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Il fondatore di Playboy Hugh Hefner è morto a 91 anni

28 Settembre 2017 0 Di Pietro Nigro

Hugh Hefner, fondatore di Playboy, “profeta dell’edonismo pop” e padre della rivoluzione sessuale degli anni ’70 è morto a 91 anni.

Hugh Hefner è morto a 91 anni

Hugh Hefner, il fondatore di Playboy.

Hugh Hefner, il fondatore di Playboy.

Hugh M. Hefner, icona dell’America che nel 1953 ha presentato al mondo la rivista Playboy, divenuta uno dei più riconosciuti brand globali americani, è morto oggi per cause naturali a casa sua, la Playboy Mansion, circondato dall’affetto dei suoi cari. Aveva 91 anni”. E’ questo il messaggio pubblicato sul sito  della Playboy Enterprises, il cuore del suo impero editoriale.

Hefner lascia la terza moglie Crystal, di 60 anni più giovane, e quattro figli: Christie, che da oltre 20 anni è Ad di Playboy Enterprises, David, Marston e Cooper, che attualmente lavora come capo dell’ufficio creativo dell’azienda.

Il primo matrimonio di Hefner, con Millie Williams, risale al 1949 e dura dieci anni. Dopo il divorzio, colleziona decine e decine di “fiamme”, comprese molte modelle apparse sulla sua rivista e prima o poi ospitate anche sul suo letto rotondo e motorizzato. Nel 1989 sposa proprio una di queste modelle, la Playmate dell’anno Kimberly Conrad, da cui ha avuto due figli e si è divorziato dieci anni dopo.

Hefner, che una volta la rivista Time ha definito “il profeta dell’edonismo pop”, è l’uomo che è riuscito a fondare sul suo stile di vita libertino e gaudente una prolifica attività imprenditoriale, ma anche e soprattutto una rivoluzione del costume sessuale e del comune sentire della società americana, su cui ha avuto una influenza profonda quanto ignorata.

In una intervista rilasciata alla Cnn all’età di 82 anni, Hefner ha ammesso di non essere mai cresciuto. “Molto tempo fa ho deciso che l’età non ha importanza e finché le signore … si sentono così con me, va bene”. In realtà, la sua carriera di seduttore sembra si sia rallentata da quando, nel 2012, all’età di 86 anni, si è sposato per la terza volta, con una donna di 60 anni più giovane. Ed ha ammesso che è grazie al Viagra che la sua sfrenata vita sessuale non ha conosciuto battute d’arresto.

Hefner ha ammesso di essere cresciuto in una famiglia e in un contesto molto rigido e repressivo e che il suo sfrenato libertinismo, che si è manifestato sin dall’adolescenza, è quasi certamente una reazione a quel clima.

Ma intanto, su quella esuberanza adolescenziale mai sopita Hefner ha fondato un’impresa con fatturati da milioni di dollari, con (bellissime) donne nude in copertina e soprattutto dentro (celebre il paginone centrale con la “coniglietta del mese”), con la “filosofia del playboy” dentro, e con uno stile decisamente eccentrico rispetto al mainstream dell’epoca.

 

La carriera dell’editore “playboy”

Hugh Hefner con la prima copertina di Playboy del 1953, quella con Marilyn Monroe (ph. Playboy).

Hugh Hefner con la prima copertina di Playboy del 1953, quella con Marilyn Monroe (ph. Playboy).

E come ogni imprenditore divenuto icona americana, anche Hefner ha iniziato pressoché dal nulla. Originario di Chicago, dopo il servizio militare, entra a lavorare nel mondo dell’editoria. Ed è in quegli anni, 63 anni fa, secondo la leggenda seduto al tavolo della sua cucina, che Hefner concepisce l’idea di creare la rivoluzionaria rivista e la silhouette del coniglietto che lo hanno reso celebre.

Hefner chiede soldi a parenti ed amici, e impegna i mobili di casa. Il primo numero di Playboy, con la foto di Marylin Monroe, esce nel dicembre del 1953, e viene stampata in 200 mila copie. Ma il successo è istantaneo, non solo per le belle donne in copertina e sulle pagine interne, ma soprattutto perché Playboy ha introdotto nella sonnacchiosa e perbenista società di metà anni Cinquanta un approccio originale ed innovatore non solo alla sessualità, ma anche alla letteratura, alla cultura e alla politica americana di quel periodo.

Su Playboy hanno scritto tante penne di gran classe, come gli autori delle fiction che il giornale ospitava: da Ray Bradbury, a Charles Beaumont, da John Updike a Ian Fleming, da Joseph Heller a Gabriel Garcia Marquez, da Margaret Atwood a Jack Kerouac e Kurt Vonnegut.

Playboy pubblica anche una serie di interviste di Alex Haley, il padre del romanzo Radici, che ancora oggi gli studiosi tengono in considerazione per capire la società americana di quel periodo: dopo la prima a Miles Davis, Malcolm X (1963), Martin Luther King (1965), Fidel Castro, John Lennon, e forse il più famoso, George Lincoln Rockwell (1966), il fondatore del Partito nazista americano.

Le denunce per le “oscene” pubblicazioni di donne nude, star celebri – un nome per tutte, Marilyn Monroe – e stelline ancora sconosciute, fioccano da tutte le parti, ma non viene mai condannato.

E quando gli rifiutano di consegnare la rivista tramite le poste americane, intenta una causa che arriva fino alla Corte suprema, ed ottiene una sentenza storica sulla libertà di parola in America.

Ha ha combattuto storiche battaglie contro le leggi sulla sodomia oggi considerate fondamentali per l’affermazione dei diritti dei gay. Ma è stato criticato ed attaccato sia da destra, per le oscenità, che da sinistra, per l’accusa di mercificare il corpo della donna.

Oggi Playboy è la più venduta ed influente rivista per soli uomini, con un miliardo di copie vendute in 20 paesi. Oltre alla versione americana, vengono pubblicate diverse edizioni – direttamente o su licenza – anche in altri paesi in tutto il mondo. E Playboy.com è uno dei principali siti di lifestyle e divertimento per uomini, mentre il gruppo produce contenuti distribuiti su tv e siti web, piattaforme mobili e radio, e il marchio griffa una vasta gamma di prodotti di consumo in oltre 180 paesi.

E il suo fondatore ha collezionato una lunga serie di premi e riconoscimenti. Gli è stata dedicata una stella sulla Hollywood walk of fame per il suo contributo alla rinascita di Hollywood; ha ottenuto il Premio internazionale per l’Editoria del 1996 dell’International Press Directory di Londra; è stato inserito nella Hall of Fame della rivista della Società Americana dei redattori alla cerimonia del 1998 a New York. Nel gennaio del 2002 ha ricevuto il premio Henry Johnson Fisher, il più ambito riconoscimento per gli editori di riviste americani. E per aver pubblicato così tanti numeri della rivista – si calcolano 2900 fascicoli – è entrato due volte nel Guinness dei primati.

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