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Un nuovo ordine tra Stati è l’unica soluzione per una vera pace duratura

Un nuovo ordine tra Stati è l’unica soluzione per una vera pace duratura

01 Giugno 2024 1 Di Antonio Fabozzi

Solo il dialogo tra stati e un nuovo ordine mondiale basato sulla cooperazione possono garantire la costruzione di una vera pace duratura.

Un nuovo ordine tra Stati è l’unica soluzione per una vera pace duratura

L’attualità, con “l’operazione militare speciale” russa in Ucraina, il conflitto nella striscia di Gaza in Medio Oriente e le turbolenze internazionali, ci induce a riflettere sui modi di realizzare la vera pace.

Abbiamo visto, nell’articolo del 7 maggio come gli Stati nella storia abbiano cercato il benessere nel perseguimento del proprio utile e della propria sicurezza e che questo abbia generato i destini dei popoli che si sono avvicendati nelle varie epoche.

Alla conflagrazione di un vecchio equilibrio di potere segue nella storia la palingenesi di un nuovo ordine tra gli Stati.

Come si può, quindi, costruire una pace duratura tra i popoli e non una semplice tregua?

La creazione della vera pace sembra essere un nodo irrisolto della storia. Le nuove generazioni sono miopi circa il concetto di pace. I giovani, e non solo, vissuti in Occidente, hanno goduto di un periodo di pace molto ampio. Da più settant’anni non si combattono guerre in Europa occidentale.

Questa situazione senza dubbio positiva ha indotto la gente, che non ha vissuto sulla propria pelle gli orrori della guerra, né che comprende i meccanismi profondi dei rapporti tra i popoli, a credere che la pace sia scontata, data per certa per tutta la propria esistenza.

Ogni giorno è sempre un “buongiorno” proprio come per il tacchino presentato da Bertrand Russell. Il gallinaceo descritto dal filosofo inglese pensava, lasciandosi guidare dalla propria abitudine, che ogni mattina alle nove in punto avrebbe avuto il suo solito pasto. Peccato che la mattina di Natale anziché trovare la sua ciotola piena di cibo abbia finito i suoi giorni su una tavola imbandita.

L’abitudine, quindi, sebbene guidi le nostre azioni quotidiane non può essere intesa come forma infallibile di conoscenza. È necessario prendere consapevolezza che la pace è dipendente dagli uomini, che con scelte unilaterali, scellerate, possono stravolgere gli assetti pacifici stabiliti in passato e farci ripiombare in anni bui.

Anche noi, quindi, senza tale presa di coscienza potremo svegliarci come il tacchino di Russell e credere in un altro giorno di pace e invece ritrovarci in guerra.

La pace è una conquista lenta e faticosa, ottenuta nel tempo con impegno e sudore, non un dono che proviene astrattamente dall’Alto. L’uomo la deve perseguire come il bene più prezioso della sua vita e di quella della comunità.

La pace è un valore assoluto da conservare nel tempo. Per fare ciò è necessario rafforzare la cooperazione internazionale soprattutto mediante l’ONU e il diritto internazionale.

Bisogna utilizzare i canali di comunicazione e di dialogo tra gli Stati nella speranza che questo possa dirimere le controversie. L’azione degli uomini, dei leader, deve essere finalizzata alla realizzazione della pace mediante un nuovo ordine cooperativo mondiale
che riesca, mediante il dialogo, nel riconoscimento dell’alterità di colui che ci sta dinnanzi.

Tale approccio nelle relazioni internazionali, nelle opportune sedi diplomatiche, si basa sulla capacità, disponibilità, anche degli Stati più potenti militarmente, di guardare la realtà moderna, con le sue contraddizioni, anche con la prospettiva, lo sguardo dell’altro.

In un mondo profondamente diviso si potrà attuare così quell’apertura e quel confronto vero tra le genti.

Per rafforzare la collaborazione tra gli Stati nella costruzione di un nuovo ordine internazionale è necessario costruire una governance globale basata su un potere comune al di sopra delle parti.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite non ha ancora costituito un potere comune super
partes, differenziandosi dagli ordinamenti giuridici dei singoli Stati che sono accentrati.

Tutto ciò è visibile anche nell’attuazione con la forza del diritto perché se nei singoli paesi le decisioni sono fatte rispettare grazie alla detenzione del monopolio della forza di determinati organismi, nella comunità internazionale non vi sono adeguati strumenti coercitivi per far rispettare le decisioni prese.

Il punto debole delle Nazioni Unite è nella sua incapacità di creare un potere comune capace di far applicare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza.

L’applicazione degli articoli 42 e 43 della Carta delle Nazioni avrebbe indicato la strada da seguire per rafforzare notevolmente l’ONU.

Il primo sostiene che il Consiglio di Sicurezza “può intraprendere, con forze aree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azione può comprendere dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni Unite”.

L’articolo 43 dice che le forze armate dei singoli paesi membri dell’ONU si mettono a disposizione del Consiglio di Sicurezza al fine del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.

Questi articoli purtroppo non sono stati presi in considerazione per le necessarie operazioni relative al conseguimento della pace nel mondo.

Tale deficienza delle Nazioni Unite ha destato anche le perplessità di Norberto Bobbio che sosteneva in “Elementi di politica. Antologia”: “Questi articoli sono stati sempre meno applicati e gli esperti si domandano: “Sono forse ormai caduti in desuetudine?” In mancanza di un governo mondiale i politici dovrebbero agire, sulla scena internazionale
con responsabilità, nel rispetto delle norme del diritto internazionale, senza smarrire le forti idealità, convinzioni morali, che sottendono, in ultima analisi, ad ogni azione politica.

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