La provincia di Salerno è la più colpita in Italia.Tra le cause c’è la perdita della biodiversità.
Cinghiali, cervi, caprioli sono tre specie di animali che agricoltori e allevatori non sopportano più. La loro presenza nelle campagne e vicino alle stalle, come fattore di degenerazione ambientale, sta costando cara per la diffusione della tubercolosi bovina. I casi accertati in tutta Italia sono 70, ma 30 sono solo in provincia di Salerno. L’estate è lunga e nonostante l’allarme, risposte ancora non se ne vedono. L’intreccio della malattia animale con l’ambiente è documentato da molti studi. Donato Scaglione, vicepresidente dell’Associazione Italiana Coltivatori ha sollevato il caso a partire proprio dalla Regione Campania. L’ eco della mobilitazione, quindi, arriva nei palazzi della politica regionale e nazionale.
La provincia di Salerno ed in particolare la Valle del Sele, i Monti Picentini e il Cilento sta affrontando una stagione molto complicata. Qui si producono prodotti a marchio di qualità, certificati, base dell’economia della provincia. Gli aspetti ambientali sono entrati nel sistema agricolo progressivamente, selezionando colture e terreni. Il turismo e le attività collegate alla trasformazione dei prodotti hanno portato la provincia più a Sud della Campabia ad avere il secondo PIL della Regione dopo Napoli. Il 24 % del reddito si forma nell’Agro nocerino. Cilento, Vallo di Diano e Piana del Sele sono tra il 14 e il 17%. Le iniziative per affrontare l’epidemia dovranno arrivare dal Ministero dell’Agricoltura ma, intanto, la prima lettera é stata inviata alla giunta di Vincenzo De Luca. “Nonostante l’attenzione della Regione al settore agricolo e al comparto bufalino – scrive Scaglione- siamo preoccupati dalle crescenti segnalazioni che ci arrivano dai nostri tecnici e che evidenziano come, negli ultimi tempi, si stia registrando un significativo aumento dei casi di tubercolosi bovina nelle aree collinari e montane. I dati epidemiologici del periodo gennaio-giugno 2023 confermano che tale problematica interessi quasi tutti gli allevamenti, registrando 30 focolai nel territorio salernitano, su 32 focolai in corso in tutta la regione Campania e contro i 70 attivi in tutta Italia”. C’è il sospetto che questi casi siano legati anche all’aumento della fauna selvatica, cinghiali, cervi e caprioli. Gli agricoltori chiedono sostegni economici per gestire l’epidemia e poter conbtinuare a lavorare.
Dal punto di vista ambientale e sanitario la questione inquieta. Il caldo di questi giorni ha messo in allerta anche i presidi sanitari. Qual è il rapporto tra malattie zoonotiche e terriorio ? Il fatto che gli animali selvatici arrivino vicino ai luoghi abitati e contagino gli animali da allevamento, è dovuto principalmente ad una perdita della biodiversità. L’equilibrio naturale tra boschi, campagne e luoghi abitati è alterato, per cui non ci sono ostacoli alla coabitazione o vicinanza tra specie diverse. Il cambiamento climatico ha effetti sulla vita degli animali portatori di virus e “taxisti” di insetti, microbied agenti pericolosi. Dopo il Covid sono aumentati gli studi e le ricerche su cio’ che è alla base della diffusione dei virus. La tubercolosi bovina come l’aviaria o la SARS sono tra le epidemie più pericolose. Puo’ suonare strano che in territori dediti all’agricoltura e premiati per buoni livelli di sostenibilità si manifestino simili fenomeni . E’ a rischio il latte prodotto in milioni di ettolitri e i derivati. Ci sono allevamenti riconosciutii infetti che sono fermi ed hanno bisogno di sostegni economici.
Il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida è chiamato in causa per l’applicazione delle misure di compensi previste da regolamenti italiani ed europei. Non ci sono dubbi sull’abbattimento obbligatorio degli animali positivi. Da tempo viene “considerata l’alta infettività per l’uomo e per gli altri animali sieronegativi presenti all’interno dell’allevamento” si legge sul sito del Ministro della Salute. La paura può passare con le giuste misure, come è avvenuto due mesi fa in Sardegna. Le politiche agricole regionali e la sorveglianza territoriale devono restare alte. L’estate 2023 2023 è un’ estate caldissima. Fino all’autunno- ma anche dopo, forse non con la stessa intensità- le interazioni tra salute animale, territorio, controlli e salute umana sono altissime e vanno presidiate. E’ un altro allert del clima che cambia.