
Donatello, il Rinascimento: a Firenze la mostra sul maestro dei maestri
17 Marzo 2022 0 Di Katia F. MazzaIl capoluogo toscano rende omaggio a Donatello, l’artista che ha contributo a perpetuarne la gloria.
Manca ormai poco all’inaugurazione della mostra Donatello, il Rinascimento che sarà ospitata nelle sedi di Palazzo Strozzi e del Museo Nazionale del Bargello a Firenze. Molti i particolari tuttora avvolti da un velo di mistero. Si sa che in esposizione andranno circa 130 opere fra sculture, bassorilievi, statuette devozionali, crocifissi in legno.
È noto inoltre che numerose e prestigiose istituzioni culturali, anche straniere, hanno inteso contribuire con i loro prestiti alla realizzazione dell’evento. Fra queste il Met (Metropolitan Museum of Art) di New York, il Kunsthistorisches Museum di Vienna e il Louvre di Parigi. Considerati i presupposti, parrebbe non esserci promessa che questa esposizione non possa mantenere.
Donatello, il “maestro dei maestri”
Ma tanto chiara è la fama dell’artista quanto oscuri restano alcuni tratti della sua storia, con particolare riferimento all’infanzia e alla prima giovinezza. Dato per certo è che Niccolò di Betto Bardi nasca a Firenze. Incerta la data, probabilmente il 1386.
Secondo alcune fonti suo padre, di mestiere cardatore, fu bandito dalla città per aver partecipato al Tumulto dei Ciompi, la celebre rivolta popolare dell’Italia medievale che vide come protagonisti proprio i cardatori (insieme a farsettai e tintori) decisi a rivendicare il diritto di riunirsi in un sindacato (Arte) per poter prendere parte al governo della Città.
Non unanime poi la ricostruzione dei suoi esordi. Si ha documentazione di una esperienza nell’oreficeria, presso la bottega di Lorenzo Ghiberti, cui fa seguito un lungo ed eclettico percorso nell’arte della scultura.
Marmo, bronzo, stucco, terracotta, legno. E altro ancora. Donatello è avido di materiali, tenta continui esperimenti. Ne sono dimostrazione il Leone del Marzocco (1418) e il San Ludovico di Tolosa (1422-1425), prima delle sue sculture in bronzo. Lavoro inizialmente non fortunato, definito addirittura “goffo”, che però ha il pregio di rappresentare, e sotto vari aspetti, la volontà di ricerca tecnico-espressiva che muove e accompagna il cammino dell’artista.
Nel San Ludovico, che sarà fra le opere in mostra, Donatello prova la fusione a cera persa su una scultura di grandi dimensioni e ricorre all’amalgama di mercurio con l’obiettivo di creare una doratura che possa resistere all’azione degli agenti atmosferici.
David: il Donatello per antonomasia
Sempre in bronzo è l’opera che si potrebbe definire il Donatello per antonomasia, sicuramente quella che nell’immaginario collettivo si suole abbinare di primo acchito al nome dell’artista. Si tratta del David: una scultura realizzata con ogni probabilità attorno al 1440, alta poco meno di 160 centimetri e
“tanto naturale nella vivacità e nella morbidezza che impossibile pare agli artefici che ella non si sia formata sopra il vivo” (Vasari, Vite 1568).
Vestito solo di elmo e calzari, in mano una pesante spada, il giovane osserva, lo sguardo rivolto verso il basso, la testa recisa del gigante Golia che sovrasta con un piede. Donatello si è già cimentato in precedenza nella rappresentazione dell’eroe biblico simbolo della Repubblica fiorentina. Esiste infatti anche un David di marmo – entrambe le opere sono nella collezione del Museo Nazionale del Bargello – databile fra il 1408 e il 1409.
In bronzo è anche il Monumento equestre del Gattamelata, pseudonimo di Erasmo da Narni: celebre condottiero che ricoprì, fra gli altri, il ruolo di capitano generale della Repubblica veneziana. Donatello lo realizza durante il decennale soggiorno nella città di Padova (1443-1453) dove Erasmo era morto proprio nel 1443. L’ opera si trova nel Sagrato della basilica del Santo, in quella che era un’ antica area cimiteriale.
Evidenti le suggestioni classiche: largamente riconosciuto, ad esempio, il riferimento al monumento equestre dedicato all’imperatore romano Marco Aurelio (161-180 d.C.). È interessante ricordare che anche in questa occasione l’artista utilizza la fusione a cera persa: tecnica, come già ricordato, adottata inizialmente per il San Ludovico di Tolosa.
Gli anni della maturità
Alla vis del David e alla pur stanca fierezza del Gattamelata si contrappongono lavori della maturità quali il San Giovanni Battista del Duomo di Siena e la Maddalena Penitente (1453-1455): scultura in legno di pioppo bianco miracolosamente scampata all’alluvione del 1966 e oggi nella collezione del Museo dell’Opera del Duomo di Firenze. Un’opera di rara intensità che lascia lo spettatore quasi privo di difese: lunghi capelli a ricoprire le carni avvizzite, il corpo immiserito dagli stenti e, fra i solchi profondi del viso, lo strazio dell’anima.
Degli stessi anni è il gruppo scultoreo Giuditta e Oloferne, capolavoro assoluto della vecchiaia. Si ricordano, non ultimi, I pulpiti della passione e della resurrezione della basilica di San Lorenzo in Firenze che l’artista non poté vedere terminati.
Lo scultore che ha messo in croce un contadino
Su Donatello tanto ancora ci sarebbe da dire. E la mostra di Firenze, aperta al pubblico dal 19 marzo al 31 luglio, sarà un’occasione privilegiata per conoscere o approfondire il suo percorso umano e artistico, messo a confronto con quello di grandi maestri quali Masaccio, Brunelleschi, Mantegna.
Ma se è difficile restituire in poche righe la complessità della sua opera, un aneddoto, fra tutti, ne chiarisce forse la natura più profonda. Narra il Vasari che terminato il crocifisso per la basilica di Santa Croce – un altro dei pezzi in mostra – Donatello decise di sottoporlo al giudizio di Filippo Brunelleschi e lui, vedendolo, disse che “gli pareva avesse messo in croce un contadino“. Ben diversa, infatti, la figura in questione rispetto alle rappresentazioni idealizzate e raffinate della Passione di Gesù Cristo.
Un uomo reale, un dolore reale e la prodigiosa capacità di far straordinaria, per mano dell’arte, la verità della vita.