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Tron: Ares, il film che affronta l’intelligenza artificiale

Tron: Ares, il film che affronta l’intelligenza artificiale

12 Ottobre 2025 Off Di Emanuel Felice Coppola

Tron: Ares, diretto dal regista Joachim Rønning è la terza pellicola di una story avvincente partita 43 anni fa.

Sono trascorsi quarantatré anni da Tron, quel piccolo gioiello di fantascienza targato Disney che, nonostante il modesto riscontro al botteghino, è diventato nel tempo un autentico film cult. Nato dalla mente visionaria di Steven Lisberger, regista e co-sceneggiatore del primo capitolo, Tron rappresentò una svolta epocale per la casa di produzione di Burbank: fu infatti il primo film Disney a fare uso estensivo della CGI, aprendo la strada a una nuova era per il cinema digitale. Il film del 1982 fu, a tutti gli effetti, avanguardia pura: uno spettacolo visivo senza precedenti, capace di fondere estetica digitale, filosofia e un’autentica dichiarazione d’amore per la tecnologia e per le potenzialità della realtà virtuale. Con il passare degli anni, Tron: Legacy ha progressivamente riconquistato l’attenzione di pubblico e appassionati. A quindici anni di distanza dal secondo capitolo, il mondo di Tron torna a illuminarsi con il terzo film del franchise, Tron: Ares, diretto dal regista norvegese Joachim Rønning. Al centro della narrazione si trova Jared Leto, protagonista assoluto nei panni di Ares, un programma sofisticato e misterioso creato da Julian Dillinger (interpretato da Evan Peters), nipote di Ed Dillinger, CEO della Encom presente nel film originale. La saga di Tron continua a mantenere viva la connessione tra cinema e videogioco, due mondi da sempre al centro della sua identità estetica e narrativa. In Tron: Ares questa eredità ideale si riflette nel contrasto tra Eve Kim e Julian Dillinger, due visioni opposte del futuro dell’umanità.Eve incarna un’utopia etica e progressista: vuole mettere la tecnologia al servizio del bene comune, utilizzandola per curare malattie e promuovere un uso responsabile dell’intelligenza artificiale. Dillinger rappresenta la deriva cinica e militarizzata dell’innovazione, desideroso di vendere Ares come “il soldato perfetto” al miglior offerente, trasformando un miracolo tecnologico in un’arma. Tron è, prima di tutto, uno specchio del progresso tecnologico e dell’immaginario umano.Ogni film del franchise riflette il rapporto tra uomo e macchina nel proprio tempo. Ares, oggi, affronta l’età dell’intelligenza artificiale, interrogandosi sull’etica del progresso e sui rischi di una tecnologia che può superare il suo creatore. Se nei primi due capitoli del franchise gli esseri umani venivano proiettati all’interno della rete digitale, in Ares avviene il processo inverso: sono i programmi e le macchine a entrare nel mondo reale grazie ad un laser generativo. La tecnologia, tuttavia, non è ancora perfetta: ogni materiale generato dal laser si disintegra automaticamente dopo 29 minuti, lasciando dietro di sé solo polvere. Da qui nasce il fulcro narrativo del film: il “codice di permanenza”, un algoritmo ideato originariamente da Kevin Flynnche Eve riesce ad ottenere grazie alle tracce lasciate dalla sua defunta sorella. Ma è proprio questa capacità di percepire il mondo al di là delle istruzioni ricevute che porta Ares a comprendere di non essere semplicemente un’arma. La sua presa di coscienza lo induce a ribellarsi al controllore e a schierarsi al fianco di Eve, diventando un alleato determinante nello scontro finale con Dillinger. Tron: Ares si conferma un film tecnicamente e visivamente impeccabile, ma non privo di limiti. La storia avrebbe potuto osare di più, alcuni personaggi risultano eccessivamente piatti, e il legame con i due capitoli precedenti rimane poco esplorato, sebbene il film riesca a strizzare l’occhio ai fan storici con un momento emblematico. I veri punti di forza, però, risiedono altrove. Le scene di combattimento sono coreografie eleganti, quasi danzanti, e il montaggio supporta e amplifica questa impressione, orchestrando le inquadrature in modo da esaltare movimento e ritmo. Tron: Ares rappresenta una tappa significativa nel percorso della saga, capace di coniugare spettacolo visivo e riflessione sul rapporto tra uomo e tecnologia, confermando come il franchise continui a essere un riferimento imprescindibile della fantascienza cinematografica e un laboratorio creativo in cui il digitale diventa metafora della nostra epoca.

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