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The Queen Father, il famoso blogger racconta la sua famiglia arcobaleno

The Queen Father, il famoso blogger racconta la sua famiglia arcobaleno

09 Maggio 2017 0 Di Francesca Pierpaoli

E’ una tipica giornata londinese, ventosa e con una pioggia leggera, quando incontro The Queen Father, al secolo Marco Platti, in un pub di South Kensington, a Londra.

Marco è un blogger molto seguito ed insieme a suo marito sono i genitori di Gabriel, 8 anni, il figlio tanto voluto e nato grazie alla maternità surrogata. Il suo blog e la sua pagina Facebook raccolgono un numero sempre crescente di fan, che adorano il suo stile fresco e diretto, il suo modo ironico e tagliente di fustigare vizi e virtù dei nostri tempi. Davanti a una Diet Coke (ebbene sì) Marco racconta a Italia Notizie24 le tappe più importanti della sua avventura di papà e di blogger.

Marco, la tua Fanpage ha raggiunto oltre 23 mila fans, quando e come è nata l’idea del blog?
Ho iniziato a scrivere il blog nel 2009, un po’ per gioco e un po’ per combattere la noia di essere “casalinga”. Dopo la nascita di Gabriel infatti ho deciso di lasciare il lavoro e di dedicarmi completamente a fare il papà. All’inizio il blog era in inglese ma, visti i risultati scarsi, ho deciso di cambiare e di scrivere in italiano. Il successo è iniziato da lì, anche se ora pubblico i post soprattutto su Facebook. Lo preferisco, perché consente un’interazione più rapida e diretta con chi legge.

Raccontaci di te e della tua esperienza di paternità, come è andata?
Mio marito ed io ci siamo arrivati gradualmente. All’inizio è stato lui a propormi di fare un figlio, ma io non ero pronto: ero ancora interessato alle feste, ai viaggi, alla vita mondana. Lui ha 4 anni più di me ed ha saputo aspettare che io me la sentissi. Amarsi significa anche saper aspettare. Dopo un po’ di tempo ho cambiato idea e sono stato io a tornare sull’argomento: avevamo raggiunto la giusta stabilità di coppia.

Ci riassumi il percorso della maternità surrogata?
Dopo accurate ricerche, ci siamo recati negli USA, dove la maternità surrogata è praticata da 40 anni ed esistono avvocati e professionisti specializzati in materia. Il percorso è durato circa tre anni, con una gravidanza fallita. Ci tengo a precisare che una madre surrogata non presta il suo corpo per soldi, ma è spinta dal desiderio di aiutare qualcuno che desidera dei figli ma non ne può avere. Non è una compravendita, tutto avviene in modo naturale e senza forzature, un po’ come un trapianto di rene o di cornea in cui vi è un donatore.

Qual è stato il momento più difficile e quello più felice della tua vita da padre?
I due momenti coincidono. Il giorno più felice ma anche più difficile è stato quello della nascita di Gabriel. In quell’istante tutto cambia, ero pervaso da una gioia infinita, ma anche sotto choc per le incognite che mi aspettavano. Abbiamo fatto un cesareo programmato, dnque ho seguito ogni istante con trepidazione, documentando ogni attimo con grande lucidità.


Che tipo di padre sei?
Sono un padre presente, attento, forse un po’ apprensivo. Sono anche molto normativo, perché su certe cose non transigo: le regole sono poche ma vanno rispettate. La mattina si fa colazione, ad esempio, cosa che a Gabriel non piace molto.
Mamme italiane VS mamme inglesi… quali preferisci?
Amo e ammiro le mamme italiane, nonostante lo stereotipo le dipinga come un mix di sacrificio, rassegnazione e dolore. La madre italiana dà più reti, offre maggiore protezione. Qui le famiglie non fanno clan, vi è molto individualismo, molta libertà. Mi piace la mamma tradizionale che cucina, che accudisce, che trasmette il calore della famiglia.

E i padri italiani come li vedi?


Li vedo più coinvolti rispetto ad altre generazioni, anche se pochi ancora fanno quello che faccio io. Quando vedo i nuovi papà italiani che spingono il passeggino o danno il biberon, provo tenerezza. In Italia prevale ancora la cultura machista tipica dei paesi del Mediterraneo, che demanda alla donna la gestione della prole e della famiglia. Posso dire però che i nonni più dolci sono quelli italiani, come mio padre, che adora Gabriel ed è molto tenero con lui.

Gabriel ha mai avuto problemi per via della sua famiglia un po’ insolita?


No, è un bambino solare e sereno. Quando ci chiede perché lui ha due papà rispondiamo nel modo più sincero e naturale possibile. A scuola, poi, è amato e popolare tra i compagni. Del resto nella sua scuola ci sono bambini con genitori single, genitori di colore e tante realtà famigliari differenti, per cui non si sente discriminato o escluso. Londra in questo è fantastica.
Credi che a Londra l’omosessualità sia davvero accettata o vi è una forma di ipocrisia?
Probabilmente negli anni 70 e 80 vi era dell’ipocrisia, ora penso che sia una realtà pienamente accettata dalla società.
Secondo te, qual è il segreto del successo del tuo blog?
Ho uno stile semplice, immediato. Nel blog ho messo tutto sul tavolo, la mia vita, le mie dee, senza filtri. Scrivo come parlo, perché io sono così, diretto e spontaneo. Probabilmente chi mi segue è mosso da un mix di voyeurismo e simpatia nei miei confronti.
Tu vivi a Londra da venti anni, cosa pensi della Brexit?
Per me è un problema emotivo, non logistico. Mio marito è cittadino inglese, quindi non è questione di permessi. Vivo il distacco dall’Unione Europea come un divorzio, è molto doloroso.

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