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In Gazzetta il decreto che inventa il falso condohotel

In Gazzetta il decreto che inventa il falso condohotel

07 Marzo 2018 0 Di Pietro Nigro

Il condohotel esiste già. Ma arriva in Gazzetta ufficiale il Decreto del Governo che permette di trasformare gli alberghi in case.

In Gazzetta ufficiale il Decreto del Governo che inventa il condohotel

E’ stato salutato quasi come una rivoluzione per l’hotellerie italiana il decreto del Governo che “inventa” il Condohotel, decreto di cui non c’era alcun bisogno perché il condohotel esiste già. Decreto che al massimo consente di regolare meglio l’ospitalità diffusa classificando come albergo l’attività ripartita in diverse case. E che potrebbe anche incentivare la conversione di porzioni di alberghi in case, con il doppio risultato di svilire il tessuto alberghiero italiano e di spingere la concorrenza al ribasso ai bed&breakfast senza contrastare effettivamente l’abusivismo.

Il decreto “Condohotel“, o Condhotel come pure viene a volte definito, è stato firmato dal Presidente del Consiglio dei ministri il 17 gennaio 2018 e – dopo l’ok della Corte dei Conti del 27 febbraio è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 6 marzo scorso (qui il testo del decreto). Il provvedimento è stato fortemente voluto e promosso negli ultimi anni dalle organizzazioni di categoria degli albergatori e da Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi e senatore di Forza Italia.

La sua prima disciplina risale infatti all’articolo 31 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 (il cosiddetto “Sblocca Italia”) convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164. Successivamente, lo schema di decreto del Presidente del Consiglio è passato anche al vaglio del Consiglio di Stato, a luglio e a novembre 2017. Ora, il decreto pubblicato in Gazzetta dovrà essere applicato dalle venti regioni, chiamate a dettare una propria disciplina per l’avvio e l’esercizio dei “Condhotel”.

Ciò senza badare al fatto che il modello condohotel, che trae origine dal grande successo dei “condominium hotel” negli Stati Uniti, esiste già anche in Italia, e se ne contano almeno due esempi: il primo realizzato dalla società Condohotel Italia nel 2005 a Chianciano Terme e il secondo realizzato dalla catena americanda Ramada a Milano, senza contare famose catene di “comproprietà alberghiera” derivate dalle multiproprietà.

Per condohotel, infatti, negli Usa, ai Caraibi, in Gran Bretagna, Francia e Spagna, si intende un albergo più o meno grande, in cui la “proprietà” delle singole camere viene venduta ad altrettanti privati compratori, che possono anche andarci in vacanza, ma non si modifica la destinazione urbanistica dell’immobile e l’impresa alberghiera continua ad utilizzarlo come “albergo”. Nei condohotel realizzati in Italia, poi, a differenza della pur simile multiproprietà, la vendita è effettiva e viene registrata al catasto, e la destinazione d’uso è e resta “alberghiera”.

La nuova legge, invece, nel regolamentare il “nuovo” condohotel, lo definisce come “un esercizio alberghiero aperto al pubblico, a gestione unitaria, composto da una o più unità immobiliari ubicate nello stesso comune o da parti di esse, che forniscono alloggio, servizi accessori ed eventualmente vitto, in camere destinate alla ricettività e, in forma integrata e complementare, in unità abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio autonomo di cucina…” (articolo 3 del decreto).

Insomma attività di impresa alberghiera esercitata sia nell’albergo vero e proprio sia in immobili residenziali, cioé in case private adattate o in parti dell’albergo convertite in case.

E addirittura, sin dall’articolo 1, il decreto promette di indicare “i criteri e le modalità per la rimozione del vincolo di destinazione alberghiera, limitatamente alla realizzazione della quota delle unità abitative a destinazione residenziale“. Quindi, procedure semplificate per cambiare la destinazione urbanistica di parte degli alberghi e l’autorizzazione a svolgere attività alberghiera in “case”.

In seconda battuta, il decreto prevede anche il caso dell’attività alberghiera che potrè nascere accentrando in una gestione “unitaria” camere esistenti in diversi immobili, per esempio in diverse case anche di diversi proprietari.

In questo modo, per esempio, un albergatore potrebbe aumentare la sua capacità ricettiva aggregando all’albergo case ed appartamenti ubicate nelle vicinanze (fino a 200 metri dalla portineria, dice la legge).

Inoltre, sarà possibile avviare una piccola attività alberghiera senza comprare diversi immobili, come peraltro già avviene nell’ospitalità diffusa, o di “regolarizzare” i piccoli b&b che in realtà dispongono di molti appartamenti.

In quest’ultimo caso, l’intento di chi ha voluto la legge è forse di contrastare l’abusivismo diffuso, che fa molta concorrenza agli alberghi veri anche grazie al successo delle piattaforme on line tipo AirBnb e alla sharing economy.

“Confidiamo che questa seconda modalità – è il parere che Bernabò Bocca ha affidato al sito di Federturismo e reperibile qui – agevoli la bonifica del mercato delle locazioni brevi, sin qui caratterizzato dal dilagare di un’offerta improvvisata e non di rado irregolare. Il nuovo istituto può infatti risultare utile anche per chi desidera affittare il proprio appartamento ai turisti operando nel rispetto delle regole: gli immobili potranno essere affidati ad imprese alberghiere che li gestiranno in modo professionale, curando i vari adempimenti nel rispetto dei diritti dei consumatori, dei lavoratori e dei cittadini, dell’ordine pubblico e dell’equilibrio del tessuto urbano”.

La legge aiuta a convertire gli alberghi in case

La lotta all’abusivismo sembra essere dunque piuttosto “eventuale”, ed affidata al caso, alla coscienza e alla buona volontà dei proprietari di case di “mettersi in regola”.

Invece, l’effetto della nuova legge potrebbe essere molto più probabilmente l’aiuto agli albergatori che vogliono modificare la destinazione urbanistica di parte dell’immobile e convertire parte delle camere in “case”.

Operazione che in qualche modo dovrebbe aiutarli a reperire risorse finanziarie per ristrutturare gli alberghi.

“La formula del condohotel – sostiene ancora Bocca – genera vantaggi a 360 gradi: l’albergatore, grazie alla vendita di una parte dell’immobile, reperisce le risorse per riqualificare la struttura, che mantiene un assetto unitario; chi compra uno degli appartamenti può affidarne la gestione all’albergo (eventualmente riservandosene la disponibilità in alcuni periodi), realizzando un conveniente investimento; il cliente può usufruire di un nuovo tipo di offerta, senza rinunciare ai vantaggi ed ai servizi tipici del pernottamento in albergo”.

Che è quanto è stato già realizzato nei condohotel realizzati negli anni scorsi in Italia, ben prima della genesi di questa nuova legge, e senza nessuna sempflicazione catastale né agevolazione a chi volesse cambiare le destinazioni urbanistiche degli alberghi.

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