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Crisi di governo, camere in pausa: e si ferma anche la legge di delegazione europea

Crisi di governo, camere in pausa: e si ferma anche la legge di delegazione europea

29 Gennaio 2021 0 Di Tommaso Corno

Parlamento fermo per la crisi di governo, sospesa la legge di delegazione europea per il recepimento delle direttive UE; si rischia la procedura di infrazione.

Con la crisi di governo si ferma il Parlamento

Lavori sospesi al Parlamento italiano a seguito delle dimissioni di Giuseppe Conte: i capigruppo hanno deciso di convocare le Camere a domicilio, portando ad un brusco alt le procedure legislative. Dall’inizio della crisi di governo le Camere sono state dunque fermate, e ai parlamentari è stato comunicato di attendere una convocazione in caso di urgenza. Unica eccezione,  le commissioni che si occupano di Recovery Plan, segno che la pressione per completare il piano di ripresa inizia a farsi sentire.

Non sembra invece destare preoccupazione il fatto che, con la sospensione delle procedure legislative, non si sia portato a termine il lavoro sulla legge di delegazione europea – volta al recepimento delle direttive europee nonché all’adattamento legislativo ai regolamenti comunitari – che era stata trasmessa con emendamenti dal Senato ad ottobre e la quale votazione alla Camera era prevista per il 26 gennaio.

Eppure sono ben cinquantasette i provvedimenti comunitari che il disegno di legge, al netto di eventuali emendamenti, andrebbe a recepire. Trentotto di questi sono direttive, che devono essere trascritte in legge entro i termini prestabiliti. Ed è in relazione a queste scadenze che la sospensione dei lavori porta con sé dei problemi: l’Italia è già in ritardo sul recepimento di sette direttive, una delle quali – sul tema dell’armonizzazione delle regole sull’IVA – è già costata al nostro Paese l’apertura di una procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea.

Legge di delegazione europea: gli emendamenti allungano l’iter

Se non si dovesse trovare un accordo per il governo nei prossimi giorni, o se alla fine del tunnel ci fosse solamente l’opzione di tornare alle urne, i problemi sono destinati ad  aumentare esponenzialmente. Da qui a maggio scattano i termini per il recepimento di altre tre direttive, e l’attuale impossibilità di portare avanti il processo legislativo rende altamente probabile che anche questi termini non vengano rispettati. Una tabella di marcia con tempi serratissimi, che però non sembra essere prioritaria: se veramente fosse questo il caso, la Camera si sarebbe riunita in via straordinaria nel giorno delle dimissioni di Conte.

Bisogna poi considerare gli emendamenti presentati che rimangono in attesa di voto e che se approvati allungherebbero ulteriormente l’iter, con un ritorno del disegno di legge al Senato per l’approvazione.

Un fattore non indifferente, dato che di lavoro arretrato il Senato ne ha in abbondanza: i tempi per la conferma e la successiva conversione del disegno in legge, in caso di emendamenti alla Camera, saranno lunghi.

Per quanto sia vero che la scelta più semplice sembra il respingimento degli emendamenti, applicare questa scelta alla realtà dei fatti non è altrettanto semplice. Tre degli emendamenti, presentati dai deputati Costa (Azione) e Magi (+Europa), includerebbero il recepimento della direttiva 2016/343 sul rafforzamento della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei processi penali, che era stata inizialmente recepita nel 2018 (in coincidenza con il termine relativo alla stessa) ma mai legalmente implementata.

Presunzione di innocenza, possibile insidia per il futuro Conte-ter

La discussione di questi emendamenti porta con sé uno scontro non indifferente, che potrebbe rappresentare un’insidia per un eventuale Conte-ter: l’approccio giustizialista del MoVimento 5 Stelle è in diretto contrasto con lo scopo della direttiva e con gli assetti ideologici di molti partiti, fra i quali il PD.

L’eventuale approvazione degli emendamenti Costa-Magi alla legge di delegazione europea sarebbe da questo punto di vista equiparabile ad un voto contrario alla relazione del ministro Bonafede (che si sarebbe dovuta discutere ieri alla Camera), in quanto rappresenterebbe una sconfitta pesante per qualunque governo inclusivo del partito pentastellato.

L’attuale sospensione del Parlamento priva l’Italia di una possibilità importante di comprendere se ci siano effettivamente i numeri per una nuova maggioranza a supporto di Conte alla Camera – per quanto riguarda la disponibilità del PD a sacrificare i propri ideali e tenere in vita il falso ideologico di un governo con a capo Conte.

Na anche al Senato, dove il neonato gruppo degli “europeisti” si troverebbe di fronte ad un dilemma se gli emendamenti dovessero venire approvati: supportare la linea del governo tradendo la propria definizione europeista o far perdere numeri al governo a favore della volontà comunitaria?

L’unica cosa sicura è che lo stato in cui versa il Paese – con un esecutivo uscente ed un Parlamento fermo – non giova a nessuno.

Lo stallo sulla legge di delegazione europea ne è la prova: di fronte ad una procedura di infrazione e all’incombenza di svariate scadenze per il recepimento delle direttive europee, conformarsi a questi requisiti non figura tra le nostre priorità.

Tutto è fermo nel meccanismo delle istituzioni, tranne il lavoro su un Recovery Plan che si è lungi dal portare a termine.

Stiamo perdendo tempo prezioso, e se non si dovesse trovare un’intesa di governo – che come requisito minimo abbia almeno una parvenza di stabilita e non imploda al primo contrasto ideologico – il Paese ne subirà le conseguenze. Nel momento più delicato della nostra storia Repubblicana ci troviamo ancora una volta politicamente fermi, incapaci ed inconsapevoli.

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