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Afghanistan: l’offensiva talebana avanza. Rischio crisi migratoria. 

Afghanistan: l’offensiva talebana avanza. Rischio crisi migratoria. 

12 Agosto 2021 0 Di Rebecca Gnignati

Afghanistan: l’offensiva talebana avanza. Il 65% del Paese è in mano ai Talebani, allarme diritti umani. Cresce il rischio di una crisi migratoria, oltre un milione e mezzo di sfollati. 

I servizi segreti americani l’avevano previsto: una volta sgomberate le truppe americane, i Talebani sarebbero tornati. In sei, sette mesi. Oggi, siamo ad un mese dal completamento dello sgombero delle 3000 truppe statunitensi stazionate in territorio afghano, previsto per l’11 settembre. I talebani hanno riconquistato il 65% del Paese, in un’inarrestabile avanzata che sembra segnerà presto la fine della breve esperienza democratica del Paese. 

L’offensiva talebana: che cosa sta succedendo?

Dopo Ghazni, città strategica sulla direttrice Kabul-Kandahar 130 km sudest della capitale,  decimo capoluogo di provincia a cadere sotto la travolgente avanzata talebana che sta sconvolgendo l’Afghanistan, cade anche Herat e Kandahar, rispettivamente terza e seconda città afghane. Da quando gli Stati Uniti e la Nato hanno annunciato il ritiro delle truppe, i Talebani hanno rilanciato l’offensiva. Il 2 luglio, all’alba dell’abbandono delle forze americane della storica base di Bagram, la milizia ha rafforzato lo sforzo bellico. Ora controlla 232 dei 402 distretti afghani oltre a dieci capoluoghi di provincia. Si teme ora per Kabul, fino ad ora inespugnabile. In questi giorni più di 1 milione di sfollati hanno raggiunto gli oltre 3 milioni di profughi interni che si sono accumulati nell’aerea della città durante gli ultimi vent’anni. Secondo Al Jazeera, il governo afghano avrebbe offerto, tramite un inviato in Qatar, ai Talebani un accordo per governare insieme, purché le violenze in corso finiscano. 

Mappa: Bill Roggio, FDD’s Long War Journal.

Come siamo arrivati a questo punto? 

Gli Americani, in Afghanistan dalla celebre dichiarazione di guerra “al terrorismo” di Bush post 11 settembre, hanno annunciato la ritirata delle truppe ad aprile. Il ritiro, annunciato da Biden, è stato però preparato durante gli anni dell’amministrazione Trump. Il presidente repubblicano ha infatti raggiunto un accordo con i Talebani a febbraio 2020. Il ritiro delle forze americane in cambio della salvaguardia dei diritti civili, soprattutto di donne e minoranze, e della democrazia, oltre alla promessa di non ospitare organizzazioni terroristiche come Al Qaeda. Secondo la BBC, i Talebani stanno ignorando il patto, imponendo un regime basato sulla Shaaria nelle provincie occupate, facendosi strada uccidendo e ferendo civili.

La ritirata USA e NATO

La maggioranza dei tre mila soldati statunitensi sono già rientrati e i pochi rimasti dovrebbero concludere lo sgombero entro la simbolica data dell’11 settembre, esattamente 20 anni dopo gli attentati alle torri gemelle, seguiti a ruota dalle truppe Nato. La Nato ha infatti dichiarato, facendo eco al presidente americano Joe Biden, che gli obiettivi della missione in Afghanistan sono stati raggiungi. Il Segretario Generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, ha infatti dichiarato che la NATO “ha impedito che l’Afghanistan diventasse un rifugio sicuro da dove i terroristi potessero condurre attacchi contro i nostri Paesi. Inoltre, abbiamo aiutato a ricostruire totalmente le forze di sicurezza afghane e assistito il popolo afghano nel processo di progresso sociale”. 

Il parere degli esperti

Analisti di centri di studi italiani e americani, tra cui l’ISPI e FDD, non sono d’accordo con le affermazioni di Stoltenberg e Biden. Secondo Thomas Joscelyn della Foundation for the Defense of Democracies, i Talebani non hanno ‘alcuna intenzione di continuare il processo di pace, né tantomeno di preservare i diritti delle donne e delle minoranze‘, ovvero di continuare il cosiddetto “progresso sociale” che gli Stati Uniti avrebbero assicurato al popolo afghano.

D’altro canto, la stessa CIA e alcuni generali dell’esercito americano avevano avvisato il presidente della totale mancanza di preparazione dell’esercito afghano in caso di attacco talebano. Ma Biden non ha voluto sentire ragioni. Gli Stati Uniti hanno perso 2400 soldati e 2 trilioni di dollari nel conflitto più lungo che abbia mai affrontato. Biden, sostenitore della riduzione dell’impegno americano in Afghanistan dai tempi della vicepresidenza nell’amministrazione Obama, è irremovibile: nessun Americano morirà più a Kabul. 

Quale futuro per Kabul?

Mentre alcune nazioni europee, tra cui Francia, Olanda e Germania, si affrettano a bloccare le eventuali deportazioni di migranti afghani irregolari, le poche truppe americane rimaste in suolo afghano tentano di dare supporto, per lo più aereo, alle forze in campo. Ma un nuovo report dell’intelligence USA è categorico: tra uno, due, massimo tre mesi, Kabul cadrà. 

Se I Talebani riuscissero ad impossessarsi del capitale, e dunque dell’intero Paese, con la forza, non avrebbero alcun motivo di continuare le negoziazione in corso a Doha con americani e governo afghano, a detta di molti analisti da mesi una farsa. Le intenzioni non sembrano delle migliori, nelle provincie cadute in mano talebana i diritti civili sono stati praticamente annullati. E non ci può aspettare che il nuovo regime non diventi un nuovo rifugio per la leadership di Al Qaeda, con la quale alcuni leader talebani intrattengono ottimi rapporti, rifiutandosi di chiamare l’organizzazione “terrorista” duranti i negoziati. 

Nel frattempo, gli sfollati dalle provincie hanno raggiunto la capitale, mentre i Paesi europei si interrogano se l’avanzata talebana sarà l’inizio di una nuova crisi migratoria. 2000 sono i migranti afghani che ogni giorno arrivano in Turchia, ma il numero potrebbe velocemente lievitare. La parola va a Joe Biden che, per il momento, sembra non essersi pentito delle scelte fatte. Il dipartimento di stato americano ha fatto sapere che 3000 truppe americane sono attese a Kabul, esclusivamente per assistere l’evacuazione ordinata degli ufficiali civili sul campo.

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