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Mattone, lavoro nero e colpe paterne. Luigi Di Maio nei guai a sua insaputa

Mattone, lavoro nero e colpe paterne. Luigi Di Maio nei guai a sua insaputa

28 Novembre 2018 0 Di Marino Marquardt

Mattone, lavoro nero e Ministro nei guai a causa di vecchie colpe del padre. La trama di snoda tra Pomigliano, Mariglianella, e Roma. E vede coinvolto Luigi Di Maio, Capo Cinquestelle nonché Vicepremier e Ministro del Lavoro.

A prima vista era sembrato soltanto un polverone. Ora gli sviluppi della vicenda potrebbero costringere il Ministro alle dimissioni

A prima vista era sembrato soltanto un vergognoso polverone dal quale Di Maio – seppure tra qualche imbarazzo ed esitazione – era riuscito a venire fuori indenne.

Lo scoop delle Iene – e non poteva essere diversamente – attraverso la rivelazione a scoppio molto ritardato di un ex operaio a nero del padre Antonio avevano posto il Capo politico del M5s nel mirino dei soliti moralisti a giorni alterni.

Facile bersaglio – il Ministro – di perbenisti e benpensanti perché figlio di un uomo che dieci anni fa si era servito dell’opera di lavoratori a nero.

Al tempo Giggino faceva il bibitaro al San Paolo, era all’oscuro dei fatti e non frequentava la politica. E per giunta col Genitore non intratteneva buoni rapporti. Del tutto estraneo, dunque, alla malefatta paterna.

La causa di lavoro intentata dal lavoratore a nero e la mancata scelta di Giggino

Detto ciò, lo scenario cambierebbe totalmente se rispondesse al vero il fatto secondo il quale un contenzioso per lavoro sommerso era ancora in corso nel 2014, quando cioè la società dei genitori del Capo Cinquestelle fu donata alla Ardima srl, di cui il vicepremier è proprietario al 50 per cento.

Visto lo svolgimento della storia, in questo caso il Ministro-Vicepremier nonché Capo politico del M5s farebbe bene ad abbandonare il campo. Sempre che tra i Cinquestelle la questione morale continui ad occupare un posto di primo piano. E’ vero che il fattaccio si è svolto nella Terra del così fan tutti. Ma un politico che vuole governare il cambiamento certi usi e costumi deve combatterli a voce alta

Giggino infatti – al tempo del contenzioso Vicepresidente del Senato – da titolare della Ditta avrebbe dovuto fare del suo meglio per chiudere anticipatamente e amichevolmente la querelle giudiziaria con il lavoratore sfruttato dal padre, avrebbe dovuto scusarsi con lo stesso per il comportamento paterno e avrebbe dovuto stringerli la mano. E ciò a prescindere dall’esito della causa. Tutto il resto è fuffa

Attorno alla vicenda – e non poteva essere diversamente considerando il deficitario spessore politico e intellettuale degli “spettatori” – spiccano le razioni scomposte di quanti non hanno titoli per parlare.

Veri e propri autogol gli schiamazzi di quanti si erano affrettati a cavalcare lo “scandalo” nella speranza di usarlo a proprio vantaggio. Uno scivolone per Matteo Renzi e Maria Elena Boschi le cui rispettive urla e il cui rispettivo sdegno hanno finito col riportare a galla episodi familiari che erano prossimi ad essere inghiottiti dall’oblio. Senza dire che anche sul conto di Babbo Tiziano è venuta fuori una storiaccia di lavoro sommerso. La riporta oggi La Verità di Maurizio Belpietro.

All’epoca dei fatti che videro coinvolti il Babbo della bionda parlamentare e il Babbo dell’ex Capo Scout – giova ripetere – Maria Elena e Matteuccio brigavano da Palazzo Chigi per cercare tirare fuori dai guai i rispettivi Genitori. Ed è detto tutto…

28/11/2018  h.17.15

 

 

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