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Medioriente e questione israelo-palestinese, meglio starne fuori

Medioriente e questione israelo-palestinese, meglio starne fuori

12 Novembre 2021 0 Di Corrado Corradi

La questione israelo – palestinese infiamma il Medioriente dalla notte dei tempi, ed è stata invelenita da ragioni ideologiche e politiche.

Questione israelo-palestinese, il conflitto infiamma il Medioriente dalla notte dei tempi

La annosa “Questione israelo-palestinese” torna costantemente, quanto superficialmente, all’attenzione, e quando si affrontano, a chiacchiere, le vicende del Mondo arabo e arabo-islamico mediorientale non manca di ricicciare fuori spesso senza averne una adeguata contezza.

Qualche giorno fa parlavo con una studentessa di «SciencesPo» di una Facoltà di Parigi alla quale era stato chiesto di sviluppare la problematica afferente ai conflitti e alle negoziazioni nel Medioriente, specificatamente alla possibilità di intervento dell’UE…

In pratica un argomento così indefinito, al quale si pu0 solo dare una risposta interlocutoria, ma che invita a rimanere sulla solita trita e ritrita analisi inquinata dall’ideologia… perfidi gli ebrei e poveri i palestinesi, o viceversa, perfidi i palestinesi e poveri gli ebrei.

I conflitti in Medioriente si perdono nella notte dei tempi e non è possibile affrontarli limitandosi ad analizzarli alla luce delle moderne categorie occidentali, specie quelle degli ultimi tempi ossia da quando la UE ha cominciato ad esistere.

In maniera concisa e molto succinta cerchiamo di gettare le basi per poterci avvicinare «libero et saldo pede» alla problematica.

Il Medioriente é sempre stata una regione magmatica, basti pensare all’epoca di Hittiti, Mitanni, Hiksos, Accadi, Assiri, Babilonesi, Ebrei, Cananei, Nabatei, Philistei (avi degli attuali palestinesi), tutti in conflitto tra loro, e su fino all’affermazione del regno di Israele e, più su ancora, fino alla creazione del focolare israeliano e all’attuale conflitto con i palestinesi e i popoli arabi viciniori (Siria, Giordania, Egitto, ma anche Libano).

Gerusalemme è una questione nella questione

E’ pertanto ben difficile orientarsi in un simile «rebelot» che affonda le sue radici intorno al XIV a.C. se non prima ancora.

Strettamente connessa con tutte le crisi del più vicino Medioriente (quello che si affaccia sul Mediterraneo) è la questione gerosolomitana: Gerusalemme… la città Santa per antonomasia.

Qualche tempo fa “la Santa” è ricicciata all’attenzione dopo un breve periodo di stasi nelle cogitazioni dei mass media perché Donald Trump aveva dichiarato la sua volontà di aprirvi un’ambasciata statunitense riconoscendo di fatto Gerusalemme come la capitale dello stato di Israele…

Apriti cielo! Dall’Europa a tutto il mondo Arabo è stata una levata di scudi… come se nessuno si fosse accorto che, de facto, Gerusalemme era già la capitale di Israele

Vi mancavano solo le Ambasciate ma per il resto… E’ come se il mondo non si fosse ancora accorto che Israele, sostenuto dagli Stati Uniti e altri numerosi loro alleati, si apprestava “lento et silente pede” a ciò, e tutti fossero stati svegliati dall’improvvida iniziativa di Trump

Comunque: tranquilli, la questione è già passata nel dimenticatoio… potenza di chi gestisce i media.

Non ho particolare simpatia per gli israeliani i quali non hanno remore a passare oltre (uso un eufemismo) ogni accordo anche internazionale quando si tratta dei propri interessi e sanno “manovrare” come nessun altro in maniera occulta; ma nemmeno nutro particolare simpatia per i palestinesi (di Fatah prima e di Hamas poi, e neanche per quella che è l’ANP) perché la loro leadership non ha fatto altro e continua a non fare altro che usare strumentalmente il proprio popolo per portare avanti richieste spesso non realizzabili ma utili solo a fomentare la contrapposizione.

In particolare adesso che con Hamas la causa palestinese (agli inizi sostanzialmente laica) è diventata sostanzialmente islamista, di simpatia ne provo ancora meno.

Spesso ci rifletto e mi consta che storicamente la questione palestinese, riconducibile fin dall’inizio dei tempi alla lotta dai contorni più prosaici che spirituali tra ebrei e philistei (diventati poi nell’accesso moderno del termine palestinesi), con l’affermarsi del focolaio israeliano e dell’ideologia post-coloniale e poi sessantottarda è andata via via inquinandosi con apporti ideologici di bassa politica internazionale ed interessi energetici.

E adesso, con l’iniziativa di Trump (esponente di una visione yankee diversa ma, per il Medioriente, forse migliore di quella dell’accoppiata Obama-Clinton) rischia di trasformarsi in una questione religiosa per il predominio di un solo credo: o quello ebraico (essendo lo stato di Israele sostanzialmente confessionale) o quello islamico, su di una città, Gerusalemme, che invece è di pertinenza di tre religioni.

La spianata di Gerusalemme, le passeggiate provocatorie e la spartizione de facto

Il motivo delle intifade (in arabo: ribellioni) del popolo palestinese (quante sono state? 3 o 4? Ne ho perso il conto anche perché non hanno mai sortito una soluzione) è sempre lo stesso: una passeggiata provocatoria di alcuni ebrei sulla Spianata, alla quale provocazione i musulmani rispondono come se la spianata fosse di loro esclusiva proprietà senza tener conto che questa ha avuto precedenti illustri “proprietari”, gli ebrei e noi cristiani.

A titolo di chiarimento storico: numerosi secoli (almeno una quindicina) prima che Mohammad ascendesse al cielo dalla Spianata di Gerusalemme sul suo cavallo bianco Buraq, su quella stessa Spianata, consolidata poi nella pietra intorno al 1000 a.C. Abramo stava per sacrificare il figliolo Isacco; e numerosi secoli dopo (circa seicento anni prima dell’avvento dell’Islam) Gesù vi ha predicato mettendo in seria difficoltà i sacerdoti del tempio e gettando le basi del cristianesimo.

Eppure ebrei e cristiani, ma principalmente i cristiani, non hanno più diritto di circolare liberamente in quel luogo perché così hanno decretato gli ebrei cinturando il muro del pianto e impedendone l’accesso a chi non è ebreo, e i musulmani cinturando lo spiazzo della moschea “Al Aqsa” (in arabo: la Suprema/preziosa) e impedendo l’accesso a chi non è musulmano fin da quando il califfo Omar conquistò Gerusalemme nell’VIII secolo e il sovrano giordano (detentore del patronato sulle due grandi moschee), nel 1948 confermò lo status quo.

E’ ormai vulgata condivisa internazionalmente che la parte della Spianata del Tempio ove sorge al Aqsa sia esclusiva proprietà degli ultimi arrivati (altrettanto illustri dei precedenti), i musulmani; e l’altra parte della spianata degli ebrei.

Ma non dovrebbe essere così, tanto più che nessun cristiano impedisce a musulmani ed ebrei di accedere alla Basilica del Santo Sepolcro.

E se da un lato vanno stigmatizzate le passeggiate provocatorie degli ebrei, dall’altro sarebbe bene che qualcuno si occupasse di richiamare i musulmani a più miti consigli quanto alle loro pretese di monopolio religioso su quel luogo…

Non è accettabile che se un ebreo o un cristiano si azzardano a mettervi piede, finisca in un diluvio di sassate.

Comunque, visto che Gesù aveva con il Tempio un rapporto a dir poco travagliato, mi tiro fuori, e con spirito imparziale non posso non riconoscere che più di noi cristiani spetta comunque anche agli ebrei di poter accedere liberamente alla Spianata almeno per compiervi il tradizionale rito (e si parla di tradizione vecchia di millenni) della “pietra angolare” durante la ricorrenza del Sukkot, la “festa delle capanne”.

E’ vero che gli ebrei sono spesso sprezzanti e non esitano a dar prova di scarso rispetto dei diritti umani convinti come sono della superiorità della loro spiritualità e identità, però, forse, parte di quei difetti sono attribuibili a speculari difetti dei loro cugini, i musulmani, con i quali dai tempi di Abramo, quando gli ebrei erano già ebrei e gli arabi (allora, in quel posto e in quel periodo, philistei, nabatei, cananei) non erano ancora musulmani.

Un’inimicizia che si protrae nei secoli e chissà in quali meandri della storia affonda le sue radici.

Sono del parere che la visione marxista della storia induca in errore e che non si possa prescindere dalla sorgente della storia di un popolo (in questo caso una storia comune a due popoli), pertanto ritengo che la questione israelo-palestinese sia da ricercarsi in una inimicizia incancrenitasi in epoca moderna ma che affonda le sue radici all’epoca di Abramo, Sara e Agar.

Diatribe tra cugini ebrei e arabi, per gli italiani è meglio non entrarci

Pertanto é bene che noi, italiani e cristiani, non ci facciamo coinvolgere in beghe scoppiate da tempo immemore tra cugini germani nell’etnia e nella religione: israeliani/ebrei e arabi/musulmani… non siamo culturalmente equipaggiati per affrontare tale diatriba dai tratti spesso feroci.

Evitiamo, per adesso, di prendere parte per qualcuno perché in quella regione le cose sono tutt’altro che nette, ma soprattutto perché:

  • noi italiani non disponiamo più degli stessi efficaci “strumenti” di politica estera che avevamo dagli 60 fino alla fine degli anni 80 (a titolo paradigmatico cito Mattei, Andreotti e Craxi);
  • l’Europa non ha ancora maturato una visione strategica comune;
  • il condizionamento ideologico post sessantotto impedisce a tutti di affrontare la questione con obiettività e capire da che parte stia la ragione.

Ma soprattutto perché, in questo momento storico, Italia ed Europa non sono in grado di trarre profitto da un eventuale nuovo equilibrio che avremo sponsorizzato.

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