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Strage di Capaci: trent’anni dopo l’Italia ricorda Giovanni Falcone

24 Maggio 2022 0 Di Daniela Staffiere

L’Italia ricorda i 30 anni dalla strage di Capaci. Il Presidente Mattarella a Palermo per la commemorazione.

Strage di Capaci: trent’anni dopo l’Italia ricorda Giovanni Falcone

A trent’anni dalla strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, ed i tre uomini della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella torna nella sua Palermo per ricordare chi ha sacrificato la sua vita in nome dello Stato.

Per la cerimonia di commemorazione dei trent’anni dalla strage di Capaci, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è recato a Palermo ed ha presenziato la manifestazione organizzata  nel prato del Foro Italico, gremito di ragazzi provenienti da tutte le scuole di Italia.

Sul palco presenti anche i ministri dell’Istruzione Patrizio Bianchi, dell’Interno Luciana Lamorgese, della Giustizia Marta Cartabia, dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa, degli Esteri Luigi Di Maio e ancora il capo della Polizia Lamberto Giannini, il Procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo ed il Procuratore di Roma Francesco Lo Voi.

Mattarella ricorda il 23 maggio 1992

Sono trascorsi trent’anni da quel terribile 23 maggio allorché la storia della nostra Repubblica sembrò fermarsi come annientata dal dolore e dalla paura. – ha detto il Presidente Mattarella – Il silenzio assordante dopo l’inaudito boato rappresenta in maniera efficace il disorientamento che provò il Paese di fronte a quell’agguato senza precedenti, in cui persero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani“.

La fermezza del suo operato nasceva dalla radicata convinzione che non vi fossero alternative al rispetto della legge, a qualunque costo, anche a quello della vita”, ha ricordato il Presidente Mattarella, che ha proseguito affermando che coltivava il coraggio contro la viltà, frutto della paura e della fragilità di fronte all’arroganza della mafia. Falcone non si abbandonò mai alla rassegnazione o all’indifferenza“.

Il Presidente Mattarella ha aggiunto che “Onorare oggi la memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vuol dire rinnovare quell’impegno, riproponendone il coraggio e la determinazione. L’impegno contro la criminalità non consente pause né distrazioni”.

Maria Falcone alle ministre: “Brinderemo alla cattura di Messina Denaro”

Presente anche la sorella del giudice, Maria Falcone, che si è rivolta alle ministre degli Interni e della Giustizia Luciana Lamorgese e Marta Cartabia, sedute in prima fila insieme al ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “Adesso – ha detto – manca solo Messina Denaro. Quando lo prenderemo brinderò con voi, ministre”.

La sorella del giudice ha continuato, ricordando che ”La lotta alla mafia si regge sulle spalle di un gigante che si chiamava Giovanni Falcone. Ma io non amo chiamarlo eroe: era un magistrato, un uomo che faceva il suo lavoro”.

Infine ha voluto ringraziare i ragazzi e gli insegnanti presenti a Palermo per non dimenticare.

La strage di Capaci

E’ il 23 maggio 1992 il giudice Giovanni Falcone, allora Direttore degli Affari penali del ministero di Grazia e Giustizia, e candidato alla carica di Procuratore nazionale antimafia, sua moglie Francesca Morvillo, ed i 3 uomini della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani viaggiano, insieme ad altri colleghi, sull’autostrada Trapani-Palermo.

Sono le 17.58 quando, nei pressi di Capaci, si verifica una tremenda esplosione.

Circa 500 chili di tritolo piazzati dentro un canale di scolo esplodono durante il passaggio di due delle tre auto Fiat Croma del corteo.

Un’esplosione senza precedenti

La prima auto blindata – con a bordo i poliziotti Antonino Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo – viene scaraventata nella carreggiata opposta di marcia, su un pianoro coperto di ulivi.

La seconda Croma, guidata dallo stesso Falcone, si schianta contro il muro di detriti della profonda voragine aperta dallo scoppio. L’esplosione divora un centinaio di metri di autostrada.

La terza auto si salva incredibilmente, provocando solo ferite agli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e all’autista giudiziario Giuseppe Costanza, che viaggiava sul sedile posteriore dell’auto guidata da Falcone.

Il piano di Cosa Nostra

Cosa nostra aveva deciso di colpire proprio in Sicilia l’uomo che impersonava il simbolo della lotta alla mafia siciliana.

Il giudice Giovanni Falcone era l’uomo che aveva ricostruito la struttura mafiosa, grazie anche alla collaborazione dei pentiti e soprattutto di Tommaso Buscetta.

Falcone aveva individuato esecutori e mandanti degli omicidi mafiosi a Palermo. Infine aveva indagato sulle relazioni tra Cosa nostra e il potere.

A premere il pulsante che fece partire la deflagrazione Giovanni Brusca con l’artificiere Pietro Rampulla.

Ma l’ordine era partito da Totò Riina e dagli altri capi di Cosa Nostra. Un piano studiato ed elaborato mesi prima.

Nei mesi e negli anni successivi tutti i responsabili delle stragi mafiose sono stati arrestati e condannati.

Resta ancora latitante solo Matteo Messina Denaro, indicato ormai da anni dagli investigatori come capo della mafia siciliana.

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