La riforma della Costituzione politicamente manipolata
14 Novembre 2016Approvata nel 1947, con maggioranza assoluta, la Costituzione Italiana da 15 anni è vittima di riforme dettate dagli interessi personali dei politici.
Una Costituzione politicamente manipolata
Eh sì, è proprio il caso di dirlo, nel 1947, allorché fu scritta la Costituzione, i nostri politici di allora sono stati decisamente più bravi di quelli attuali. Nonostante le differenze sostanziali fra gli schieramenti, sono riusciti a fare ciò che in quindici anni la classe politica di oggi non è capace: trovare un accordo per il bene del Paese.
A farne le spese è proprio la Carta fondamentale della nostra Repubblica, la Costituzione, in questi anni torturata e maneggiata senza ancora nessun esito positivo da proposte di legge, da due leggi costituzionali approvate ma poi corrette o annullate dai rispettivi referendum del 2001 e 2006 e da svariate sentenze della Corte Costituzionale.
Ma oggi chi si ricorda più di quei precedenti referendum confermativi e costituzionali? Nei media quasi nessuno. Eppure già ci sono stati schieramenti politici che sui temi proposti da quest’ultimo referendum del 4 dicembre, ci hanno fatto i loro programmi elettorali.
Sia nel 2001 che nel 2006 l’allora Pdl capeggiato da Berlusconi insieme all’allora Lega Nord di Bossi, hanno promosso due referendum costituzionali su leggi che trattavano gli stessi argomenti di quello attuale, in forma diversa e con diverse soluzioni, ma con uguale sostanza.
Allora si parlava di Federalismo, di autonomie fiscali, di riduzione dei parlamentari, argomenti usati come cavallo di battaglia di quel Centrodestra. Al primo referendum vinse il Sì e la legge fu definitivamente approvata, al secondo invece con netto vantaggio vinse il No, e della rispettiva legge se ne persero le tracce, fino a quando il Governo Renzi non la ritirò fuori dal cassetto, apportando però le sue modifiche.
Più in dettaglio, per rinfrescare meglio la memoria, il primo referendum costituzionale della storia nazionale è stato nel 2001, che riportava proprio il testo: “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione“ approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12 marzo 2001.
In sostanza esso cercava di suddividere le competenze fra Stato e Regioni, dando a quest’ultime maggiori poteri su determinate materie d’interesse locale. Andò a votare soltanto il 34% degli aventi diritto, e di questi il 64% circa si espresse con un Sì.
Attraverso tale scelta si stava lentamente delineando quello che la coalizione del centrodestra ha successivamente chiamato ‘devolution’, una revisione politica più in senso federalista che centralista.
Tuttavia i campi di azione di Stato e Regione non furono stabiliti nettamente, tanto che nel 2006 il popolo italiano venne richiamato alle urne esattamente per lo stesso quesito arricchito da altre proposte.
Si tratta del secondo referendum costituzionale italiano, che si è svolto il 25 e 26 giugno 2006 i cui quesiti furono particolarmente complessi. Ciononostante l’affluenza fu superiore al 50% di cui il 60% dei votanti respinse la legge votando No. Ciò cancellò quello che era stato determinato dalla prima legge entrata in vigore dopo la conferma del referendum precedente.
Allora tutto il Pd e il centrosinistra, da Napolitano a Mattarella, da Rutelli a Violante e Veltroni, fino ad arrivare fuori dal Parlamento allo show di Benigni, si erano schierati per il No, criticando chiunque volesse modificare la Carta, considerata preziosa così come è.
Molti di questi oggi invece appoggiano tout court Renzi e la Boschi, mentre i maggiori sostenitori del Si di allora, Berlusconi e la Lega Nord, sono proprio quelli che hanno aderito al fronte del No.
Eppure numerose innovazioni che quella legge prevedeva sono simili al referendum attuale, poiché avevano, in forme diverse, lo stesso scopo. Vi erano infatti la riduzione dei parlamentari, in quel caso non solo del Senato ma di ambedue le camere, i deputati da 630 a 518 mentre i senatori da 315 a 252, la fine del bicameralismo perfetto e nuovamente l’istituzione di un Senato Federale che rappresentasse maggiormente le Regioni.
Alla luce di tutti questi giochi di potere ed ammesso che dopo 60 anni la Costituzione possa necessitare di modifiche, ormai è lecito il sospetto che essa venga periodicamente strumentalizzata per abbattere il governo in carica, indipendentemente dal contenuto delle nuove proposte.
Cosa che farebbe rivoltare tutti i nostri Padri Costituenti, visto che su 520 seggi, nel 1947 l’attuale Costituzione fu approvata da una maggioranza assoluta di 458 voti, provenienti dagli schieramenti politici più disparati, che andavano dalla Dc al Partito Comunista, dai Socialisti e Socialdemocratici ai Repubblicani e Liberali.
Con un poco di nostalgia è allora il caso di rileggere il discorso finale dell‘onorevole Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione, dopo quella storica votazione.