
Allarme della Coldiretti: Il clima e i nostri comportamenti distruggono i campi
21 Luglio 2021Alla vigilia del vertice G20 sul clima a Napoli Coldiretti denuncia i danni all’agricoltura per gli effetti del clima. Il suolo italiano sempre più a rischio frane.
Allarme della Coldiretti: Il clima e i nostri comportamenti distruggono i campi
Un’estate terribile, la peggiore degli ultimi anni che ci fa ricredere su tutte le ipotesi di lotta ai cambiamenti climatici. L’Italia non sta messa bene con il cambio delle stagioni. La Coldiretti ha studiato la situazione del maltempo: con 517 tempeste il Paese ha avuto perdite per oltre 14 miliardi di euro (qui il rapproto)
In questi giorni a Napoli si apre il G20 sul clima e il biglietto da visita dell’agricoltura italiana è molto oscurato. I dati della storica organizzazione degli agricoltori parlano di nubifragi, trombe d’aria, grandinate, ondate di calore.
Tutte le misure previste dal piano di transizione ecologica di Draghi e Cingolani faranno bene, ma solo tra qualche tempo.
Dopo un mese di giugno che – sottolinea Coldiretti – si classifica come il secondo più caldo mai registrato con una temperatura superiore di 1,5 gradi alla media storica sulla base dei dati Copernicus, si conferma la tendenza al surriscaldamento in Europa.
La base dei numeri forniti ieri è quella dell’European Severe Weather Database (Eswd) che oltre la catastrofe della Germania e dei Paesi Bassi ha generato allerta in Molise, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
Diffusissimo anche il rischio idrogeologico che l’Italia non riesce a fermare da decenni con soldi non spesi, programmi non aggiornati e lentezze burocratiche. Sotto sotto bisogna cominciare a fare i conti con le responsabilità.
Gli eventi naturali si moltiplicano su un territorio reso sempre più fragile dalla cementificazione che vede 7 comuni su dieci a rischio per frane o alluvioni e 7 milioni gli italiani che vivono in una situazione di incertezza.
Lo Stato sa che l’andamento meteorologico condiziona la vita e il lavoro. Interventi strategici urgenti e necessari chiedono gli agricoltori, da tempo schierati a fianco delle organizzazioni ambientaliste per una svolta radicale.
Se non si mettono da parte polemiche e interessi particolari, davvero l’incubo diventa permanente. Dopo tutto parlare di economia circolare vuol dire ascoltare i protagonisti dei territori. E la terra è in cima alla lista delle attività umane.

Ettore Prandini, presidente Coldiretti.
In un’ottica di un intervento strategico c’è la realizzazione di infrastrutture a partire dai bacini di accumulo, proposto dalla Coldiretti e non a caso inserito nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) varato dal Governo Draghi” dice il presidente Coldiretti Ettore Prandini (nella foto).
In una visione più larga di cui la politica deve farsi carico, Prandini chiede “di accelerare sull’approvazione della legge sul consumo di suolo, ancora ferma in Parlamento da quasi un decennio, che potrebbe dotare l’Italia di uno strumento all’avanguardia per la protezione del suo territorio”.
Si tratta di difendere il patrimonio agricolo e la disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività nelle campagne.
Generazioni di italiani hanno vissuto il rapporto con la terra e l’agricoltura in maniera protettiva, rafforzando il rapporto naturale tra eventi, stagioni, raccolti e salari: se siamo arrivati a progettare nuovi scenari è perché alle spalle c’è un retroterra di secoli di attaccamento alla terra.
Drammatico, denunciano gli agricoltori, il dato sulle coperture artificiali di suolo: dal 2012 non è stata garantita l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana.
Ora quei metri cubi scorrono in superficie aumentando la pericolosità idraulica di tutto il territorio. Non è poco per un Paese che ospita l’ennesimo vertice internazionale sui cambiamenti climatici e nei prossimi anni spenderà circa 70 miliardi di euro (vedi l’articolo Via libera Ecofin al Pnrr dell’Italia e di altri 11 paesi) per non morire d’incuria.