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“Io non inquino”: ecco le bugie delle aziende

“Io non inquino”: ecco le bugie delle aziende

25 Novembre 2024 0 Di Nunzio Ingiusto

Una ricerca di ConsumerLab ha verificato i documenti di circa 4 mila aziende italiane scoprendo anomalie e dati non reali. Chi crede a cosa ? La pubblicità è sempre ingannevole ?

Le imprese italiane sono molto indietro sul fronte della sostenibilità e si diffonde sempre di più il fenomeno della “sustainability washing”: una sostenibilità di facciata. Chi lo fa è per ingannare i consumatori e orientare le scelte di acquisto. Gli italiani, che sono disposti a pagare anche di più i prodotti ottenuti attraverso processi a basso impatto ambientale, sono delusi, un tantino presi in giro. Un consumatore su cinque è ormai convinto che la sostenibilità sia una montatura per aumentare i prezzi o incensare i prodotti. Siamo davvero messi cosi male ? Con tutta la pubblicità che accompagna le nostre giornate ?  Nel Paese delle mille furbizie tutto è possibile, ma se si va a scavare nella vita delle aziende, le cose diventano serie. ConsumerLab, il centro studi che si occupa di consumi e sostenibilità, lo ha fatto e mercoledi presenta al Centro Studi Americani a Roma il suo rapporto “Index Future Respect”.

Il rapporto ha preso in esame 3.814 aziende i cui bilanci di sostenibilità sono meglio leggibili, esaustivi e circostanziati nella rappresentazione di attività  “rispettosa del futuro”. Il primo dato della ricerca è che solo l’11,7% delle imprese pubblica un bilancio di sostenibilità. Il documento viene redatto dal 48,6% delle aziende di grandi dimensioni, mentre quelle con meno di 50 dipendenti che lo pubblicano, sono appena l’1,1%. Perché ? Perché  manager e industriali hanno capito che i bilanci di sostenibilità non vengono letti dai cittadini e tutto ciò che ha a che fare con la gren economy è ritenuto un costo che non genera ricavi. Questo è sicuramente un errore, ma dopo aver studiato migliaia di aziende risulta difficile contraddire gli esperti di ConsumerLab. Oltretutto hanno appurato un eccesso di autoreferenzialità da parte delle imprese, una comunicazione prolissa, ambigua e carente di numeri e misurazione d’impatti. Tra le pratiche più diffuse – dicono- spiccano il proporsi come aziende proiettate in un programma di sviluppo sostenibile, senza, però, specificare tempi, metodi e soluzioni, far sembrare un prodotto rispettoso per l’ambiente, diffondono affermazioni infondate sulle emissioni di carbonio, sull’attenzione al benessere dei propri dipendenti e così via. I consumatori cadono in questi tranelli sostenuti da pubblicità milionarie attraverso spot, concorsi a premi e sconti, diffusi a ogni ora. “E’ un’ arretratezza preoccupante, con la maggior parte delle imprese che non ha compreso le opportunità dell’evoluzione sostenibile e i relativi benefici sul fronte della competitività”, dice il presidente di ConsumerLab, Francesco Tamburella. Il senso civico dei consumatori è fuori discussione, ma ciascuno di noi è parte di una speculazione assurda e costosa. Il falso marketing ambientale danneggia chi pratica sul serio la sostenibilità quando lavora o mette un prodotto sul mercato.  Chi accerta le responsabilità di chi ci prende per il naso ?

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