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Ecco perché è sospetta la improvvisa inefficienza delle Forze armate francesi

Ecco perché è sospetta la improvvisa inefficienza delle Forze armate francesi

18 Dicembre 2018 0 Di Corrado Corradi

Dalle dimissioni del comandante Pierre de Villiers in contrasto con il presidente Macron, la Forza di sicurezza francese non è più la stessa.

Due più due fa quattro, non ci sono dubbi, né più e né meno come «due indizi formano una prova»  ma anche «a pensar male si fa peccato ma spesso ci s’azzecca».

De Villiers, le dimissioni per i tagli alle Forze armate

Forze armate francesi: il capo di stato maggiore Pierre de Villiers e il presidente Emmanuel Macron (ph. Le Figaro web).

Forze armate francesi: il capo di stato maggiore Pierre de Villiers e il presidente Emmanuel Macron (ph. Le Figaro web).

Il capo di stato maggiore delle Forze armate francesi, generale Pierre Le Jolis de Villiers de Saintignon, si è dimesso in polemica con Emmanuel Macron subito dopo l’insediamento di quest’ultimo all’Eliseo. Il pretesto “formale” individuato dalla stampa è stata la sua contrarietà ai tagli al budget delle Forze armate.

Ma qualcuno, sotto sotto, ha presto cominciato ad intuire che c’era qualcosa di più: i due hanno, infatti, una visione strategica della Francia e del mondo in netta antitesi tra loro.

Quel soldato, il cui nome evidenza evidenti origini nobili, ha un fratello visconte, già sottosegretario alla Cultura durante la presidenza Chirac, ed é conosciuto per la sua strenua difesa delle radici cristiane della Francia e non manca di manifestare la preoccupazione per quello che definisce un processo di islamizzazione del suo Paese.

Lo staff del generale De Villiers non ha mancato di manifestare in maniera palese la sua simpatia per il comandante dimissionario, facendogli festosa corona intorno nel cortile del Ministero della Difesa.

E non é un segreto di Stato che analogo apprezzamento, più o meno palese, viene tutt’ora espresso da tutti i reparti delle «Armées», che lo ritengono un generale efficiente, efficace, senza peli sulla lingua, che ha una visione pragmatica del presente e del futuro…

Insomma, proprio quello che un soldato si aspetta da un comandante. Ed anche, proprio quello che i cittadini francesi si aspettano in un momento di incertezza politica, sicuritaria, sociale, financo identitaria come quello attuale.

Malgrado l’addio (o l‘arrivederci) del generale De Villiers, le Forza Armata francese ha mantenuto il suo tradizionale applomb di «grande muette» (la grande muta), anche se é facile ipotizzare che «sotto la cenere… brace».

La fedeltà dei reparti francesi in armi alle istituzioni, in primis la più alta tra di esse, é fuori discussione, almeno fino a quando le Istituzioni repubblicane fanno le Istituzioni e non oltrepassano il limite della gestione privata della Cosa Pubblica…

E non va dimenticata la genesi della Francia moderna, che ha avuto l’ardire di ghigliottinare prima il Re e poi anche chi lo aveva ghigliottinato.

Dalla questione Benalla alle proteste di studenti e gilet gialli

I sentori della fine della luna di miele tra i francesi e il loro giovane Presidente sono iniziati con la questione “Alexandre Benalla“, la guardia del corpo di Macron da tutti ritenuto ben più di una guardia del corpo, e indicato come uno dei suoi più stretti collaboratori se non anddirittura il suo amante.

Il dato di fatto é però che quel Benalla, sicuramente molto vicino a Monsieur le Président, ha dato la peggior prova di se malmenando – vestito da agente anti sommossa – due manifestanti.

Abbiamo poi assistito a tre manifestazioni consecutive dei “Gilet Gialli” e degli studenti, tutte caratterizzate da gravi episodi di guerriglia urbana, con numerosi feriti e anche qualche morto.

Manifestazioni a cui la République ha opposto circa 90 mila (novantamila!) tra poliziotti e gendarmi, che hanno dato coram populo prova di inefficienza, mancanza di efficacia e spesso ferocia (come solo gli inefficienti e inefficaci sanno dimostrare).

Eppure, i CRS (Corps Repubblicain de Sureté) si sono fatti le ossa durante le manifestazioni parigine del ’68.

E da allora, hanno sempre saputo fronteggiare con efficacia ed efficenza le situazioni di crisi dell’ordine pubblico contenendo al minimo i “collateral damage”… ossia i pestaggio di donne, vecchi e ragazzini.

E’ vero che la manifestazione dello scorso fine settimana é stata molto meno violenta delle precedenti, ma le grane per Macron non sembrano finire.

Protesta di Natale: la polizia francese blocca i commissariati”

Per questa settimana pre-natalizia, le più importanti sigle sindacali della Polizia francese hanno lanciato la campagna di protesta intitolata “blocchiamo i commissariati”.

In sostanza:

  • la “Grande Muette” ha tenuto fede alla sua tradizione, rimanendo muta di fronte a forti perplessità circa il futuro della Francia guidata da un giovane e rampante Presidente;
  • ma non si puo’ non andare con la mente a quel generale, dalla specchiata moralità e professionalità, che gli ha detto “Signornò” e se ne é andato, trasformando la sua dipartita in un trionfo;
  • la Gendarmeria e il Corp Républicain de Sureté hanno espletato il loro dovere, affrontando i manifestanti, ma hanno palesato una incapacità di gestire l’ordine pubblico quanto meno sospetta, per reparti di Polizia notoriamente preparati ad ogni scenario e di solito molto efficienti ed efficaci;
  • e la Polizia non trova di meglio che indire uno sciopero dei commissariati proprio in un momento delicato come questo.

Le Forze armate, nella persona del loro comandante, palesano in maniera “elegante” ma ferma il loro dissenso, quasi a dire «chi vuol intendere intenda».

La Gendarmeria, nota per la sua capacità di fronteggiare disordini, assume un comportamento che lascia sospettare una pessima gestione. La Polizia che indice uno sciopero…

De Villiers e Macron, troppo diversi per collaborare

Insomma, ce n’é a sufficienza per abbandonarsi ad un minimo di sana dietrologia…

Infatti, non si può dimenticare che tra il genrale De Villiers e Macron c’é un incolmabile abisso di etica patria, di morale, financo di estetica.

Il primo appartiene ad una famiglia cattolica, tradizionalista, nazionalista, il cui riferimento culturale era ed é Jean D’ormesson (uno dei fondatori della «Nouvelle droite») e che sembra coagulare intorno a sè tutti i poteri nazionali contrari alla politica di Macron.

L’altro, Monsieur le Président, é il rampollo di una famiglia finanziaria globale, i cui principali interessi guardano alla finanza transnazionale più che alla tradizione e al nazionalismo francese, e intorno a sè coagula pochi francesi.

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