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Visita a Le Macchiole di Bolgheri, area vitivinicola tra le più ammirate d’Italia

Visita a Le Macchiole di Bolgheri, area vitivinicola tra le più ammirate d’Italia

04 Febbraio 2022 0 Di Patrizia Russo

Sono milioni i turisti che ogni anno visitano le cantine italiane. Tra le regioni maggiormente apprezzate troviamo la Toscana, una delle mete predilette per gli eno-appassionati. Natura smagliante, le colline e il mare, un borgo storico amato da Carducci; Bolgheri è una perla all’interno del vasto e variegato panorama enologico toscano. Ecco più di un motivo per visitare Le Macchiole.

Visite in cantina: il passaggio dal mondo ideale a quello reale

Secondo il Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano  cresce di anno in anno il numero degli italiani che visitano una cantina. L’importanza del turismo del vino in Italia è, inoltre, ampiamente confermata dal 16esimo Rapporto sul Turismo del Vino (edizione 2020), che si occupa dell’analisi del fenomeno nell’anno 2019, a cura dell’Osservatorio dell’Associazione Nazionale delle “Città del Vino”.

Un percorso guidato con degustazione è un momento immersivo e a suo modo educativo che ha come filo conduttore la conoscenza dei vini prodotti, le tecniche di produzione, la filosofia aziendale e il legame con il territorio.

Azienda Agricola Le Macchiole | Ph. P. Russo/IN24

Dentro ogni bottiglia c’è molto da raccontare e da ascoltare. Ed è proprio questo legame con il territorio e con la sua storia che conferisce al liquido nel bicchiere un’identità propria, unica.

Le storie di vino sono, anche e soprattutto, storie di lavoro, di professionalità, di qualità, di eccellenza.

Bolgheri e i Supertuscan: un gradito cambiamento rispetto al Sangiovese

Bolgheri è oggi un territorio famosissimo per l’enologia nazionale, ma a differenza di altre zone viticole della Toscana e d’Italia, ha una storia recente.

Tutto ha inizio nel 1944, quando il Marchese Mario Incisa della Rocchetta impianta a Castiglioncello di Bolgheri, in un territorio vocato quasi esclusivamente a grano e alberi da frutto e dove i vini rossi erano per lo più rustici, il primo vigneto di Cabernet Sauvignon. L’intento era quello di provare a creare un nuovo tipo di vino, ispirato al modello dei vini bordolesi che molto apprezzava.

Con la vendemmia del 1968 nasce la prima bottiglia di Bolgheri Sassicaia commercializzata, poi, nel 1972. I successi non furono solo nazionali. In una degustazione alla cieca di Decanter il Sassicaia 1978 sbaragliò tutti gli altri Cabernet del mondo presenti, ma è con l’annata 1985 e i primi cento punti assegnati da Robert Parker a un vino italiano che il mito si consacra.

Questi vini, non rispettando alcun disciplinare, vengono catalogati come vini da tavola, pur avendo una qualità spesso superiore a quella delle denominazioni blasonate. Iniziò, così a prendere piede nel settore la definizione di Supertuscans, comprendente appunto le eccellenze vitivinicole di questa parte di Toscana, spesso contenenti uvaggi a base Cabernet e Merlot, che non erano contemplate in alcuna denominazione regionale.

Per quasi tutti gli anni ’70 la storia dei vini rossi di stile bolgherese può essere ricondotta esclusivamente al Sassicaia. Ma nel 1978 qualcosa cambia; altri soggetti iniziano a percorre le orme tracciate dal Marchese sperimentando e scommettendo sul modello bolgherese. Tra questi troviamo Piermario Meletti Cavallari che crea il Podere Grattamacco nell’omonima località, Michele Satta che dà vita ad una propria azienda dopo aver ampiamente lavorato sul territorio come fattore. In una parte della tenuta Belvedere il Marchese Lodovico Antinori crea Ornellaia, mentre Piero, il fratello maggiore, Tenuta Guado al Tasso. E infine troviamo Eugenio Campolmi, che fonda Le Macchiole.

È necessario attendere  il 1994 per la nascita della DOC Bolgheri e l’autorizzazione ad utilizzare in blend uve come Cabernet e Merlot e successivamente la sottozona Bolgheri Sassicaia, creata appositamente per questo vino, quale primo esempio di “cru” italiano. Questa DOC precisa tra le altre cose i limiti territoriali a ridosso dell’abitato di Bolgheri in cui poter produrre questo vino, ricadenti all’interno della Tenuta San Guido.

Con queste nuove norme gran parte della produzione della zona viene ricondotta sotto la Denominazione di Origine, lasciando fuori, però, i vini realizzati con un solo vitigno (Masseto di Ornellaia e Messorio di Le Macchiole prodotti con uve Merlot).

Nel 2011, al fine di non inflazionare il successo crescente della zona, le quote DOC vengono bloccate e il disciplinare è soggetto ad un’ulteriore aggiornamento volto a includere i vini prodotti con le tre uve principali (Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc), che possono, dunque essere utilizzate anche come monovarietali.

Come ogni bella storia è necessario del tempo per comprenderla, affinché le intuizioni del Marchese Incisa divengano l’evidenza di un fenomeno particolare per la storia del vino italiano. Si tratta di quel fenomeno che dona ai vini bolgheresi una grande espressione di terroir: vini ancorati al suolo e legati al territorio da cui provengono.

Le Macchiole, la forza di un sogno

L’azienda agricola Le Macchiole sorge nell’olimpo dei Supertuscan sulla provinciale Bolgherese, con ovvi ed indissolubili legami con questo terroir, in un paesaggio magico costituito da dolci declivi ricoperti di boschi, viti e ulivi che godono dell’influenza del Mar Tirreno.

Dietro l’imponente cancello della tenuta Le Macchiole veniamo accolti da Cinzia Merli oggi al timone insieme ai figli e al fratello di questa fantastica realtà.

Le Macchiole ha una lunga tradizione in questo angolo di Toscana, fin dall’inizio dell’avventura Supertuscan quando Eugenio Campolmi, classe 1962 (marito di Cinzia, purtroppo prematuramente scomparso) figlio di commercianti della zona decide di dedicarsi all’enologia e di provare a realizzare il proprio sogno.

E così non c’è niente di meglio che farsi raccontare una bella storia sorseggiando un ottimo bicchiere di vino!

L’idea è semplice, ma coraggiosa: partire dal vigneto, investire sulla ricerca e sulla sperimentazione, piantando anche varietà allora poco conosciute a Bolgheri. All’inizio, quindi non è facile cominciare da zero in un territorio assolutamente non vocato alla vigna di qualità più mentalmente che fisicamente. La crescita è quindi graduale, ma piano piano gli ettari aumentano così come la qualità dei vini proposti. Oggi le etichette sono poche, ma di estrema qualità.

Azienda Agricola Le Macchiole, Murale di Ozmo | Ph. P. Russo/IN24

La cantina è un piccolo gioiello circondata dalle vigne di pianura. Ad accogliere i visitatori un murale di grandi dimensioni, sulla parete nord dell’edificio, per raccontare Le Macchiole, la sua storia e il mondo che la circonda. Ozmo, uno degli street artist più famosi al mondo, ha disegnato il mondo Le Macchiole con il suo tratto inconfondibile. A sancire il legame sempre più stretto tra arte e vino.

Ogni dettaglio della vinificazione è curato alla perfezione. E con gli anni Le Macchiole si conferma una raffinata azienda a conduzione familiare dove l’attenzione è veramente rivolta alla produzione di ottimi vini monovarietali. Le Macchiole fu la prima azienda ad impiantare Syrah e a vinificare in purezza Cabernet e Merlot per creare capolavori di eleganza come Messorio e Paleo Rosso.

Al centro di questa azienda agricola resta la terra e la vite trattate con enorme rispetto, tanto che è stato bandito l’uso di prodotti chimici e le vigne sono condotte con metodi biologici e biodinamici. La filosofia aziendale, che emerge più volte dalle parole di Cinzia è basata sulla continua sperimentazione, sul pieno rispetto dell’andamento della vendemmia, su vinificazioni separate di ogni singola parcella e su affinamenti specifici per esaltare le peculiarità di ciascun vino.

La produzione prevede una prevalenza di Bolgheri rosso costituito da Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Syrah. Le altre bottiglie, di fama internazionale, come scelta aziendale sono prodotte da vitigni in purezza. In ogni singolo vigneto vengono selezionati, da parte dei vendemmiatori, non solo i grappoli migliori, ma addirittura viene fatta, successivamente in cantina, una cernita degli acini a mano; questo consente di lavorare solo con l’acino perfettamente maturo. Abbiamo, dunque, Messorio composto da Merlot, Scrio da Syrah, Paleo con Cabernet Franc e una versione di Paleo Bianco con uve Chardonnay.

Per la maggior parte dei vini la vinificazione si svolge in vasche di cemento naturale a temperatura controllata. Le restanti percentuali sono vinificate in acciaio. L’affinamento avviene poi, a seconda dell’etichetta, in barriques o in tonneaux (tini troncoconici in ceramica).

Azienda Agricola Le Macchiole, Paleo Rosso | Ph. P. Russo/IN24

Per la degustazione è stato proposto un set di vini eccezionale: Bolgheri Rosso, Paleo bianco e rosso, Scrio e due Messorio di cui uno annata 2000 (grandi bolgheresi, anche se “targati” IGT).

Non appena lo si versa nel bicchiere si evince subito il fascino di quel rosso elegante e complesso. Vini che coniugano struttura, raffinatezza e longevità.

In un bicchiere di vino di Le Macchiole non c’è solo terroir, vigneti, studio, tecnologia e lavoro, ma è possibile sentire il coraggio di Eugenio e Cinzia, la storia del loro sogno, del loro coraggio e della passione per la loro terra.

Un’azienda sempre in evoluzione contraddistinta da uno stile fine ed elegante, al limite del perfezionismo, che ritroviamo in ogni vino prodotto.

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