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I conti della serva in nome del Popolo italiano

I conti della serva in nome del Popolo italiano

07 Febbraio 2016 0 Di Andrea Fontana

Presentando il libro I mille morti di Palermo di Antonio Calabrò sull’inserto domenicale del Sole24ore, Enrico Deaglio mette in evidenza un aspetto significativo che, purtroppo, non sembra molto cambiato.

In nome del popolo italiano

 

 

La Banca d’Italia fece finta di non vedere il flusso finanziario originato dalla droga, né la stranezza della più povera provincia italiana, quella di Trapani, che vantava depositi per 1.500 miliardi di lire. Ma così era l’Italia allora: spensierata nei suoi anni Ottanta”.

L’affermato giornalista conclude l’articolo con questa domanda:

L’incredibile storia che abbiamo appena finito di leggere rimanda a tempi antichi, di quando c’erano la lira, la Democrazia Cristiana e il Senato non era messo in discussione. Ma com’è, allora, che la sentiamo così attuale?”.

Circa un mese fa, in occasione della messa in onda su La7 delle prime due puntate dello speciale “1992″, ho cercato di stimolare un dibattito sull’argomento. Ve lo ripropongo di seguito, l’articolo di Deaglio, invece, lo trovate qui.

 

I conti della serva in nome del Popolo italiano

Considerazioni a margine dello speciale di Enrico Mentana sul “1992” trasmesso da La7 venerdì 8 gennaio 2016 (tempo di lettura 5 minuti).

Nel 1992 abbiamo indubbiamente perso una grande occasione per avviare una rivoluzione civile e democratica che ci avrebbe consentito di diventare un esempio non soltanto in Europa. Ci siamo sbarazzati di una Prima repubblica indecorosa per avviarne una seconda sotto molti aspetti ancora peggiore e, nella migliore delle ipotesi, fotocopia dello sciagurato Caf (Craxi, Andreotti, Forlani).

A quasi 25 anni di distanza ne hanno discusso su La7 Bobo Craxi, figlio dell’ex premier del partito socialista e alcuni dei protagonisti di quella stagione come Antonio Di Pietro, il pm che avviò l’inchiesta mani pulite, Giorgio Gori, allora direttore di Canale 5 e oggi sindaco pidiessino di Bergamo, Vittorio Feltri, all’epoca direttore dell’Indipendente ed Enrico Mentana che dirigeva il TG5.

Il dibattito seguito alle prime due puntate della fiction 1992, quella realizzata da Sky un paio di stagioni fa, che ha offerto lo spunto all’ennesimo speciale di Mentana è stato, a tratti, sconcertante. Che Bobo Craxi non abbia lo spessore del padre lo considero un dato acquisito e giustifico con l’indiscutibile coinvolgimento emotivo alcune farneticazioni per giustificare l’ingiustificabile.

Quello che mi ha più colpito è l’atteggiamento del conduttore Mentana, che più di chiunque altro dovrebbe conoscere alcuni retroscena, essendo nota sua vicinanza con l’ex leader del PSI, che prima lo ha voluto al TG2 e, probabilmente, ne ha caldeggiato il passaggio alla rete ammiraglia di Silvio Berlusconi.

Durante la trasmissione sono stati posti due quesiti: perché l’inchiesta del pool mani pulite è riuscita a scardinare tutti i partiti dell’arco costituzionale, ma ha soltanto scalfito l’ex partito comunista? Come mai l’ex Pci, diventato nel frattempo Pds, non ne ha ricavato un vantaggio politico e ha spalancato le porte al ventennio in politica di Silvio Berlusconi?

Non sono domande difficili alle quali rispondere, eppure su nessuna delle due si è fatta chiarezza. Partiamo dalla seconda. L’ascesa dell’imprenditore Silvio Berlusconi ha avuto due padrini: Craxi e Andreotti. Tra la fine degli Anni ‘70 e i primi Anni ‘80 è cambiato il sistema radiotelevisivo italiano e sono state votate leggi e decreti che hanno consentito a Silvio Berlusconi, a lui soltanto, di fondare un impero. In tutte le votazioni che riguardavano i nuovi assetti di frequenze e concessioni, stranamente, Craxi e Andreotti non hanno mai fatto mancare il loro voto, anche se erano soliti disertare spesso le aule di Montecitorio.

Un caso curioso che non sfuggì al mio primo direttore, Antonio Risolo, ma che molti colleghi più illustri sembrano non aver notato. Una risposta possibile è, quindi, che la discesa in campo del cavaliere, mascherata con la necessità di portare una ventata d’aria nuova nella classe politica dirigente italiana, era in realtà figlia prediletta di quella Prima repubblica da demonizzare pubblicamente e copiare nelle azioni. Lo sostengo dal 1994 e continuo a esserne convinto.

Un quarto di secolo fa era molto più complesso rispondere alla prima domanda. La storia recente però ci viene in soccorso. Chi è stato il politico più influente degli ultimi anni se non l’ex presidente della Repubblica, unico della storia a essere rieletto? Napolitano. Quello stesso Giorgio Napolitano sbeffeggiato da Bettino Craxi durante la famosa deposizione al tribunale di Monza davanti a Di Pietro.

Sono convinto che più dell’abilità di D’Alema e Occhetto, siano stati il potere e l’influenza di Giorgio Napolitano a evitare che anche i vertici del Pci/Pds finissero travolti da Tangentopoli.

Condividendo la teoria di Vittorio Feltri che a fare i “conti della serva” non si sbagli quasi mai, credo si possa riassumere la questione anche così:

  • durante la Prima repubblica tutti i partiti si finanziavano illecitamente e tutti ne erano al corrente;
  • il Pci era quello con una disponibilità maggiore di risorse perché finanziato massicciamente anche dall’ex blocco sovietico;
  • la Democrazia cristiana riceveva fondi dalla Cia;
  • Il Psi per poter competere ha dovuto forzare la mano e ha “gonfiato i listini”;
  • le tangenti non servivano soltanto per finanziare i partiti, ma anche per arricchire alcuni uomini politici;
  • quando la caduta del muro di Berlino ha rotto gli equilibri, rendendo meno generosi i contributi di Cia e Kgb, il giochino si è rotto;
  • Napolitano è riuscito a contenere i danni per il PCI, ma non ha potuto evitare che Andreotti e Craxi in qualche modo si prendessero una rivincita imponendo Berlusconi;
  • appena ne ha avuto l’occasione, si è vendicato imponendo prima Monti e poi Renzi.

Per ultimo mi ha stupito lo stupore di Enrico Mentana nell’apprendere che Antonio Di Pietro non fosse affatto una toga rossa e che nel ’92 avesse votato per l’Msi. Anche in questo caso può essere utile il solito conto della serva: l’inchiesta Mani pulite ha preso il via con l’arresto di Mario Chiesa, incastrato da un certo Luca Magni vicino agli ambienti del Fronte della Gioventù. Soltanto una coincidenza che i grandi giornalisti non notano?

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