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Imballaggi flessibili, l’industria alimentare si impegna per il riciclo

Imballaggi flessibili, l’industria alimentare si impegna per il riciclo

17 Dicembre 2021 Off Di Redazione In24

Al via la collaborazione tra Unione Italiana Food, Giflex e UCIMA per rendere gli imballaggi flessibili in plastica, utilizzati dalla filiera alimentare, più riciclabili e sostenibili.

Italian Food, Giflex e Ucima uniscono le forze per il riciclo degli imballaggi flessibili

Imballaggi flessibili

in foto da sinistra: Giancarlo Giorgetti, Alberto Palaveri, Vannia Gava, Paolo Barilla e Riccardo Cavanna.

Recuperare e riciclare circa 50 mila tonnellate di imballaggi in plastica flessibile e arrivare al 50 per cento degli imballaggi raccolti, da destinare ad un secondo utilizzo: è questo l’obiettivo del protocollo d’intesa sottoscritto oggi a Palazzo Piacentini, alla presenza del ministro dello Sviluppo economico Giorgetti e del sottosegretario alla Transizione ecologica Vannia Gava, tra Unione Italiana Food, Giflex e UCIMA, associazione dei costruttori di macchine per il packaging. Il protocollo è stato firmato da Paolo Barilla, vicepresidente di Unione Italiana Food, che rappresenta circa 450 aziende, Alberto Palaveri, presidente di Giflex e il vicepresidente di UCIMA Riccardo Cavanna.

“È un progetto che approccia in maniera corretta la sfida della sostenibilità ambientale delle nostre aziende e che si pone nella giusta traiettoria del Pnrr – ha dichiarato il ministro Giorgetti – il Mise favorisce, in collaborazione con le università, il trasferimento tecnologico dalla ricerca alle imprese”.

Ogni anno, in Italia, vanno sul mercato 180mila tonnellate di imballaggi flessibili destinati in gran parte all’industria alimentare. Si tratta di contenitori, per lo più in film poli accoppiato di diversi materiali, usato per liquidi, bibite, salse ma anche per alimenti solidi.

Benché circa il 70% di questi imballaggi sia potenzialmente riciclabile, spesso l’effettivo invio al riciclo è condizionato da alcuni limiti legislativi e tecnici, legati alla composizione stessa degli imballaggi flessibili, per lo più multistrato e/o multimateriale.

Per questo la collaborazione prevista dal Protocollo, prevede tavoli tecnici per lo studio delle soluzioni tecnologiche da applicare sulle linee di produzione di packaging e su quelle confezionatrici, per rendere possibile l’utilizzo di nuovi materiali e migliorare i sistemi automatici di selezione e pretrattamento dei rifiuti di imballaggi in plastica ed evitare che vengano inviati in discarica o all’incenerimento.

Le associazioni si impegnano, entro gennaio 2022, a organizzare un primo tavolo di lavoro tecnico per analizzare e trovare possibili soluzione ai problemi che ostacolano la sostenibilità e riciclabilità degli imballaggi flessibili. Tra cui la mancanza di mercati di sbocco alternativi all’alimentare, visto che (con rare eccezioni) la legge impedisce di usare plastica riciclata negli imballaggi destinati agli alimenti; e la gestione dell’imballaggio flessibile post-consumo da parte dei comuni che, nonostante la riciclabilità, chiedono di conferire i film plastici nella frazione indifferenziata.

A gennaio il primo tavolo tecnico con Mise, Mite, Conai e Corepla

Al tavolo tecnico di gennaio verranno invitati anche i funzionari del Mise, del Mite, del Conai e di Corepla. Subito dopo si dovrebbero formare una serie di gruppi di lavoro che si occuperanno, tra le altre cose, di verificare quali interventi tecnologici possano essere operati sulle linee di produzione di packaging e su quelle confezionatrici per rendere possibile l’utilizzo di nuovi materiali e di studiare soluzioni tecnologiche per migliorare i sistemi automatici di selezione e pretrattamento dei rifiuti di imballaggi in plastica ed evitare che vengano inviati in discarica o all’incenerimento.

Ipotizzando, come target di partenza, un recupero e riciclo del 50% di imballaggi flessibili raccolti, un primo obiettivo sarà quello di recuperare circa 50 mila tonnellate di materie plastiche da destinare ad una seconda vita.

L’effettivo avvio a riciclo degli imballaggi flessibili rappresenta una sfida per tre comparti che, nel complesso, sviluppano un fatturato di oltre 50 miliardi di euro: dai produttori di macchinari per la realizzazione di questo imballaggio, alle aziende produttrici di imballaggi flessibili, fino al settore alimentare che ne è uno dei principali utilizzatori.

Sebbene il 70% degli imballaggi flessibili sia riciclabile, alcuni ostacoli tecnici ne impediscono l’effettivo avvio a riciclo, col risultato che anche gli imballi 100% riciclabili non vengono di fatto riciclati e finiscono in discarica o all’incenerimento.

Affinché gli imballaggi flessibili possano passare da “riciclabili” a “riciclati” sarà necessario, inoltre, prima di tutto cercare di mercati di sbocco alternativi all’alimentare, visto che la legge ne impedisce l’uso negli imballaggi destinati agli alimenti. E poi definire la gestione dell’imballaggio flessibile post-consumo da parte dei Comuni che, nonostante la riciclabilità, chiedono di conferire i film plastici nella frazione indifferenziata. Infine, c’è la grande questione delle tecnologie e della ricerca: trovare materiali sostitutivi o riconvertire strumenti e macchinari sono operazioni gravose dal punto di vista economico e soprattutto non sempre sono strade tecnicamente percorribili.

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