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Tina Modotti e le sue foto al Mudec con la mostra Donne, Messico e libertà

09 Luglio 2021 0 Di Katia F. Mazza

Fino al 7 novembre al Mudec di Milano la retrospettiva su Tina Modotti,  fotografa amica di Frida Kahlo e Pablo Neruda.

Tu corazón era valiente. Con questo verso Pablo Neruda si avvia alla conclusione della poesia scritta alla notizia di un’amica da poco scomparsa. È lapidario il titolo, letteralmente. “Tina Modotti ha muerto“. Il poeta cileno, premio Nobel per la letteratura nel 1971, canta il suo dolore e allo stesso tempo reagisce alle voci che aleggiano sulla fine della donna oggi considerata fra i maggiori fotografi dell’intero ‘900.

Tina Modotti, da Udine agli Usa al Messico

Assunta Adelaide Luigia Saltarini Modotti nasce a Udine nel 1896. Nel 1913 si trasferisce negli Stati Uniti dove il padre era emigrato qualche anno prima. Vive a San Francisco e poi a Los Angeles dove lavora come attrice nelle produzioni di Hollywood, mal sopportando però i cliché legati al suo aspetto e alla sua origine. È emblematico un commento che si legge nei Diari di Edward Weston, fotografo che prima la sceglie come modella per poi diventare suo mentore ma anche l’uomo a cui Tina sarà legata da una tormentata relazione.

L’intelligenza e l’immaginazione dei nostri registi non riuscivano a concepire una ragazza italiana senza un coltello fra i denti e gli occhi iniettati di sangue“.

Tina lascia il cinema, lascia gli Stati Uniti e parte alla volta del Messico dove passa definitivamente dall’altro lato dell’obiettivo. I suoi lavori riflettono una non comune sensibilità. Dote che, unita al grande dominio del mezzo fotografico, le permetterà di creare immagini dal tratto inconfondibile, capaci di mostrare qualcosa che va oltre la superficie dei soggetti ritratti. Siano essi cose, luoghi o persone.

Gli anni messicani sono ricchi di esperienze. Qui incontra Diego Rivera, uno dei principali esponenti del movimento dei muralisti messicani con José Clemente Orozco e David Alfaro Siqueiros. Tina sarà per loro amica ma anche fotografa ufficiale. Frequenta inoltre la celebre pittrice Frida Kahlo, due volte moglie di Diego Rivera. Proprio a casa di Tina Modotti sarà organizzata una festa in occasione delle loro seconde nozze.

Inoltre, alla fotografia si affianca gradualmente l’impegno politico che assume importanza sempre più crescente a partire dal 1928, data di iscrizione al Partito comunista messicano. Impegno che non distoglierà Tina dalla sua fame di immagini ma piuttosto le offrirà ulteriori contenuti e occasioni di riflessione. È nel periodo messicano, infatti, che si compie gran parte dell’avventura fotografica di Tina Modotti.

Le “oneste fotografie” di Tina Modotti in esposizione al Museo delle Culture di Milano

Di questa avventura, e in generale della storia di colei che diceva di non produrre arte ma oneste fotografie, l’esposizione curata da Biba Giacchetti vuole offrire una panoramica quanto più completa e dettagliata.

Diversi i ritratti, alcuni dei quali eseguiti su commissione, come quello di Dolores del Río, celebre attrice e ballerina messicana. Interessante il gruppo di scatti dedicati alle mani. Si tratta di uno dei soggetti principali della fotografia degli anni Venti, fatto proprio dal Surrealismo, che Tina riesce però a reinterpretare secondo un senso del tutto  personale con la ferma volontà di condividere la sua visione, anche ideale, del mondo.

Desidero fotografare ciò che vedo, sinceramente, direttamente, senza trucchi e penso che possa essere questo il mio contributo a un mondo migliore“.

Sono mani di lavoratori quelle ritratte. Sono le mani di una lavandaia o di un marionettista, quest’ultimo soggetto visto da molti come metafora del potere. Ci sono poi le foto dedicate alla popolazione zapoteca, realizzate durante un viaggio a Tehuantepec nel distretto di Oaxaca, alla scoperta del mondo arcano conosciuto grazie ai racconti di Diego Rivera. Ci sono infine immagini della stessa Tina come la celebre foto di scena scattata durante le riprese di The Tiger’s Coat, unica pellicola sopravvissuta dei suoi anni hollywoodiani.

La storia e le storie: una, cento, mille Tina Modotti

Ma la vita di Tina Modotti, giustamente definita difficile da seguire e decifrare, rimane in parte velata di mistero. Questo soprattutto in riferimento al periodo che inizia con il 1930, data in cui viene espulsa dal Messico in seguito all’attentato subito dal presidente Pascual Ortiz Rubio.

Da qui, percorrendo le narrazioni che la riguardano, si ha quasi l’impressione di trovarsi di fronte a una, cento, forse mille Tina Modotti.

La sappiamo a Mosca dove entra nel Partito comunista sovietico. Sappiamo che presta servizio come infermiera volontaria del Soccorso rosso internazionale, probabilmente una attività di copertura per quelle missioni clandestine che le faranno guadagnare l’inequivocabile appellativo di Mata Hari rossa.

La fotografa prende anche parte alla guerra civile spagnola, con il nome di Maria, a fianco del triestino Vittorio Vidali. Contro di lui si scaglierà Diego Rivera attribuendogli la responsabilità della morte di Tina, avvenuta nel 1942 dopo il ritorno in Messico. Tali accuse saranno avversate da molti, fra i quali proprio Pablo Neruda.

C’è di certo che soprattutto a Vidali, oltre che al Comitato Tina Modotti di Udine, si deve la riscoperta di una figura che avrebbe potuto diversamente rischiare l’oblio. Il suo contributo  è stato decisivo per la diffusione delle opere e della memoria di quella che vogliamo qui descrivere in primo luogo come un’artista nonostante la sua scelta esplicita di non riconoscersi in questa definizione.

E sebbene si tratti di una memoria che lascia aperti diversi dubbi, ogni ‘apparizione’ di Tina Modotti non manca mai di catturare l’attenzione di esperti e grande pubblico.

Tutti desiderosi, forse, di scorgere ancora un nuovo particolare del Ritratto di donna — questo il titolo di uno dei due libri che le dedicherà Vittorio Vidali — così bello anche perché così difficile da disegnare.

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