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Perché la conclusione del caso Ciontoli è disgustosa

Perché la conclusione del caso Ciontoli è disgustosa

02 Febbraio 2019 0 Di Corrado Corradi

Arriva il verdetto per il sottufficiale di Marina Ciontoli che ha provocato la morte del giovane Vannini sparandogli per errore ed insozzato l’onore militare con i suoi comportamenti.

Caso Ciontoli, l’intera vicenda è disgustosa

Quanto energe dal verdetto di secondo grado in capo al Sottufficiale di Marina Ciontoli, che ha provocato la morte del giovane Marco Vannini sparandogli per errore, disgusta.

Il senso di disgusto é generato da un episodio che vede scandalosamente coinvolto un soldato (soldato?) dapprima in un incidente imputabile alla sua imperizia, imprudenza e negligenza. E successivamente in una reiterata insulsa e mortifera menzogna, con la quale, oltre ad aver probabilmente determinato la morte di un ragazzo, ha sicuramente insozzato l’onore militare).

Riepiloghiamo i fatti.

Un sottufficiale di Marina, per scherzare, punta un’arma contro un ragazzo! Inaccettabile e indifendibile sul piano etico e impresentabile per la carica granguignolesca che comporta un simile gesto.

Un sottufficiale che “scarrella” l’arma e non si rende conto che così facendo porta il colpo in canna!?… professionalmente parlando, un deficiente.

Ancora, un sottufficiale che, dopo essersi reso conto di aver sparato a bruciapelo a un ragazzo, cincischia e non chiama subito l’ambulanza specificando, in preda alla disperazione, «uomo a terra, colpito al torace con arma da fuoco»!? … incredibile, se non fosse purtroppo vero e comunque, profondamente canagliesco.

Un sottufficiale che chiede al medico di turno se é possibile soprassedere sulla presenza del foro del proiettile!? E’ così disonestamente idiota che, nella tragedia, riesce anche a  coprirsi di ridicolo… e a reiterare l’impressione di una volontà canagliesca di «pararsi il culo», come si dice in gergo.

Chiedo venia per gli epiteti accusatori e per le espressioni colorite, ma in un caso simile non ce la faccio, non riesco proprio ad esprimermi diversamente.

Sia chiaro, il famigerato «momento del coglione» puo’ capitare a tutti (lo determinano la distrazione, lo stress, la fatica fisica, la preoccupazione che distoglie) e sicuramente é capitato a molti, anche al sottoscritto.

Ma raramente produce incidenti maggiori o, almeno, produce incidenti maggiori quando il «momento del coglione» ce l’ha uno che per costituzione é un coglione e nello specifico anche canaglia.

Non si tratta solo del “momento del coglione”

In questo caso non si tratta solo del «momento del coglione», e non si tratta solo di incidente maggiore, si tratta anche e soprattutto di comportamenti menzogneri reiterati mirati a salvare se stesso e il proprio posto di lavoro che qualificano un om’emmerd!

Mi metto nei panni di un Ciontoli qualsiasi a cui é venuto il «momento del coglione» e gli parte un colpo che trapassa braccio e fianco del torace del fidanzato della figlia…

Non ho dubbi, mi sarei precipitato al telefono e, urlando in maniera disperata, avrei reiteratamente sollecitato l’intervento dell’ambulanza specificando che si tratta di grave ferita da arma da fuoco…

Dopodiché… dopodiché… mi sarei messo sotto il tavolo a piangere il mio dolore e la mia colpa e a pregare Dio affinché salvi quel ragazzo…

Altro che «colpo di vento che lo ha spaventato», altro che «una puntura di pettine che lo ha messo nel panico» e altre vergognose menzogne degne della peggior canaglia di questa terra.

Indigna la mitezza della sentenza

Analogo senso di digusto, pur se profondamente diverso dal primo, lo fa insorgere la mitezza della sentenza (che ha di fatto ignorato le reiterate e vergognose menzogne profferite dal Ciontoli e che hanno determinato il mortale ritardo dei soccorsi).

Ma anche il modus di enunciare quella sentenza da parte di chi é deputato a declamarla «in nome del popolo italiano» e che, a fronte del prevedibile mugugno di protesta degli astanti, ha pensato bene di gestire la situazione abbandonandosi a uno scatto di nervosismo conclusosi con una frase sibillina e fuori luogo (uso un eufemismo) tipo «…vi mando a fare una passeggiata a Perugia».

Un comportamento che poco si attaglia a un giudice in un tribunale; un comportamento che oltraggia il prefisso «magis» della funzione di magistrato e che rimanda, o piuttosto devrebbe rimandare inequivocabilmente alla dignità e al carisma.

Imputato e magistrato, entrambi, per ragioni profondamente differenti,  inqualificabili.

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