Contenuto Pubblicitario

La Buona novella di De Andrè raccontata da Neri Marcorè al teatro Storchi di Modena

04 Aprile 2024 0 Di Valentina Medici

Neri Marcorè rilegge la Buona novella, concept album e testamento spirituale di De André incentrato sulla Laudate Hominem e sui Vangeli apocrifi.

La Buona novella di De Andrè raccontata da Neri Marcorè al teatro Storchi di Modena

Attore noto e amato dal grande pubblico, Neri Marcorè fa tappa al Teatro Storchi di Modena, giovedì 28 e venerdì 29 marzo, con La Buona Novella, uno spettacolo di prosa e musica ispirato all’omonimo album del grande cantautore italiano Fabrizio De André. Scritta e diretta da Giorgio Gallione, la pièce coinvolge Paolo Silvestri per gli arrangiamenti e la direzione musicale, e sul palco, insieme a Marcorè, l’attrice Rosanna Taddeo.

Laudate hominem”, fulcro del messaggio rivoluzionario di Gesù, diventa testamento spirituale di De André con il quale si chiude il cerchio della Buona Novella, concept album in cui si susseguono in modo consequenziale testi attinti liberamente dai Vangeli apocrifi.

Il tormento, gli attentati, le ribellioni, molte prese di coscienza e soprattutto rivoluzione, nazionale e internazionale, sono le componenti determinanti per il concepimento e la nascita della Buona Novella.

Al momento della pubblicazione nell’anno 1970, i coetanei nonché ascoltatori di De André si rivelano “poco attenti” e lo accusano di anacronismo chiedendosi “perché parlare di qualcosa che conosciamo già?”.

Al giorno d’oggi Neri Marcoré, memore di lui tredicenne sconcertato mentre tiene fra le mani il vinile, lo riscopre e in una intervista ci rivela:

“Appassionandomi al suo sguardo originale sul mondo, alla cura delle parole, a quella voce profonda al cui registro, con il passare degli anni, ho finito curiosamente per aderire”.

Mentre De André sperimenta in particolare il ’68, con lo sguardo si rivolge agli antipodi dell’umanità e, attraverso la narrazione nell’album di un Gesù di Nazareth umanizzato, parla agli studenti, rivelando la natura rivoluzionaria della sua parola che vuole l’abolizione delle classi sociali, dell’autoritarismo, in nome di un egualitarismo e di una fratellanza universali.

Allo stesso modo, questo spettacolo soppesa il messaggio rivoluzionario della Buona Novella tra musica e monologhi affidati a Neri Marcorè e a Rosanna Naddeo, spiegandone con semplicità gli episodi.

La luce blu, dal profondo significato spirituale collegato alla Vergine, fa da sfondo allo spettacolo, dove si muovono gli attori tra canto e pause esegetiche, durante le quali la voce di Neri Marcoré si fa narratore esterno che fra critica e ironia si rivela provvisto di ponderata leggerezza.

Sul palcoscenico oggetti umili rappresentano i topos delle scritture sacre: la Porta d’Oro diventa sottile struttura lignea ad arco, mentre una scala echinata su cui si erge una rosa rossa è allegoria della corona di spine. La scenografia esprime quindi il sottile equilibrio tra il Sacro e il profano, la realtà e la “figura”, ciò che è rivelato e ciò che è nascosto o “apŏcryphus”, tra il vero quindi il falso.

La scenografia esprime quindi il sottile equilibrio tra il Sacro e il profano, la realtà e la “figura”, ciò che è rivelato e ciò che è nascosto o “apŏcryphus”, tra il vero quindi il falso.

Attraverso questo intreccio fra scenografia e significato emerge la centralità della donna. Ciò non è evidente solo dalla presenza fisica maggioritaria di attrici sul palcoscenico quali Giua, Barbara Casini, Anais Drago e Alessandra Abbondanza, ma anche dalla mise-en-scène del personaggio di Maria in quanto essere umano non divinizzato.La coralità delle voci femminili si fa spazio nel silenzio e accompagna il pubblico fra l’armonia e il dolore della vita di Maria e delle altre madri, che tocca gioie e sofferenze, unite in quanto donne e uguali di fronte alla morte.

La coralità delle voci femminili si fa spazio nel silenzio e accompagna il pubblico fra l’armonia e il dolore della vita di Maria e delle altre madri, che tocca gioie e sofferenze, unite in quanto donne e uguali di fronte alla morte.

Le note de La Ballata Dell’Amore Cieco concludono lo spettacolo e uniscono il pubblico in un canto comune, mentre gli attori si inchinano ripetutamente e danno i dovuti riconoscimenti. Ma gli applausi non finiscono in fretta, come non esaurisce la curiosità di domandarsi quale sia il significato che si deposita in noi mentre il teatro si svuota.

Come Il Sommo Poeta si confrontò coi suoi limiti personali per compiere imprese straordinarie, -la creazione di un’opera-, in nome di un bene superiore, così fece il Gesù umanizzato e rivoluzionario vivo nella Buona Novella.

Riproporre al giorno d’oggi questa filigrana di significati porta sicuramente lo spettatore attento a chiedersi quale sia per Neri Marcoré questo “bene superiore” e quali valori ancora oggi il “Faber manent” può trasmetterci: mera riproposizione teatrale o sguardo rivoluzionario?

Contenuto Pubblicitario
Banner Istituzionale Italpress 666x82