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Incursori dell’esercito, gli eroi di un’Italia che non sa

Incursori dell’esercito, gli eroi di un’Italia che non sa

29 Novembre 2018 0 Di Claudia Svampa

«Il Paese non saprà mai il debito gratitudine che ha nei confronti di questi uomini» Parole calde e commosse, rivolte agli incursori dell’esercito, gli uomini del 9° reggimento d’assalto Col Moschin.

E per una volta, finalmente, non pronunciate davanti a feretri avvolti nel tricolore solo per onorarne la memoria. Parole scandite dal Generale Franco Monticone in occasione del 40esimo anniversario della costituzione dell’UN.I.S. l’Unità di Intervento Speciale del 9° Col Moschin da lui stesso istituita nel 1978. 

Parole declamate come versi nella solennità della Biblioteca Centrale Militare dello Stato Maggiore dell’esercito davanti a una platea di uomini vivi, in salute e in uniforme, detto solo per dire loro grazie. Che non é poco. 

Un evento fortemente voluto e organizzato dal Col. Angelo Passafiume presidente dell’A.N.I.E. (Associazione Nazionale Incursori Esercito) durante il quale hanno partecipato e sono stati celebrati i sodati delle Forze Speciali dell’esercito.

Gli incursori, uomini dei quali fino a pochissimo tempo fa nulla si sapeva e nulla si sarebbe dovuto sapere, ma che per questo, a fronte di decenni di missioni pericolosissime e durissime nel mondo, non sono rimasti solo nell’ombra ma nei buio assoluto, a discapito della sentita gratitudine che il Paese avrebbe potuto riconoscergli. 

«Sono la punta di diamante non solo italiana ma anche internazionale, sempre un passo avanti, emulate e imitate da tutti» ha ricordato il Capo di Stato Maggiore dell’esercito Gen. Salvatore Farina, annunciando subito dopo, accolto da un lungo applauso, di aver autorizzato il 9° Col Moschin, gli incursori dell’esercito, a dotarsi del basco grigio-verde, distintivo del 10° Reggimento arditi, unità di Forze Speciali della seconda guerra mondiale che raccoglieva l’eredità degli arditi della Grande Guerra. 

Anche il sottosegretario alla Difesa On. Raffaele Volpi ha sottolineato l’evidenza, spesso sottaciuta, che « il 9° Col Moschin é una delle prime Forze Speciali del mondo, siamo arrivati a un livello tale per cui siamo invidiati nel resto del mondo per le nostre capacità e le nostre specializzazioni»

Ma perché mai gli italiani, che nell’antimilitarismo ci sguazzano perché l’unica percezione cui danno credito é la funzione offensiva dell’apparato militare e mai quella difensiva, dovrebbero provare questo ignorato «debito di gratitudine»  verso gli incursori del 9° della cui esistenza pochissimo o nulla sanno?

Iraq, Afghanistan o Siria, sono, nell’immaginario collettivo, terre troppo lontane per geolocalizzarle come sorgenti di reale pericolo.  Islam radicale e jihad sono diventati termini tanto inflazionati da derubricarne il potere evocativo. Guerra asimetrica, ibrida o liquida, richiamano più alla mente videogiochi di guerra che una realtà da destrutturare ad ogni costo. E’ solo l’effetto che tutto ciò produce qui, in Italia, a poter catturare l’attenzione dell’opinione pubblica sul fenomeno. Un effetto che invece mantiene ancora molto alto il rischio di una minaccia reale. 

«Una minaccia asimmetrica che noi riteniamo tuttora estremamente presente e spesso auspicata ed evocata da parte della propaganda mediatica fortissima di Islam State» ha spiegato il direttore del Servizio centrale antiterrorismo Lamberto Giannini «e anche se il nostro paese fino ad oggi non é stato oggetto di attacchi, di fatto é all’attenzione». . 

In altre parole il rischio di attentati terroristici in Italia, ad oggi, é reale e alto. 

«La prevenzione é molto importante: noi quando abbiamo dei soggetti pericolosi li espelliamo – ha proseguito il capo dell’antiterrorismo – ci criticano, fanno storie. Ma quest’anno già 112 soggetti sono stati espulsi dal territorio nazionale, e abbiamo avuto ritorni importantissimi sulla loro pericolosità dai paesi dove sono stati rimpatriati».

L’Italia nella sua strategia antiterroristica ha messo in campo un ventaglio di possibili risposte nelle quali ha creduto: risposte preventive, risposte investigative e, non ultima la risposta militare complessa. Sono dunque loro, gli incursori, con la loro estrema professionalità l’extrema ratio di intervento militare in caso di attacco terroristico grave. 

«Noi siamo l’ultima risorsa che non può permettersi di fallire» ha detto lapidario il Gen. Nicola Zanelli,  comandante del C.O.F.S. (Comando Operativo delle Forze Speciali). 

Non conosceremo mai il debito di gratitudine inespresso a questi uomini ma almeno sappiamo di averlo. E’ già uno sdoganamento iniziale rispetto agli eccessivi silenzi sulle Forze Speciali, che hanno privato gli incursori, soldati d’élite e vanto indiscusso della professionalità italiana, del giusto tributo da parte dell’opinione pubblica alla loro abnegazione alla Patria e agli italiani.  

E’ almeno un piccolo acconto per riconoscere, e in fondo anche far conoscere, ai cittadini il lato umano e professionale di questi uomini che in tempo di pace combattono nostre guerre troppo lontane per essere capite. Ma che pur sempre contrastano minacce così determinanti per continuare a essere sottostimate da un paese che con fatica sta svezzandosi dall’allattamento mondialista di politiche europee edulcorate da falsi liberalismi e umanitarismi. A cominciare dal Global Compact for Migration.  

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