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“Stanotte a Napoli”. Frame di storia arronzati e privi di fascino notturno Eccessivi i peana per Angela.

“Stanotte a Napoli”. Frame di storia arronzati e privi di fascino notturno Eccessivi i peana per Angela.

27 Dicembre 2021 0 Di Marino Marquardt

Un film già visto. L’attesa cede il passo alla delusione. Impigrito dalla meritatissima fama, Alberto Angela per “Stanotte a Napoli” ha preferito ricorrere all’usato sicuro.

Peccato!

Ha usato il “colore” e ha illustrato luoghi e pagine di storia napoletana sulla scia di prodotti già offerti dal mercato mediatico.

Niente di inedito. E di San Gennaro, di San Gregorio Armeno e del “caffè sospeso” la gente ne ha piene le tasche…

Delusi quanti si attendevano di vivere il fascino della notte all’insegna delle leggende e delle suggestioni che la città propone in alcuni suoi angoli.

Delusi gli amanti e i conoscitori della storia – anche quella minimale – scritta all’ombra del Vesuvio.

Troppe le omissioni.

In breve, ecco le carenze del documentario:

“Stanotte a Napoli” ha ignorato il ruolo di Monte Echia – oggi Monte di Dio – culla di Partenope, primo insediamento dei Greci provenienti da Cuma dopo aver colonizzato Ischia;

ha ignorato il passaggio urbanistico dei Greci dell’VIII sec. A.C. da Partenope a Neapolis;

ha ignorato Caponapoli, l’altura designata come luogo dell’acropoli di Neapolis che si affaccia sull’antico vallone oggi  sede di Via Costantinopoli e Via Foria –

ha ignorato la chiesa di San Gaetano eretta sulle rovine del tempio di Castore e Polluce, tempio di cui fanno ancora bella mostra le antiche colonne;

ha ignorato gli scavi di San Lorenzo, unico frammento urbanizzato della Napoli Sotterranea Greco-Romana;

ha ignorato i resti del Teatro romano ai quali si accede attraverso una abitazione privata;

ha ignorato gli archi di Via Anticaglia, contrafforti degli spalti dell’Arena nella quale più volte si esibì  Nerone;

Dal passato Greco-Romano alle epoche successive.

“Staanotte a Napoli” ha ignorato il Maschio Angioino per anni simbolo della città; ha ignorato il borgo di Marechiaro e i relativi resti romani; ha ignorato il valore paesaggistico di Posillipo… Per non dire poi dei resti delle navi romane tornate alla luce in piazza Municipio durante i lavori di scavo per la Metropolitana, per non dire del Museo Archeologico e del carente approfondimento sulla figura di Raimondo De Sangro, studioso in chiaroscuro tra abbaglianti luci e inquietanti ombre.

Tutto ciò senza dire dei tesori custoditi nel Conservatorio San Pietro a Majella la cui Biblioteca ospita preziosi manoscritti dei Grandi della Musica, senza dire dei castrati provenienti da famiglie povere prodotti per diventare sopranisti al fine di interpretare ruoli femminili (alle donne era proibito calcare le scene), senza dire che la produzione di castrati rese Napoli anticipatrice di quelle città in cui a distanza di secoli saranno ammesse operazioni relative a cambiamenti sessuali, senza dire del San Carlo Tempio della Lirica…

Occasioni mancate, occasioni sprecate, occasioni sacrificate sull’altare di una consunta cartolina.

Il rincrescimento è maggiore di fronte alla consapevolezza della presenza di angoli cittadini idonei a favorire racconti di fatti mediaticamente inediti e suggestivi.

La carrellata è affascinante: dall’interpretazione del significato delle numerose edicole votive presenti nei popolosi vicoli, al Parco Virgiliano di Piedigrotta dove i sacerdoti di Priapo nella Grotta di Cocceio (la progenitrice dell’attuale tunnel che collega Piedigrotta con Fuorigrotta) si davano un bel da fare per “curare” le donne sterili. Per non dire poi della sedia della fertilità presente in una abitazione dei Quartieri Spagnoli.  In quel dedalo di vicoli, tra i Tesori nascosti c’è anche la chiesa dedicata a Maria Francesca delle Cinque Piaghe di Gesù. E’ la Santa alla quale si rivolgono le donne che hanno difficoltà nel concepire dei figli. All’interno dell’edificio sacro, in vico Tre Re a Toledo, in un ambiente privato vi è la sedia resa – secondo le credenti – miracolosa proprio dalla Santa.

Un suggestivo mix di sacro e profano nella città che ancora oggi conserva le radici pagane. Un suggestivo miscuglio di immagini, storia e leggende non valorizzato da “Staanotte a Napoli”.

Peccato, occasione perduta all’ombra della certezza che per leggere correttamente Napoli nelle sue varie sfaccettature occorre far ricorso alle consulenze di storici, antropologi culturali e psicologi. Studiosi ed esperti di cui si è avvertito il mancato supporto in “Stanotte a Napoli”. E le canzoni, per quanto belle non hanno riempito il vuoto…

Poteva insomma fare di più, molto di più usando lo stesso minutaggio, Alberto Angela. Forse impigrito dalla meritatissima fama, questa volta Angela ha preferito puntare su un comodo usato sicuro offrendo un prodotto “commerciale” destinato a un pubblico poco esigente. Lo ha fatto ricorrendo al solito “colore”. Una delusione! Da uno come lui c’era da aspettarsi di più, molto di più! E – sia chiaro – la severità del giudizio del Vostro Tastierista è figlia dell’immensa stima da parte del Medesimo verso l’Autore del Documentario.

Detto papale papale, è mancata la magia della notte, è mancato il fascino della leggenda e delle antiche suggestioni… A ben riflettere “Staanotte a Napoli” è stata soltanto una arronzata raccolta di frammenti di storia della città… Roba per turisti.

Peccato, peccato, peccato!!!

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