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OMS, indagini origine Covid: la Cina rifiuta di collaborare

OMS, indagini origine Covid: la Cina rifiuta di collaborare

22 Luglio 2021 0 Di Fabio Carolla

OMS spinge per la seconda fase delle indagini sulle origini del Covid, la Cina frena. Si teme l’ipotesi errore di laboratorio.

OMS chiede di procedere con le indagini Covid, la Cina frena

Non il momento migliore per il governo cinese, impegnato ad affrontare problemi su tutti i fronti. Dopo le accuse globali di complicità all’hacking di diverse importanti aziende internazionali (tra cui Microsoft), adesso ci pensa l’OMS ad infiammare i corridoi di Pechino.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, per voce del direttore Ghebreyesus, chiede di proseguire con la fase 2 delle indagini sull’origine del Covid. La fase 1, iniziale, si era conclusa con “l’improbabilità di un origine artificiale (errore di laboratorio) del virus Covid”. In poche parole, l’istituzione dell’etiope Ghebreyesus aveva smentito, attraverso indagini preliminari, le numerosi voci di un origine artificiale del Covid, causata da una fuoriuscita da laboratori di un virus modificato per motivi di ricerca. Al governo di Xi Jinping la notizia aveva fatto comodo, togliendo Pechino e la sua amministrazione dalla cattiva luce del pubblico mondiale.

Ora, però, è lo stesso Ghebreyesus ad aver fatto un passo indietro: “Non si può ancora escludere un’origine da laboratorio del virus, causata da un errore umano”. L’OMS chiede dunque di poter procedere con la fase avanzata delle indagini, ma la Cina non ci sta. Zeng Yixin, vice ministro della Commissione Nazionale della Salute, parla di “buon senso” e si dice scioccato nel vedere la fuga di laboratorio come obiettivo di ricerca della seconda fase delle indagini: “Per certi aspetti, la proposta dell’OMS non rispetta il buon senso, va contro la scienza. È impossibile, per noi, accettare questo piano”. Pechino è chiara: respinge le accuse e si dice contraria al continuo delle indagini. La Cina lamenta: “Politicizzare ostacola la ricerca”.

Ghebreyesus: “Dobbiamo la verità ai milioni di morti di Covid”

Tuona il direttore dell’OMS, si affida all’etica per giustificare la legittima richiesta di proseguo delle indagini e tenta di scuotere le coscienze. “All’inizio della pandemia, non tutti i dati sono stati condivisi. La Cina deve essere più collaborativa, aperta, trasparente. Dobbiamo la verità ai milioni di morti di Covid.” Poi aggiunge: “Abbiamo escluso l’ipotesi del laboratorio troppo presto: c’è stata una spinta prematura a rifiutare la tesi della fuga del virus. Nei laboratori, gli incidenti accadono. Lo so, sono immunologo”.

Ghebreyesus si pone così in netto contrasto con le posizioni conclusive dell’iniziale ricerca di Marzo, condotta da un team di 17 esperti inviati dall’OMS sotto il dragone. Studiosi da tutto il mondo temono che la delegazione dell’OMS sia stata ostacolata nelle ricerche dal governo di Xi Jinping che avrebbe fornito agli esperti dati scelti e precedentemente analizzati da scienziati cinesi. Così facendo, gli investigatori non avrebbero potuto avere accesso ai dati grezzi, fondamentali per procedere con precisione con le indagini.

Intanto, dagli USA non ci stanno. Un’inchiesta del Washington Post parla di errori importanti nel report di Marzo dell’OMS, quello che aveva inizialmente definito l’ipotesi fuga come “improbabile”. Tra tutte le imprecisioni, la più eclatante fa riferimento al presunto paziente zero, noto come Patient SO1. Dai risultati dell’indagine del quotidiano americano si legge che la sequenza del genoma del 41enne Patient SO1 è stata confusa con quella di un altro malato, questi di 61 anni. Il portavoce dell’OMS Jasarevic ammette: “Ci sono errori di edizione. Tre delle 13 sequenze sono sbagliate.”

Insomma, si infittisce il mistero Covid mentre il mondo spera in una svolta cinese verso una maggiore collaborazione.

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