
Le donne in piazza, la stampa rispetti i loro drammi
25 Novembre 2023Le parole sono come pietre, se usate in modo sbagliato, fanno male, provocano danni.
Sul fronte del racconto delle violenze contro le donne e dei femminicidi, il ruolo dei giornalisti (di tutti noi giornalisti) assume una rilevanza enorme. Quando scrive riguardo a tali fatti di cronaca, la categoria è chiamata a comportarsi con ancora più attenzione, soprattutto nella scelta del linguaggio da utilizzare.
Ogni vocabolo entra nell’immaginario collettivo.
Con questo appello l’Assostampa Campania l’Associazione stampa Valle del Sarno- tra le più attive in Italia- si rivolge oggi ai giornalisti italiani per far prevalere un senso di responsabilità nel racconto di fatti così crudi e raccapriccianti.
Da giorni ascoltiamo, leggiamo cronache, dopo la tragica morte di Giulia Cecchettin, con espressioni e giudizi di ogni tipo. Ognuno scrive come crede e sa fare, ma l’Ordine al quale tutti apparteniamo, ha da tempo adottato un documento sulla violenza di genere.
Non siamo stati in silenzio e abbiamo scelto la strada più chiara nel condannare episodi che purtroppo ci tocca raccontare.
Ne faremmo a meno, pesa a tutti farlo, ma il diritto di cronaca va rispettato. Al pari della correttezza professionale e della deontologia che non ha nulla a che fare con chi pubblica o diffonde notizie e opinioni personali.
Chi non conosce i documenti della categoria li trova con facilità in Rete.
Il privilegio di chi fa da mediatore tra i fatti e il racconto dei fatti, sta nella trasparenza e non c’è nulla di più trasparente delle parole.
Purché- un esempio tra i tanti- non scrivere “una donna è stata assassinata”, piuttosto che “una donna è morta”.
“Le espressioni usate dalla stampa- dice Salvatore Campitiello presidente dell’Associazione stampa Valle del Sarno- possono cambiare la percezione dell’evento. È essenziale fin dall’inizio, utilizzare un linguaggio esatto e libero da pregiudizi”
I giornali e tutti i mezzi di informazione devono fare la loro parte in questa opera di prevenzione e di sensibilizzazione, soprattutto dei più giovani.
Nessun collega deve dimenticare le regole della professione e osservare il documento-decalogo fatto proprio in piena condivisione dal Consiglio Nazionale dei Giornalisti nel solco della dichiarazione delle Nazioni Unite del 1993, ricorda ancora l’Associazione.
La responsabilità di esporre i fatti, per quanto crudi e tragici non può essere oscurata da logiche commerciali importanti nel mondo dell’editoria e nella proprietà dei mezzi di informazione.
Il racconto di eventi che hanno le donne per (malcapitate) protagoniste non può essere diverso da circostanze che riguardano altri soggetti. Il femminile non è una categoria a parte, né il giornalista può avere preconcetti, tutt’altro.
Se questo accade, dobbiamo sapere che la prima vittima è l’informazione stessa. Cioè i giornalisti