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Ambiente: la biodiversità cerca soldi a Roma

Ambiente: la biodiversità cerca soldi a Roma

25 Febbraio 2025 Off Di Nunzio Ingiusto

I rappresentanti di centinaia di Paesi si ritrovano a Roma fino al 27 febbraio per trovare un accordo sui fondi per salvare vite umane ed economie.

 

Le giornate supplementari a Roma (25-27 febbraio) della COP p 16 sulla biodiversità sono per l’Italia un’occasione unica per trasmettere al mondo un segnale forte di lotta al cambiamento climatico. L’obiettivo principale delle delegazioni è una strada per trovare 200 miliardi di dollari entro il 2030. La COP16 vuole rafforzare il Quadro Globale per la Biodiversità di Kunming-Montreal (KMGBF), con 23 target per fermare e invertire la perdita di natura entro il 2030. A novembre scorso a Cali, in Colombia, il summit era fallito e per questo le delegazioni si sono ritrovate a Roma. Nemmeno stavolta sarà facile mettere d’accordo 190 Paesi, ma bisogna provarci. E la volontà di provare a chiudere un accordo è sostenuta dall’appello di 39  organizzazioni e reti di organizzazioni della società civile attive nei settori dell’ambiente, della tutela del territorio, dello sviluppo sostenibile. Alla base c’è un  testo del WWF che chiede al Governo italiano di agevolare l’accordo sulla mobilitazione delle risorse finanziarie e garantire al tempo stesso un maggiore impegno finanziario dell’Italia per la biodiversità. Sarebbe una prova di  maturità per un Paese che storicamente ha beneficiato  dei vantaggi di uno straordinario clima mediterraneo. Da tempo la condizioni climatiche e ambientali sono cambiate in peggio e  di occasioni per intervenire se ne presentano a decine. Il summit di Roma è una di queste.

Il dialogo Nord Sud del mondo

L’incontro è, dunque, cruciale in particolare per rilanciare il dialogo tra Paesi del Nord e del Sud del mondo, che in Colombia si erano divisi proprio sulle modalità della creazione del  nuovo fondo per la biodiversità. Il mondo vive una fase drammatica di declino della biodiversità che genera rischi per anche per l’economia. Oltre il 50% del PIL globale è direttamente collegato a fattori come natura, agricoltura, siccità, malattie, aria pulita. Quelli che gli esperti definiscono  “servizi ecosistemici ” forniti dalla natura si  trasformano in rischi e non solo per le persone, ma per l’economia. I negazionisti se ne accorgono – anche se fingono di non darlo a vedere – quando gli affari sono condizionati dai  mutamenti climatici, da raccolti poveri, dalla minore disponibilità di risorse, da deficit nell’import-export. La faccia più imperfetta di questo stato di cose è quella dei Paesi in via di sviluppo dove la perdita di biodiversità  moltiplica squilibri economici e sociali, povertà, crisi sanitarie, migrazioni. 200 miliardi di dollari entro i prossimi cinque anni  servirebbero a coprire a malapena i danni di oggi.

Favorevoli e contrari

“Il Quadro Globale per la Biodiversità di Kunming Montreal è molto di più di una dichiarazione di intenti. È un piano per creare un futuro più equo e sostenibile in cui sviluppo umano e tutela della natura vadano di pari passo” dice Dante Caserta del WWF Italia. “Senza le risorse finanziarie adeguate rischiamo di non raggiungere questo importante obiettivo per l’umanità”. D’altra parte a Roma  si riparte da un’altra circostanza inquietante che descrive lo stato delle relazioni politiche internazionali e le strategie delle élites. Il Quadro per la Biodiversità di Kunming-Montreal non è riconosciuto da Russia, Turchia, Slovenia, Emirati Arabi Uniti, Egitto. Ma anche dall’Azerbaijan che ha ospitato l’ultima COP29 a novembre 2024. E poi ancora non è stato firmato da Finlandia, Norvegia e Svizzera, Perù, Sudafrica. Un disordine politico spaventoso molto simile a una beffa in danno di quei Paesi che soffrono di più la perdita di biodiversità. Ma il clima che cambia ci dice che nessuno può sentirsi al sicuro.

 

 

 

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