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Perché il populismo sindacale è una minaccia per il lavoro serio

Perché il populismo sindacale è una minaccia per il lavoro serio

13 Giugno 2025 Off Di Claudio Armeni

“L’avevamo previsto prima di tutti: il populismo sindacale è una minaccia per il lavoro serio”. Lo dice Claudio Armeni già Coordinatore del Comitato per il No e l’Astensione Consapevole e Segretario Generale della ConfSELP.

Perché il populismo sindacale è una minaccia per il lavoro serio

Non serve dire “noi lo avevamo detto” per autocompiacimento, ma per onestà intellettuale e senso di responsabilità verso quei lavoratori che non hanno più tempo né pazienza per i teatrini populisti. Il flop referendario della CGIL guidata da Maurizio Landini non è un incidente di percorso, ma l’inevitabile epilogo di una strategia sbagliata, autoreferenziale e disconnessa dal mondo reale. E noi, come Comitato per il No e l’Astensione Consapevole, lo avevamo previsto, denunciato, spiegato.

Trasformare un sindacato in meta partito significa tradire lo spirito della rappresentanza del lavoro

Lo avevamo detto con chiarezza: trasformare un sindacato in un metapartito, senza contraddittorio interno, senza visione riformista, è un tradimento dello spirito originario della rappresentanza del lavoro.

È una deriva che sacrifica la credibilità del sindacato sull’altare della visibilità personale.

Quando la piazza diventa più importante della fabbrica, quando il talk show conta più della contrattazione, quando l’obiettivo non è più migliorare le condizioni dei lavoratori ma accumulare consenso ideologico, allora il sindacato smette di fare il suo mestiere.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: milioni di lavoratori hanno ignorato il richiamo al voto perché lo hanno percepito come fumo negli occhi, come una battaglia costruita non per loro ma “su di loro”.

Una battaglia che ha usato il linguaggio della militanza e non quello della mediazione, che ha cercato nemici anziché soluzioni.

In questi mesi abbiamo pagato un prezzo alto per aver detto cose impopolari: che il Job’s Act non è il nemico numero uno, che il lavoro si difende con proposte concrete e non con slogan, che in certi casi l’astensione è un atto di consapevolezza civica. Ma la realtà, testarda, ci ha dato ragione.

ConfSELP, il sindacato moderno ed emergente che rappresento, si fonda su un principio semplice: non esiste rappresentanza senza responsabilità. Non si può parlare a nome del lavoro se non si vive nei luoghi del lavoro, se non si ascolta ogni giorno il rumore delle officine, le voci delle segreterie amministrative, le difficoltà degli operatori sanitari, delle impiegate di call center, degli agenti di commercio. Per farlo serve rigore, preparazione, visione. Non serve un megafono.

Per questo continueremo il nostro impegno per un sindacalismo autentico, capace di stare nel conflitto quando serve ma anche di trattare, proporre, costruire. Per questo continuiamo a dire no a un modello sindacale chiuso, nostalgico e autoreferenziale.

La credibilità non si misura con i like, ma con i risultati. E quelli, purtroppo per la CGIL e per Landini, non ci sono. Ma la buona notizia è che un’alternativa c’è. Ed è già realtà.

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