggi è il giorno della sfiducia del M5s al ministro dello sport Luca Lotti, indagato per avere informato della presenza di microspie nell’ufficio dell’amministratore delegato della Centrale di pubblici acquisti e servizi, Luigi Marroni.
Sarà un’altra giornata di festa e di trionfo per i garantisti del Parlamento con qualche peccatuccio da farsi perdonare. Brinderanno al principio costituzionale, secondo il quale si è innocenti fino al terzo grado di giudizio, pregiudicati, bancarottieri condannati in primo grado, rinviati a giudizio, indagati a vario titolo. Una insalata difficilmente digeribile per palati etici.
Intanto, il “sentiment” (termine in voga per indicare tendenze politiche o culturali) degli italiani non lascia adito a dubbi: i prossimi appuntamenti con le urne – in maniera diretta o indiretta – sanciranno il tramonto di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi, avversari sulla scena e amici e complici dietro le quinte di un palcoscenico sul quale da anni è rappresentata la stessa e ormai logora commedia.
Una eterna commedia nella quale la confusione dei ruoli è indispensabile per creare disorientamento negli spettatori-elettori.
Prendete ad esempio il gioco equivoco del neonato Mdp (bersaniani e dalemani) sul caso-Lotti: non voteranno la sfiducia presentata dal M5s ma presenteranno una mozione che punta ad avere lo stesso effetto.
Per non dire del rimpallo sulla paternità dei voucher tra renziani ed ex sinistra Pd.
E sorvolando sul fatto che ancora una volta si punta allo spreco di denaro pubblico pur di evitare l’election day Referendum-Amministrative in seguito al quale i quesiti sul Jobs Act potrebbero raggiungere agevolmente il quorum. Pericolo da scongiurare a tutti i costi per il governo Gentiloni di emanazione renziana.
Un film già visto in occasione dell’interrogativo referendario sulle trivelle. Senza dire della puzza al naso dei vertici e degli elettori pentastellati che – di fronte alla possibilità di “scassare” Renzi nelle urne delle Primarie Pd – fanno gli schifiltosi e pensano di rinunciare all’impresa.
Episodi e comportamenti che accadono quando le questioni di bottega e le furbizie prendono il sopravvento sulla politica che dovrebbe essere al servizio dei cittadini.
Elezioni, la posta è altissima
Detto ciò, sondaggi alla mano, un fatto sembra abbastanza scontato in vista degli appuntamenti elettorali della primavera ormai alle porte.
Il fatto è questo: la posta in palio è altissima pur non trattandosi di elezioni politiche. Non a caso tutti convengono nel ritenere che queste chiamate alle urne possano avere un effetto dirompente sugli attuali equilibri della politica italiana.
Sono tre mine, insomma, le Primarie del Pd che – per dettato dello stesso partito – non sono un affare strettamente privato della gente del Nazareno; il Referendum sul Jobs Act e le Amministrative.
La stagione dei fiori di pucciniana memoria appare, dunque, come banco di prova del grado del livello di sopportazione a cui sono arrivati i cittadini comuni dello Stivale. Banco di prova sul quale passeranno i tre appuntamenti elettorali. Dalle risposte ai test che daranno gli italiani dipenderanno i futuri rapporti di forza politici.
In questo contesto di un fatto sono consapevoli quelli del NO e quanti affermano di non farcela più a sostenere l’attuale stato di cose.
Questo: i tre appuntamenti con le urne dovrebbero trasformarsi in altrettanti referendum anti Renzi e anti Pd.
Soltanto così potrebbero tentare di voltar pagina prima delle elezioni politiche quanti sono ridotti economicamente in ginocchio e con figli e nipoti senza futuro.
Ridotti male grazie a Silvio Berlusconi e a Matteo Renzi. Ovviamente passando per l’Euro, per Romano Prodi, Massimo D’Alema, Giuliano Amato, Mario Monti e Enrico Letta…
Inutile dire che i portafogli a secco dei milioni di nuovi e antichi poveri sono la nefasta conseguenza della rivoluzione culturale dei ceti dominanti, una rivoluzione figlia della globalizzazione dei profitti e della negazione dei diritti. E in Italia figlia anche della sovrapposizione del modello oscurantista marchionniano su quello illuminista olivettiano.