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Festa del Cinema 13: If Beale Street Could Talk, l’ultimo lavoro di Barry Jenkins

Festa del Cinema 13: If Beale Street Could Talk, l’ultimo lavoro di Barry Jenkins

24 Ottobre 2018 0 Di Francesca Pierpaoli

Il nuovo lavoro di Barry Jenkins, premio Oscar nel 2016 per Moonlight, è una trasposizione cinematografica del celebre romanzo If Beale Street Could TalkSe la strada potesse parlare, di James Baldwin.

If Beale Street could talk, il film di Jenkins alla Festa del Cinema di Roma

La regia di Jenkins è, come nel suo stile, carica di raffinatezza, di tocchi delicati e sapienti che rendono le atmosfere sempre calde ed avvolgenti. E’ una storia di amore, prima di tutto, ma con un fortissima connotazione sociale. Perché le vicende dei due protagonisti saranno indelebilmente segnate dai pregiudizi e dalla discriminazione che negli USA vengono spesso denunciati dalle comunità afroamericane.

Beale Street è una strada di New Orleans, dove sono nati mio padre, Louis Armstrong e il jazz.

Ogni afroamericano è nato in Beale Street.

Beale Street è la nostra eredità.
James Baldwin

Siamo ad Harlem, negli anni 70. Il film narra la storia di Clementine Rivers, detta Tish (KiKi Layne) e di Alonzo Hunt, detto Fonny (Stephan James), due ragazzi giovani e innamorati, lei di 19 anni e lui di 22.

Tish e Fonny sono cresciuti insieme, giorno dopo giorno, come migliori amici. Con il passare degli anni è però germogliato nel cuore dei due ragazzi un amore forte e sincero, sbocciato insieme ai loro corpi. Vanno ben presto a vivere insieme in uno scantinato e si mettono alla ricerca di una casa, impresa resa ardua, ovviamente, dal colore della loro pelle.

If Beale Street could talkUn giorno tutto crolla quando una donna portoricana viene violentata e sostiene di aver riconosciuto Fonny come autore dello stupro, durante un confronto.

Pur avendo egli un alibi di ferro, viene tratto in prigione e abbandondato dalla famiglia, dominata da una madre bigotta e ottusa.

Sarà la famiglia di Tish, che ne frattempo scopre di essere incinta, a farsi carico di provare l’innocenza del ragazzo, a ogni costo e con ogni mezzo, fino ad andare a Portorico, dove la vittima si era rifiugiata, per convincerla a ritrattare.

Il film, dunque si snoda lungo un doppio binario. Da un lato la purezza del sentimento che unisce Tish e Sonny, che niente riesce a scalfire. Dall’altro l’odio razziale che determina le vicende e il destino dei due ragazzi, e che emerge con prepotenza nel romanzo di Baldwin.Interessante è anche l’uso dei colori che Jenkins fa: mentre in Moonlight aveva usato colori freddi che rimandavano alla malinconia, alla profondità e all’empatia, in questo film sceglie colori caldi, morbidi, che illuminano la scena e rappresentano l’amore (il rosso), la speranza (il verde), il giallo (la nascita). La storia oscilla tra flashback, flashforward e moments of being, come in passato, anche se qui la scelta non è funzionale alla crescita identitaria del protagonista. Dunque, seppure certi spunti sono buoni, in generale la pellicola appare a volte scontata, prevedibile e un po’ lenta.

 

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