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Tra sunniti e sciti, ecco dove sta l’Islam più “moderato”

Tra sunniti e sciti, ecco dove sta l’Islam più “moderato”

14 Febbraio 2019 0 Di Corrado Corradi

Ecco le tre facce dell’Islam, mondo sfaccettato in cui non tutti sono impresentabili e jihadisti. Ed ecco il Marocco, potenziale campione dell’Islam più moderato.

Le due o tre facce dell’Islam attuale

Qual’è il mondo arabo islamico che abbiamo di fronte in questo momento? Quante facce ha l’Islam, e quali sono quelle “islamiste”?

Per rispondere a queste domande, provo a dare una risposta la più paradigmatica possibile, perché l’argomento è comunque molto articolato e ricco di chiaroscuri.

L’Islam, oggi, si presenta con due facce, anzi, tre; cerco di lumeggiarle semplificando al massimo…

In ambito sunnita ne contiamo due.

Una (minoritaria), contigua alle istanze più integraliste, di derivazione wahhabita, che impersonifica la degenerazione della religione in ideologia, il cui fulcro é la penisola arabica e le dinastie ivi regnanti, impresentabile per svariate ragioni.

Un Islam che può essere paradigmaticamente riassunto da queste due foto di una manifestazione islamISTA dalla connotazione jihadista avvenuta nell’università di Kairouan in Tunisia nel 2014, a quattro anni dall’ascesa al potere di quel partito islamico, Ennahda, spacciato per moderato.

islam manifestazione islamista tunisia 2014

 

Una (maggioritaria) che mi piace lumeggiare con il discorso pronunciato dall’allora principe ereditario del Marocco Moulay Hassan (poi Re Hassan II), in occasione dell’inaugurazione del monastero benedettino di «Toumliline», località dell’Atlante marocchino, nell’agosto 1953:

Discours d’accueil de SAR Moulay Hassan

Dans ce pays que Sa Majestè le Roi espere voir devenir le trait d’union entre l’orient et l’occident,……..mesdames et messieurs, vous etes chez vous.

Car l’homme de bien, le croyant, l’homme honnete est partout chez lui……

Alors, ce pays qui est le votre, est surtout la maison de Dieu, elle est celle de tous les croyant, celle de tous les hommes qui ont des aspirarions egales dans un monde meilleur.

A conferma che il pensiero espresso nel «discorso di Toumliline» é una realtà in alcuni paesi del mondo arabo-islamico sunnita popolati e guidati da musulmani di buona fede e volontà, alcuni dei miei amici marocchini e, ovviamente, musulmani, sono devoti di Padre Pio (quando vengono in Italia si recano in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo) e alcuni altri non disdegnano di tenere in casa una immagine della Vergine Maria («Mariam Oumm Aissa», Maria Madre di Gesù) con tanto di coroncina in testa.

L’Islam Sci’ita, innocuo erede della civiltà persiana

La terza faccia é quella dell’islam Sci’ita, la quale si presenta con un’espressione che, senza volontà di offesa né di banale sdrammatizzazione, definirei sostanzialmente «innocua», in quanto non ha mai espresso un «lebensraum spirituale» e/o politico che vada oltre le aree contigue ai propri confini, in cui l’Islam Sci’ita incarna l’auditum spirituale di un popolo dall’antica e gloriosa civiltà (l’antica Persia zoroastriana).

L’attuale Islam sci’ita (a prevalenza iraniana) che, in seguito a un probabile imbroglio successorio e ad una sicura sconfitta militare, é stato costretto in un angolo dalla tracotanza della crescente Sunna, lì si é appartato sviluppando una teologia propria sulla base della questua dei numerosi filosofi della pregressa tradizione persiana.

Che l‘Iran sia un paese confessionale in cui la legge viene applicata con metodi che a noi risultano feroci é indubbio. Ma questo attiene agli affari interni di un paese sovrano con il quale abbiamo la facoltà di stabilire o non stabilire rapporti, oppure calibrarli in funzione della «presentabilità» di quello stesso paese.

Comunque, da un punto di vista etico e morale, l’Iran non é meno presentabile dell’Arabia Saudita, del Qatar, e di molti altri paesi musulmani dove viene applicata la shari’a, e con i quali intratteniamo rapporti di alleanza, economica, commerciale, finanziaria e militare e dove mai é stato decretato un embargo.

Anzi, per rispetto delle minoranze religiose, gli Ayatollah sono quasi irreprensibili, soprattutto se paragonati ai loro cuginetti wahhabiti d’Arabia che, oltre ad imperversare nei paesi del golfo contro ogni benché timida manifestazione religiosa che non sia islamica, cominciano a far sentire tutta la loro intolleranza anche da noi per interposta persona (ossia inducendo le comunità musulmane presenti in Europa a pretendere diritti suscettibili di indebolire la nostra civitas a favore di una civitas confessionale che é e sarà solo loro).

Sotto la roccia dell’integralismo freme il magma delle istanze di rinnovamento

In questo panorama, che molti considerano stagnante, si muove un magma di riflessioni, proposte, istanze, aspirazioni di rinnovamento, ricoperto da un sottile ma robusto strato di roccia che i detentori dell’Islam più immobile si sforzano di isolare e difendere impedendo a chiunque di scalfirlo.

In tale contesto, emergono numerosi paesi e numerose personalità che aspettano solo una sponda per avviare il tanto agognato rinnovamento dell’Islam.Fra questi emergono il Marocco e il suo Re.

Fra questi emergono il Marocco e il suo Re.

Il Marocco può far emergere l’Islam “migliore”

Perché insisto sul Marocco?

Perché lo identifico come il paese del mondo arabo-islamico in grado di rompere quello strato roccioso, far emergere quel magma di rinnovamento e convogliarlo per far prevalere l’Islam “migliore”…

L’ultimo chiaro segnale di questa predisposizione ci viene dal rifiuto del Sovrano marocchino di incontrare il Principe Saudita MBS, in visita privata in Marocco, in seguito all’affare Kasogghi… non è un segnale da poco.

Come ho già accennato in altri articoli, il Marocco è il principale paese del mondo arabo-islamico, musulmano a tutto tondo (al quale nessun musulmano può muovere un’accusa di apostasia) che si è autonomamente impegnato a disinnescare sul piano dottrinale l’islamismo militante di marca wahhabita e a sviluppare un importante progetto di portata strategico-religiosa mirante a:

  • contenere le ingerenze dell’internazionale islamista della confraternita musulmana e delle madrase riconducibili al wahhabismo del golfo;
  • affermare, all’indirizzo del mondo arabo-islamico mediorientale e del golfo, sia la propria autonomia ma, soprattutto, la primazia dignitaria in materia di religione (il sovrano marocchino, discendente di Mohammad, è “Principe/comandante dei fedeli”);
  • estendere ai paesi del Sahelo-Sahara (Mauritania, Mali e Senegal) la propria influenza politica e consolidarvi l’islam della tollerante scuola giuridica Malakita e della spiritualità sufi (corrente di pensiero religioso che ha prodotto un florilegio di speculazioni caratterizzate dalla tolleranza);
  • offrirsi alla platea dei paesi occidentali come paese dal profilo islamico consolidato ma “presentabile”, in netta opposizione alla impresentabilità dell’islamismo militante.

Merita evidenziare altresì che tra il 2009 e il 2010, su indicazione del sovrano, nel paese è stata avviata una campagna mirata a creare una classe di imam (mutatis mutandis equivalenti ai nostri preti) titolati, suscettibili di costituire una sorta di “clero” (assente nel mondo sunnita) fedele al sovrano stesso il quale riveste storicamente il titolo di “principe/comandante dei fedeli” e che costituisce il maggior elemento di stabilità religiosa.

L’organismo che si occupa di dare una struttura alla nebulosa degli imam è la “Rabitat Mohammadiya des Imams du Maroc” inserita in seno al Ministero degli Affari Religiosi.

Ulteriore elemento di garanzia di stabilità sul piano della religione è dato dalla presenza di numerose “confraternite” tradizionali di ispirazione Sufi, che favoriscono la tolleranza e immunizzano l’islam dalla deriva integralista (rammento che dove sono arrivati gli epigoni dell’Islam wahhabita le prime vittime sono state le confraternite sufi).

Non confondiamo Islam e Jihad, e condanniamo solo quello aggressivo

In sostanza, la maggioranza dei musulmani ha ragione quando si lamenta che a causa dell’estremismo islamico noi facciamo di tutt’un’erba un fascio confondendo l’Islam della brava gente con quello degli sgozzatori.

Ed é vero altresi’ che l’Islam non ha nulla a che vedere con i tagliagole jihadisti e veramente poco da spartire con l’integralismo in doppio petto della fratellanza musulmana.

Tuttavia, dopo aver introitato tale verità e nell’ottica di un più franco rapporto con i musulmani di buona fede (che, ripeto, sono la maggioranza), é bene specificare i seguenti fattori, utili a meglio capirci.

L’Islam é una religione, mi si passi il termine (e, absint iniuria verbis) «aggressiva» nella misura in cui tende naturalmente all’imposizione del proprio credo nella convinzione di migliorare le persone e il mondo.

E’ sulla base di questa percezione di sé stesso che nell’Islam si sviluppa il concetto di jihad, che qualche musulmano interpreta alla lettera, si fa mujahid e abbraccia la lotta armata per affermare la sua fede che, per lui, é destinata a salvare l’orbe.

E’ sulla base di questa percezione di sé stesso che nell’Islam si sviluppa il concetto di jihad, che qualche musulmano interpreta alla lettera, si fa mujahid e abbraccia la lotta armata per affermare la sua fede che, per lui, é destinata a salvare l’orbe.

La frastagliatura del mondo arabo islamico non permette una condanna univoca dell’islamismo militante, anzi favorisce la diffusione dei soliti triti/ritriti e ripetuti distinguo che ribaltano la colpa su altri: «sono gli ebrei e gli americani che fomentano il jihadismo per screditare l’islam»; oppure «il jihadismo é stato innescato dalle crociate e dalla protervia del colonialismo occidentale di marca crociata» quando invece é evidente che in seno al mondo arabo-islamico insistono coaguli di radicalismo «armato».

E, com’é vero che l’Islam non corrisponde al jihadismo mal intepretato, é altrettanto vero che il suo convincimento di essere il sigillo di tutte le religioni offre un giustificativo alla protervia della fratellanza musulmana.

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